Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18419 del 09/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18419 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARUNTELU COSTANTIN CRISTINEL nato il 04/09/1992

avverso l’ordinanza del 04/01/2018 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
sentita la relazione svolta dal Consigliere CARLA MENICHETTI;
lette/sentite le conclusioni del PG SIMONE PERELLI che conclude per il rigetto del
ricorso.
E’ presente l’avvocato ZAMBOTTI MONICA del foro di ROMA che deposita nomina
a sostituto processuale dell’Avv. PACIFICO RAFFAELE del foro di FORLI’ difensore
di MARUTELU COSTANTIN CRISTINEL.
L’avvocato si riporta interamente ai motivi insistendo per l’accoglimento del
ricorso.

Data Udienza: 09/03/2018

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Bologna, con ordinanza in data 4 gennaio 2018, rigettava l’appello
proposto nell’interesse di Maruntelu Constantin Cristinel avverso l’ordinanza con cui il
G.I.P. del Tribunale di Ravenna aveva applicato al predetto la misura cautelare della
custodia in carcere per il delitto di cui all’art.589 bis, commi 2, 6 e 8 cod.pen., in danno
della moglie Husovic Planiza e del figlio Maruntelu Riccardo, di appena pochi mesi.

difesa non sosteneva la incompatibilità delle condizioni di salute dell’imputato con il
regime carcerario; che la misura degli arresti domiciliari, anche con l’uso dello strumento
del braccialetto elettronico, non era capace di contenere il rischio di recidiva del
prevenuto, che appariva indifferente alla portata preventiva delle decisioni dell’autorità
giudiziaria ed era stato già sottoposto a giudizio, definito ex art.444 cod.proc.pen., per i
reati di cui agli artt.495, 336, 81, 582, 585, 576 comma 1, cod.pen.; che la misura di
massimo rigore era proporzionale alla gravità del fatto commesso ed alla pena inflitta dal
Tribunale, pari a sette anni di reclusione, ed era altresì l’unica idonea a scongiurare il
ripetersi di azioni delittuose analoghe a quelle per cui si procede.

2. Ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, lamentando erronea
applicazione degli artt.275, comma 3, e 275 bis cod.proc.pen. Osserva che l’imputato è
stabilmente residente nel territorio italiano, dove vivono i suoi familiari, e quindi non
sussiste pericolo di fuga e che, dato il trauma subito, appare residuale il pericolo di
reiterazione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

2. L’ordinanza del Tribunale del Riesame è adeguatamente motivata sulle esigenze
cautelare e sulla inidoneità di misure alternative, quale quella richiesta degli arresti
domiciliari anche con il dispositivo elettronico di cui all’art.275 bis c.p.p., a scongiurare il
pericolo di reiterazione di reati che ledano l’incolumità delle persone.
In particolare, i giudici di merito hanno espresso una valutazione negativa della
personalità dell’imputato, dimostratosi indifferente rispetto alla precedente ma recente
condanna per reati commessi con violenza alle persone, e, nel caso di specie,
assolutamente irresponsabile, perché privo di ogni forma di autocontrollo, verso le
persone cui lo legavano stretti vincoli affettivi (moglie e figlio), tanto da essersi messo
alla guida dell’auto dopo l’assunzione di alcool e sostanze stupefacenti.: l’opzione della
custodia carceraria dunque, oltre ad essere proporzionata alla pena irrogata all’esito del
2

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A motivo del rigetto il Tribunale rilevava che la consulenza medica prodotta dalla

giudizio di primo grado, era l’unica che, nella dimostrata mancanza di una qualunque
autodisciplina del soggetto, potesse impedire il ripetersi di azioni delittuose analoghe,
non avendo i precedenti sortito alcuna capacità dissuasiva.
Quanto all’uso di dispositivi di controllo, il Tribunale non ha mancato di considerare
che, di fronte ad una personalità tanto libera da ogni capacità di lecito discernimento,
nessuna capacità dissuasiva avrebbe potuto esercitare il braccialetto elettronico, di per sé
non impeditivo di spostamenti e dunque non idoneo ad evitare la commissione di ulteriori

Si tratta di una motivazione logica e persuasiva, come tale immune dalla denunciata
censura, a fronte della quale il ricorrente ha solo insistito nel rappresentare circostanze
già valutate in sede di riesame.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento
delle spese processuali.
Segue la comunicazione di cui all’art.94, comma 1 ter, disp.att. c.p.p.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La
Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art.94 c.1
ter disp.att. del c.p.p.
Così deciso in Roma il 9 marzo 2018

Il ConsiglierOsore
Carla M. ‘i

etti

te

illeciti.

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