Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18425 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18425 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SECK ABDOULAHD nato il 22/08/1991

avverso l’ordinanza del 15/01/2018 del TRIB. LIBERTA di MILANO
sentita la relazione svolta da Consigliere SALVATORE DOVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG PASQUALE FIMIANI che conclude per
l’inammissibilita’ del ricorso.

Data Udienza: 14/03/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe la Corte di appello di Milano,
decidendo in sede di appello dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 299 cod.
proc. pen. dalla Corte di Appello di Milano, ha rigettato l’impugnazione proposta
da Seck Abdoulahd.
Ha premesso la Corte di Appello che questi era stato raggiunto da ordinanza
di custodia cautelare in carcere per i reati di tentata rapina aggravata e di
detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo marijuana; che il medesimo

stregua della previsione di cui all’art. 73, co. 5 T.U. Stup., con pronuncia
confermata in grado di appello.
Il collegio distrettuale ha quindi ritenuto che il gravame cautelare proposto
dal Seck avesse correttamente colto un errore nell’ordinanza di rigetto, fondata
sull’asserita rilevanza della contestata recidiva specifica reiterata
infraquinquennale ai fini della determinazione della pena edittale del delitto in
materia di stupefacenti; ma che non sussistesse l’interesse concreto al
provvedimento di scarcerazione per la decorrenza dei termini massimi di fase
previsti per tale delitto, persistendo la custodia cautelare per il delitto contro il
patrimonio.

2.

Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del

difensore di fiducia, avv. Giovanni Marchese, il quale deduce la violazione degli
artt. 303 cod. proc. pen. e 24 Cost. nonché il vizio della motivazione, rilevando
che secondo un orientamento giurisprudenziale è sempre ravvisabile l’interesse
ad ottenere un provvedimento di scarcerazione perché questo rende meno
gravosa la posizione dell’assoggettato e perché esso consente il riacquisto della
libertà nel caso che il residuo titolo cautelare venga meno.
Nel caso in esame l’interesse consiste “nell’alleggerimento della … posizione
processuale” e nella “concreta possibilità di ottenere la remissione in libertà a
seguito di perdita di efficacia della misura relativamente al capo a)”; l’ordinanza
impugnata si frappone al legittimo esercizio della strategia difensiva,
determinando una concreta lesione del diritto di difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il costante orientamento del giudice di legittimità è informato al
principio secondo il quale nell’ipotesi in cui la restrizione dello “status libertatis”
debba protrarsi per altro reato più grave, l’imputato non ha interesse ad ottenere
un provvedimento di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di fase
della custodia cautelare in ordine al reato meno grave, salvo che prospetti

era stato poi condannato in ordine a questa seconda condotta, qualificata alla

l’esistenza di un interesse concreto ed attuale all’adozione di tale pronuncia. (ex
multis, Sez. 6, n. 9923 del 30/01/2014 – dep. 28/02/2014, Calarco, Rv.
259113). Diversamente da quanto sostenuto dall’esponente, non sussiste alcun
filone interpretativo che riconosca l’esistenza in re ipsa dell’interesse alla
scarcerazione cd. formale. Lo stesso ricorrente, portando a conforto delle
proprie affermazioni la giurisprudenza di questa Corte, cita alcune pronunce nelle
quali è chiaramente espressa la necessità che sussista un interesse concreto al
provvedimento di scarcerazione per decorso dei termini di custodia cautelare

altre.
Ed infatti non manca l’esponente di affermare l’esistenza nel caso di specie
di tale interesse; il quale però non è ravvisabile “nell’alleggerimento della …
posizione processuale” e nella “concreta possibilità di ottenere la remissione in
libertà a seguito di perdita di efficacia della misura relativamente al capo a)”. Si
tratta di indicazioni estremamente generiche, che al più adombrano un interesse
potenziale, condizionato al verificarsi di future evenienze, neppure
specificamente individuate. Vale rammentare che la nozione di interesse
concreto allude ad un interesse immediato, concreto ed attuale, il quale ricorre
allorquando la rimozione della decisione giudiziale di cui si contesta la
correttezza importa l’immediato conseguimento di un’utilità.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 2.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14/3/2018.
Il Consigliere estensore
Salva e Dovere

Il Presidente
Francesco M

Ciampi

limitatamente ad alcune delle imputazioni, ove la custodia debba continuare per

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