Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1841 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1841 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

Data Udienza: 09/10/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Muto Marcello, nato a Cutro il 15.1.1975
Verni Carlo nato a Cutro il 29.10.1968
avverso la sentenza n.69/13 della Corte d’appello di Bologna del
24.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del
Procuratore generale, Vito D’Ambrosio, che ha concluso

Sostituto

chiedendo la

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li

dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
udito per gli imputati, l’avv. Colacino, che ha insistito per l’accoglimento
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ,
confermava la sentenza Tribunale di Reggio Emilia , in data 16.11.2011 ,
che aveva affermato la penale responsabilità di MUTO Marcello e VERNI

circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, li
condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed € 800 di multa,
(artt.110, 628, 1 e 3 comma n.1 cod.pen. , perché, in concorso morale e
materiale ed in simultanea presenza tra loro, per procurarsi un ingiusto profitto,
dopo essere entrati all’interno del circolo ‘Cartaghena’, usavano violenza e
minaccia ai danni di BERSELLI Franco, detto per Bersellino, impossessandosi
della somma di euro 5000; violenza e minaccia consistite nell’avvicinarsi – il
coimputato ROMANO Carmine, giudicato separatamente – al BERSELLI,
intimandogli con fare minaccioso: ” non devi più frequentare questo locale …
metti i soldi sul tavolo “, e nello sferrargli un pugno al braccio destro, e tutti
nell’impossessarsi della somma; con le aggravanti del fatto commesso da più
persone riunite; con la recidiva reiterata per tutti; in Reggio Emilia VII giugno
2010)

1.1Avverso la suddetta sentenza interponevano appello i difensori degli
imputati chiedendo, per entrambi gli imputati , l’assoluzione per non aver
commesso il fatto o perché il fatto non sussiste o non costituisce reato,
anche ai sensi dell’art. 530 co.2 c.p.p., la riqualificazione dei fatti ai sensi
dell’art. 610 c.p. ovvero ai sensi dell’art. 624 c.p. con declaratoria di
improcedibilità per mancanza di querela, l’applicazione del minimo della
pena, previa concessione di attenuanti generiche prevalenti sulla
contestata aggravante , motivi di appello che la Corte territoriale
respingeva ritenendole infondate, in punto di insussistenza dell’elemento
oggettivo e soggettivo della rapina, confermando le statuizioni del primo
giudice
Avverso tale sentenza, con il ricorso in esame, i difensori dei due
imputati, chiedendo l’annullamento della sentenza , reiterano i motivi già
prospettati in appello circa la sussistenza degli elementi essenziali della
rapina e del concorso nel reato, essendo emerso dalle stesse dichiarazioni
della persona offesa che l’intenzione manifestata con la minaccia,

2

Carlo in ordine al reato che segue e, concesse ad entrambi le

dall’esecutore materiale dell’ aggressione, Romano Carmine,

fu quella

di interdirgli l’ingresso al circolo dei giocatori e non quella di
impossessarsi dei soldi , che gli impose di depositare sul tavolo a
conferma ch’egli non doveva partecipare al gioco; che i due imputati non
collaborarono all’azione del Romano, perché il Muti era distanze dal tavolo
ed il Verni non fu visto dalla parte lesa. Deducono, inoltre, che più
appropriatamente i fatti dedotti in imputazione erano da ascrivere alle

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso non è fondato.
2.1 La sentenza della Corte territoriale risponde ,con una motivazione
congrua ed esente da vizi, a tutte le deduzioni dell’appello, affermando ,
innanzitutto ,che la condotta ascrivibile al Romano fu sicuramente
inquadrabile nella fattispecie di cui all’art.628 cod.pen., della quale ha
individuato tutti gli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi. Si afferma,
infatti nel provvedimento impugnato che la parte lesa ” fu, quantomeno,
minacciata; la minaccia fu chiara, esplicita ed univocamente indirizzata al
conseguimento di un profitto (ossia del denaro che, nell’ottica dell’agente,
la PO aveva tolto agli altri giocatori in modo scorretto, non avendo alcun
diritto di giocare in quel luogo); per effetto di essa la PO posò sul tavolo
la non indifferente cifra di C 5000 e ne perse definitivamente la
disponibilità, dato che altri ebbero immediatamente ad
impossessarsene…”.
2.2 Facendo, poi, riferimento .al contenuto di una conversazione ,captata
in ambientale, tra i due imputati nell’immediatezza dei fatti, la Corte
giudica indubbiamente fondata la valutazione formulata dal primo
giudice circa l’inattendibilità dei testi Nabil e Berselli , che avevano
edulcorato il racconto dei fatti a tutto vantaggio degli imputati” sul punto
smentiti non tanto e non solo dalla logica (non si vede per quale ragione
ROMANO avrebbe dovuto imporre al BERSELLI di andarsene senza
portare con sé il denaro che aveva vinto se non per impossessarsene)
ma, ancora una volta, dal tenore inequivoco dell’ambientale n.248, il cui
contenuto il primo giudice ha riportato per intero nella parte di interesse;

3

fattispecie della violenza privata ovvero del furto

è una conversazione che non lascia adito a dubbi dato che MUTO e VERNI
affermano esplicitamente che dei 5000 euro del BERSELLI a loro ne
sarebbe andata solo una piccola quota, avendo fatto la parte del leone
Nabil e Carmine (“Nabil e Carmine, tutti i pezzi da 500.. .quelli che hanno
preso di più sono Carmine e Nabir; “Carmine si è preso tutti quelli da
500”; “… che Nabil, hai visto come acchiappa pure”); MUTO si lamenta,
imprecando, di non avere preso quasi nulla rispetto agli altri (“ho preso la

migliaio di euro ma, nella confusione del momento, ha perso anche gli
occhiali; ed infatti, a MUTO che, riepilogando nelle mani di chi sono finiti i
5000 euro, afferma “erano cinquemila euro, erano … duemila euro
Carmine, mille euro se li è presi Nabil e mille euro tu”, VERNI risponde:
“magari mille euro! Ho perso pure gli occhiali”; immediatamente dopo,
l’intercettazione dà conto di uno sfogliare di carte e contemporaneamente
MUTO che conta: ” …due, tre, quattro, cinque, sei, sette, eccoci qua ) a
dimostrazione che i due non stavano millantando (e per quale ragione
poi?) e che stavano contando, abbastanza insoddisfatti del bottino,
quanto appena arraffato…( pag.11 12 )”

2.3 Ed ancora, a confutazione delle specifiche deduzioni prospettate dagli
appellanti, la Corte ha anche puntualizzato , quanto al concorso nel reato
che :” Occorre qui ribadire, richiamando la consolidata giurisprudenza in
tema di concorso di persone nel reato, che, per aversi concorso non è
affatto necessario il previo concerto essendo sufficiente che l’agente si
inserisca nell’azione illecita mentre essa è in itinere, ponendo in essere
un segmento dell’azione tipica ovvero agevolando, in qualsiasi modo,
anche con condotte atipiche ma causalmente rilevanti, quella dell’autore
materiale. Nella prospettazione accusatoria, e secondo quanto ritenuto
dal primo giudice, MUTO e VERNI avrebbero assunto il ruolo di partecipi
per essersi appropriati di parte del denaro del BERSELLI, per avere cioè
realizzato, o contribuito a realizzare, l’evento proprio del delitto
contestato – la sottrazione del denaro -aderendo alla condotta di
ROMANO Carmine ed avvalendosi, consapevolmente, degli effetti
intimidatori della minaccia, pur materialmente posta in essere dal solo
ROMANO, a cui avevano presenziato. ( pag.10) ” e quanto al contributo

4

fame io, lo vedi?”) e così anche VERNI, che è sì riuscito ad arraffare un

causale della condotta di Verni e Muto che :”….

Né può sostenersi, in

alternativa alla tesi della totale estraneità al fatto dei prevenuti, che
costoro si sarebbero appropriati del denaro senza avere avuto percezione
della violenza o minaccia posta in essere da ROMANO e senza avere
avuto la rappresentazione che si stesse compiendo una rapina (da cui la
tesi della configurabilità, al più, del delitto di cui all’art. 624 c.p.). MUTO e
VERNI erano all’interno del locale e, per quanto riferito tanto da

presenti avvenne immediatamente, pressoché contestualmente al
momento in cui BERSELLI depose il denaro sul tavolo; dunque, tutti
coloro che erano attorno o nelle vicinanze del tavolo da gioco poterono
rendersi perfettamente conto della minaccia patita dal BERSELLI e delle
ragioni per cui quest’ultimo aveva deposto il denaro sul tavolo, alla
portata di chiunque avesse voluto impossessarsene; nulla consente di
inferire che MUTO e VERNI siano intervenuti a reato già consumato; al
riguardo, l’assunto difensivo poggia appunto sul niente e, d’altronde, che
l’azione criminosa fosse tutt’altro che conclusa ed anzi fosse in pieno
svolgimento emerge incontestabilmente dal fatto che non solo ROMANO o
FUOAD ma anche i due imputati riuscirono a far propria una parte della
somma del BERSELLI (peraltro rammaricandosi di non essere riusciti ad
arraffare di più). Va solo aggiunto, a definitiva conferma del pieno e
consapevole coinvolgimento di entrambi gli imputati, che i gestori del
locale non avrebbero avuto alcuna ragione di prendersela (anche) con
loro se nessuna parte avessero avuto in quanto accaduto; non vi era cioè
alcuna ragione perché li si incolpasse di un’azione che, avendo provocato
l’intervento della polizia municipale, avrebbe potuto creare guai al locale;
e si comprende anche come, dal punto di vista degli imputati, l’accusa
fosse profondamente ingiusta perché, dopo tutto, l’iniziativa violenta era
stata del ROMANO e loro altro non avevano fatto che impossessarsi del
denaro che il minacciato BERSELLI aveva abbandonato (“io c’ho fatto
l’azione? Carmine ci ha fatto l’azione “. trovi i soldi a terra e non te li
pigl i?”). L’accertata sussistenza dell’ipotesi di rapina, così come
contestata, comporta l’infondatezza dell’argomento difensivo in base al
quale la condotta del ROMANO – e di conseguenza quella di MUTO e

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BERSELLI che da FOUAD, l’impossessamento del denaro ad opera dei

VERNI – dovrebbe qualificarsi come violenza privata o furto, argomento
facente leva sul fatto che la minaccia non sarebbe stata finalizzata alla
sottrazione e all’impossessamento del denaro del BERSELLI e sulla cui

inconsistenza già ai è detto. Ovviamente, il fatto che altro giudice, con

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