Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1841 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1841 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: MENICHETTI CARLA

Data Udienza: 11/12/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARTINI MICHELE N. IL 16/09/1972
avverso la sentenza n. 3552/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
31/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 31.10.2014 la Corte d’Appello di Firenze confermava la
sentenza emessa il 19.4.2012 dal Tribunale di Grosseto di condanna di Martini Michele
alla pena di giustizia quale responsabile del reato di cui all’art.590, terzo comma, c.p.
perché, nella qualità di legale rappresentante della omonima ditta e datore di lavoro di
Snader Abdellah, aveva omesso, per colpa generica e in specifica violazione dell’art.56
DPR 164/56, di dotare di parapetto e tavola fermapiede laterale il ponteggio sul quale era

riportava lesioni consistite in numerose fratture agli arti.
2. La Corte territoriale rilevava che in ordine alla mancanza dei detti presidi
antinfortunistici l’appellante nulla aveva obbiettato e che costituiva grave colpa del
Martini l’aver consentito che i dipendenti lavorassero in una così grave situazione di
pericolo: quale datore di lavoro egli aveva infatti pacificamente assunto una posizione di
garanzia, che ai sensi dell’art.2087 cod.civ. gli imponeva di adottare adeguate misure di
sicurezza in cantiere, sia dotando il ponteggio dei prescritti parapetto e tavola
fermapiede, sia imponendo l’uso di cinture di sicurezza, per prassi non indossate dai
dipendenti, come emerso dalla compiuta istruttoria.
3. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo vizio di
motivazione dell’impugnata sentenza laddove non aveva tenuto conto della prova della
presenza delle cinture di sicurezza in cantiere a disposizione degli operai, e nullità per
violazione dell’art.521 c.p.p. perché la mancanza delle cinture di sicurezza non aveva
formato oggetto di contestazione.

Ritenuto in diritto
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Deve osservarsi in primo luogo che la Corte di merito ha fondato la pronuncia
di condanna ritenendo raggiunta la prova della mancanza dei presidi di sicurezza
dell’impalcatura, costituiti, come più volte detto, da parapetto e tavola fermapiede che il
datore di lavoro aveva l’obbligo di installare, evidenziando come sul punto non fosse
stato neppure proposto gravame, e come tale condotta integrasse quindi perfettamente
l’addebito di colpa specifico contestato.
Poiché l’appello riguardava invece il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza – su
cui pure si era soffermato il Tribunale, evidenziando che il Martini, pur consapevole del
fatto che gli operai lavorassero senza cinture, non aveva mai mosso loro alcun rilievo né
aveva imposto l’adozione di detto presidio antinfortunistico – la Corte di Firenze si è
soffermata anche su questo profilo di colpa, ritenendo correttamente che non era
sufficiente, per escludere la colpa del datore di lavoro, che le cinture di sicurezza fossero
presenti in cantiere, sussistendo preciso obbligo di costui di assicurarsi che venissero
effettivamente indossate.

intento a lavorare il detto operaio, che a seguito di caduta verso il vuoto dall’alto

4.2. Ciò dimostra non solo la correttezza del percorso motivazionale, ma anche la
manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso – difetto di correlazione tra
imputazione contestata e decisione – poiché dalle sentenze di merito risulta che vi fu
istruttoria su tutti i profili di colpa in ordine ai quali si svolse compiutamente l’attività
difensiva dell’imputato.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’A. dicembre 2015

delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero.

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