Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18438 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18438 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASTELLANO ANIELLO N. IL 12/07/1962
avverso l’ordinanza n. 1515/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
SALERNO, del 18/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dottr,MONIC BqpINI;
lette/
conclusioni del PG Dott./ iX 1100-4
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PO’ le (114

Udit i difensor v .,

Data Udienza: 05/04/2013

Ritenuto In fatto

1.Con ordinanza resa in data 19 aprile 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Salerno
rigettava l’istanza di affidamento in prova ex art 47 O.P. e di sospensione della pena proposta
dal condannato Aniello Castellano, ritenendo ostativo il giudizio di pericolosità dell’istante,
pluripregiudicato e con altra pendenza, autore di reati commessi anche nel periodo successivo
all’ammissione per altra condanna al beneficio della semilibertà.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, il quale
lamenta con unico motivo i vizi di violazione di legge, errata applicazione della legge penale e

detenzione e sostiene che i giudici di merito non avevano considerato gli elementi favorevoli
all’accoglimento dell’istanza, quali la contiguità dei fatti, commessi nello stesso ambito
territoriale e nelle medesime condizioni di tempo, per i quali egli stava scontando pena
detentiva, i precedenti penali per fatti risalenti nel tempo, il corretto comportamento tenuto
all’atto della concessione della prima semilibertà, lo stato di tossicodipendenza, la relazione
della Polizia Anticrimine di Salerno del 10 aprile 2012 resa in funzione dell’accesso alle misure
alternative alla detenzione, la concessione degli arresti domiciliari e la fruizione di permessi
lavorativi nel procedimento penale ancora pendente. Pertanto, la prognosi negativa formulata
a suo carico era ingiusta ed immotivata.
3. Con requisitoria scritta de123 ottobre 2013 il Procuratore Generale presso la Corte di
Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va quindi respinto.
1.L’ordinanza impugnata, nel valutare negativamente i requisiti per l’accesso del
condannato all’istituto alternativo alla detenzione, ha corredato la decisione di argomenti
giustificativi sintetici, ma sufficienti ad illustrare le ragioni della decisione. In particolare,
partendo dai precedenti penali riportati dal Castellano per calunnia, violazione della disciplina
sugli stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali e dai precedenti giudiziari
per due diversi reati concernenti stupefacenti, in sé indicativi di una concreta e specifica
tendenza a delinquere, il Tribunale di Sorveglianza ha valorizzato come indice rilevatore di
perdurante pericolosità sociale la circostanza della commissione di più reati dopo l’ammissione
all’istituto della semilibertà in relazione ad altra precedente condanna.
1.1 A ben poco quindi rileva che il Castellano abbia tenuto regolare condotta durante il
periodo di sottoposizione alla semilibertà, in quanto, non appena ripristinata l’incondizionata
libertà di azione e di movimento, è ricaduto nel crimine, circostanza che il ricorso non
smentisce; del resto anche la condizione irrisolta di tossicodipendenza non può costituire un
fattore positivo, ma al contrario integra una spinta continua al delitto ed al compimento di
condotte devianti. In altri termini, se il comportamento inframurario risulta corretto, ciò non

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contraddittorietà e genericità della motivazione; richiama la finalità degli istituti alternativi alla

comporta necessariamente l’assenza di pericolosità sociale e la probabilità che, sottoposto a
forme espiative con controlli molto blandi, il soggetto non riprenda l’attività criminosa, ben
potendo l’atteggiamento regolare essere funzionale ad accedere ai benefici penitenziari: è
piuttosto necessario acquisire la prova, conseguibile mediante l’osservazione trattamentale o
da altri elementi, di una positiva evoluzione della personalità e del distacco dalle esperienze
pregresse secondo un percorso anche non compiuto, ma comunque in atto grazie al costante
impegno del condannato.
1.2 Nel caso in esame non può quindi sostenersi che il giudizio di perdurante pericolosità
sociale sia in contrasto con le norme che regolano l’affidamento in prova ai servizi sociali e sia
immotivato, essendo al contrario basato su dati di fatto di sicura acquisizione; del resto,
lavorativi”, è in sé sintomatica di una convincente ed affidabile intrapresa di un percorso
personale di riabilitazione, anche in ragione del regime più limitativo della libertà personale
proprio di detta misura rispetto a quella negata.
2. In punto di diritto si ricorda che “il diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale
è da ritenere adeguatamente motivato anche quando, nell’ambito di un giudizio prognostico
che, sua per natura, non può che essere largamente discrezionale, venga indicata una sola
ragione, purché plausibile, atta a far ritenere la scarsa probabilità di successo
dell’esperimento, in relazione alle specifiche finalità dell’istituto (rieducazione del reo e
prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati). Non occorre, pertanto, che il
Tribunale prenda necessariamente in esame anche la situazione socio-familiare del
richiedente, non trattandosi dell’applicazione di un beneficio da elargirsi quasi “pietatis causa”,
ma della valutazione della sussistenza o meno di valide prospettive di realizzazione delle
anzidette finalità, essenzialmente funzionali al vantaggio non del singolo ma della società e
rispetto alle quali, pertanto, la sottrazione del soggetto al regime di detenzione rappresenta
solo un mezzo e non uno scopo” (Cass. sez. 1, n. 4137 del 19/10/1992, Gullino, rv. 192368;
sez. 1, n. 2061 del 11/05/1992, Menditto, Rv. 190531; sez. 1, n. 2207 del 18/5/1992,
Caltagirone, rv. 190628, sez. 1. n. 1704 del 14/4/1994, Gallo, rv. 197463).
2.1 Inoltre, basandosi su una lettura sistematica delle varie disposizioni contenute
nell’art. 47 o.p., si è affermato che la valutazione della richiesta di affidamento in prova, pur
partendo dalla considerazione della natura e della gravità dei reati per i quali è stata irrogata
la pena in espiazione, non può mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la
commissione del reato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini
della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della
prevenzione del pericolo di recidiva (Cass. 1, n. 1501 del 12/3/1998, Fatale, rv. 210553; sez.
1, n. 371 del 15/11/2001, Chifari, rv. 220473; sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, Gobbo, rv.
244322).
2.2 V provvedimento impugnato si è attenuto ai superiori principi, avendo giustificato la
propria discrezionale decisione in modo logico e razionale alla luce di specifici elementi di
valutazione, seguendo i criteri orientativi dettati dalla giurisprudenza di legittimità.

nemmeno la sottoposizione a misura cautelare domiciliare con la fruizione di “permessi

Ne discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013.

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