Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18411 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18411 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
Procuratore Generale della Corte di Appello di Perugia
nei confronti di:
Abdoul Misstour

n. il 19 dicembre 1985

avverso
la sentenza 22 novembre 2010 — Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Foli-

gno;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.

Francesco Mauro lacoviello, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Fabio Sorra, che ha concluso per raccoglimento dei motivi di
ricorso.

Data Udienza: 09/04/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Svolgimento del processo
1. — Con sentenza deliberata in data 22 novembre 2010, depositata in cancelleria il 16 aprile 2010, il Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Foligno dichiarava Abdoul Misstour colpevole del reato a lui ascritto (art. 13 comma 13 D.L.vo n.
286/98) e, applicata la diminuente del rito abbreviato, lo condannava alla pena di
mesi dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali del giudizio e di

Il prefato, ancorché fosse stato espulso dal suolo nazionale con decreto 19 febbraio 2008 del Questore di Torino, notificato in pari data, rientrava in Italia senza la
speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno. Il fatto veniva accertato in Fogligno in data 6 novembre 2010.
2. — Avverso il citato provvedimento è insorto tempestivamente il Procuratore
Generale territoriale chiedendone l’annullamento per violazione di legge perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato dovendosi ritenere implicitamente abrogato a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 28 aprile 2011.
In via subordinata veniva richiesto di sospendere il procedimento in corso rinviando gli atti alla corte di Giustizia dell’Unione europea formulando la questione di
interpretazione nel ricorso meglio specificata. In ulteriore subordine di dichiarare
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art.3 la questione di
Incostituzionalità dell’art. 13 comma 13 D.L.vo n. 286/98.

Motivi della decisione
3 — Il ricorso non è fondato e deve essere respinto.
3.1 — Come è stato ripetutamente affermato da questa Sezione (si veda in particolare la sentenza 25/5/12, P.G. in proc. Mejdi, rv.253353), devono escludersi ricadute sulla fattlspecie in esame della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE e della sopravvenuta decisione della Corte di
giustizia U.E., 28/04/ 2011, El Dridi, nel senso prospettato dal ricorrente, pur alla
luce di tale ultima decisione che ha affermato che ai giudici penali degli Stati della
Unione spetta disapplicare ogni disposizione del decreto legislativo n. 286/1998
contraria al risultato della direttiva 2008/115, tenendo anche debito conto del prin-

Pubblica udienza: 26 febbraio 2013 — PG in proc. Abdoul Misstour — RG: 46726/12, RU: 14;

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quelle relative alla custodia cautelare in carcere.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima Sezione penale

cipio della applicazione retroattiva della legge più mite il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. è stato rilevato che l’unico profilo di
contrasto della fattispecie in contestazione con le disposizioni della direttiva rimpatri
in astratto ipotizzabile è quello relativo alla durata del divieto di reingresso alla luce
dell’art. 11 paragrafo 2 della direttiva stessa, laddove prevede che “la durata del

divieto d’ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze
pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni; può comunque super l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale”. La durata del
divieto superiore a cinque anni previsto dalla normativa interna è in via generale
incompatibile con siffatta disposizione, tanto che tra le modifiche introdotte dalla
legge n. 129 del 2011, al fine di adeguare la disciplina interna alla direttiva europea, è stato previsto al comma 14 dell’art. 13 T.U. imm. che il divieto di reingresso di
cui al precedente comma 13 opera per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, fatti salvi casi specificamente indicati. Pertanto l’art. 13 nella
parte in cui fissa in dieci anni la durata del divieto di reingresso nel territorio dello
Stato per lo straniero che ne sia stato espulso – contrasta con la direttiva
2008/115/CE del Parlamento europeo e del consiglio, che ha acquisito diretta efficacia nell’ordinamento nazionale a partire dal 24 dicembre 2010, secondo cui la durata del divieto di ingresso non può superare i cinque anni.
3.2 — Nel caso di specie, il ricorrente (che risulta essere stato espulso a mezzo
aereo in data 18 luglio 2008 come annotato in atti e come ammesso dallo stesso
nel corso dell’interrogatorio di garanzia del 9 novembre 2010) ha fatto rientro nel
nostro territorio poco più di due anni e mezzo dopo (il 6 novembre 2010)
dall’intervenuta espulsione (i1 decreto di espulsione è datato 19 febbraio 2008, notificatogli in pari data), con il che non può essere fondatamente sostenuto che si versi in un caso di contrasto con la direttiva e di conseguente intervenuta aboliti° cri-

minis. Occorre per vero osservare che prima della L. n. 189 del 2002 la normativa
prevedeva la durata del divieto di rientro sul territorio nazionale, successivamente
all’emissione del provvedimento di espulsione, per cinque e non per dieci anni. Sul
tema rileva comunque anche la più recente normativa comunitaria e la giurisprudenza formatasi nel suo alveo. Si veda in proposito Cass., Sez. 1, sent. n. 8181 del
20 ottobre 2011, rv. 252210, Sanchez Sanchez, e Cass., Sez. 1, sent. n. 12220 del
13 marzo 2012 rv. 252214, Zyba. La massima estrapolata è la medesima: “Il rientro nel territorio dello Stato dello straniero espulso che non abbia una speciale autorizzazione non è più previsto come reato, ove avvenga oltre il quinquennio dall’e-

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perare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

spulsione, perché la norma incriminatrice, ponendo un divieto di rientro per un decennio, deve essere disapplicata per contrasto con le disposizioni della direttiva
2008/115/CE del 16 dicembre 2008 del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea, che hanno acquistato efficacia diretta e che prevedono che il divieto di reingresso non possa valere per un periodo superiore a cinque anni”.
E da ritenersi pertanto incontestabile che, nella peculiare fattispecie sottoposta

cui ha ritenuto che la condotta dell’imputato integrasse, anche sotto questo profilo,
il reato contestato.
Per quanto più sopra diffusamente riportato non si ritiene di dover investire la
Corte di Giustizia dell’Unione europea per quanto richiesto dal ricorrente mentre la
questione di costituzionalità proposta si palesa manifestamente infondata.
4. — Nulla per le spese essendo stato il gravame proposto da parte pubblica

per questi motivi
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 9 aprile 2013

Il

nsigliere estensore

Il Presidente

all’esame del Collegio, la sentenza impugnata sia esente da censure nella parte in

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