Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18395 del 23/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18395 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
HAMIDOVIC ALJIL nato il 25/07/1974

avverso la sentenza del 09/03/2015 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA MONTAGNI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CIRO
ANGELILLIS
Cb:E±£13:=Ins0-15 –

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Udito il difensore
E’ presente l’avvocato PEVERINI FABRIZIO del foro di ROMA in difesa di
HAMIDOVIC ALJIL il quale, concordando con le conclusioni del P.G., insiste
nell’accoglimento del ricorso depositando altresì, l’ordinanza di revoca del
provvedimento della misura cautelare in carcere a carico del ricorrente, emessa
dal Tribunale di Venezia il 12 dicembre 2017.

Data Udienza: 23/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe,
giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Suprema
Corte su ricorso dell’imputato Hamidovic Aljil, in parziale riforma della sentenza di
condanna resa dal Tribunale di Venezia il 5.03.2010, all’esito di giudizio abbreviato,
in riferimento all’importazione dall’Olanda di una partita di cocaina, rideterminava
la pena in anni cinque e mesi otto di reclusione ed C 17.400,00 di multa,

Il Collegio rilevava che l’oggetto del giudizio di rinvio era circoscritto al tema
della concedibilità delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cuì all’art. 114
cod. pen. Escluso il riconoscimento di quest’ultima circostanza, concesse le
attenuanti generiche, la Corte territoriale rideterminava il trattamento
sanzionatorio muovendo dalla pena base di anni otto di reclusione oltre la multa. Al
riguardo, considerava che il reato era stato commesso nel 2003, di talché
l’imputato non aveva diritto a vedersi applicata la legge più favorevole, introdotta
successivamente e di poi dichiarata costituzionalmente illegittima.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso
per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge in riferimento
all’art. 624 cod. proc. pen.
Osserva che la Corte di Appello, giudicando in sede di rinvio, ha fissato la
pena base in anni otto di reclusione oltre la multa, laddove il Tribunale aveva
indicato la pena base in anni sei di reclusione.
L’esponente sottolinea: che la difesa non aveva impugnato, con il ricorso per
cassazione, la prima sentenza della Corte di Appello, sul punto relativo alla
determinazione della pena base; e che la Suprema Corte, nella fase rescindente del
giudizio, aveva annullato la predetta sentenza esclusivamente in relazione al difetto
di motivazione circa il diniego delle attenuanti generiche e dell’attenuante ex art.
114 cod. pen.
La parte rileva che la sentenza della Seconda Sezione della Corte di Appello
di Venezia del 21.02.2012 è perciò divenuta irrevocabile, per quanto riguarda le
statuizioni diverse dal riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante
di cui all’art. 114 cod. pen.
Ciò posto, osserva che la Terza Sezione della Corte di Appello di Venezia,
giudicando in sede di rinvio, ha esorbitato dal proprio ambito di cognizione, giacché
ha rideterminato, in pejus, la pena base in anni otto di reclusione, rispetto alla
misura di anni sei di reclusione, che era stata stabilita dal Tribunale. Rileva che, in
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confermando nel resto.

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tal modo, il giudice del rinvio ha violato il principio del giudicato parziale desumibile
dall’art. 624, comma 1, cod. proc. pen.
Con il secondo motivo la parte deduce il vizio motivazionale, in riferimento
alla rideterminazione della pena, ex art. 136 Cost.
Osserva che l’applicazione della più grave norma incriminatrice attualmente in
vigore, in base al principio di retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale
di cui all’art. 136 Cost., conduce alla disapplicazione dell’art. 2, comma 4, cod. pen.

misura della pena base.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso impone i rilievi che seguono.

2. Giova soffermarsi, primieramente, sui rilievi affidati al secondo motivo.
La Corte regolatrice ha chiarito che, in tema di successione di leggi nel
tempo, la norma incriminatrice più severa, ripristinata per effetto della pronuncia di
incostituzionalità di una successiva norma penale di favore, non può essere
applicata ai fatti commessi durante la vigenza di quest’ultima, ma opera per tutti
quei fatti pregressi commessi nella vigenza della norma non ancora modificata in
senso più favorevole dalla disciplina dichiarata incostituzionale (Sez. 3, Sentenza n.
28233 del 03/03/2016, Rv. 267410).
Il richiamato principio di diritto, che il Collegio condivide e fa proprio, è stato
pure specificamente affermato con riguardo alla disciplina delle sostanze
stupefacenti. Si è, infatti, osservato che la norma dichiarata incostituzionale, ove
più favorevole, può continuare ad essere applicata, per il principio del

favor rei,

soltanto ai fatti commessi sotto la sua apparente vigenza, ma non anche ai fatti
che siano stati commessi nella operatività – come nel caso di specie – della
normativa precedente, dovendo escludersi che una norma costituzionalmente
illegittima possa determinare un trattamento più favorevole anche con riferimento
a fatti pregressi, posti in essere nel vigore della normativa più severa (Sez. 3,
Sentenza n. 4185 del 19/10/2016, dep. 30/01/2017, Rv. 269068, ove la Suprema
Corte ha ritenuto legittima la decisione del giudice territoriale di applicare il
trattamento sanzionatorio più severo, previsto dall’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309
del 1990, nella versione vigente all’epoca del fatto, commesso prima dell’entrata in
vigore delle modifiche apportate dalla legge n. 49 del 2006, successivamente
dichiarate incostituzionali con sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12
febbraio 2014).

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e pure collide con il giudicato parziale che si era formato nel caso di specie sulla

Pertanto, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio
2014 n. 32, la disciplina in materia droghe pesanti, che risulta applicabile in
relazione a fatti di reato commessi nell’anno 2003, è quella prevista dal d.P.R. n.
309/1990, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre
2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, di
talché la pena, ai sensi dell’art. 73, n. 309/1990, va da otto a sei anni di

3. Tanto chiarito, introducendo l’esame del primo motivo, deve rilevarsi che la
Corte di Appello di Venezia, giudicando in sede di rinvio, se pure ha rideterminato
la pena finale in anni cinque e mesi otto di reclusione ed C 17.400,00 di multa,
laddove il Tribunale aveva irrogato la pena di anni sei di reclusione ed C 26.000,00
di multa, ha fissato la pena base in anni otto di reclusione ed C 26.000,00 di multa,
in misura cioè superiore a quella che era stata stabilita dal primo giudice, pari ad
anni sei di reclusione ed C 30.000,00 di multa.
Al riguardo, deve allora osservarsi che la giurisprudenza, nel chiarire la
portata del divieto di reformatio in peius, ha condivisibilmente osservato che, a
seguito di impugnativa proposta dal solo imputato, il giudice dell’appello, nel
rispetto del principio devolutivo, anche quando escluda una circostanza
aggravante, non può aumentare la pena base presa a riferimento dal giudice di
primo grado né alcun altro dei segmenti del calcolo che non sia stato oggetto di
impugnazione, pur pervenendo ad una pena complessivamente inferiore rispetto a
quella già applicata (Sez. 3, n. 20225 del 10/01/2017, Khelif, Rv. 2698020; Sez. U,
n. 40910 del 27/09/2005, Rv. 232066).
E bene, nel caso di specie l’odierno ricorrente ha beneficiato della disciplina
ex lege 21 febbraio 2006, n. 49, in quanto legge successiva più favorevole. Detta
disciplina è stata successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima.
Pertanto, secondo i richiamati limiti di retroattività della lex mitior, per il caso di
intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma più favorevole,
rispetto ai fatti commessi prima della entrata in vigore della medesima norma poi
oggetto della sentenza demolitoria, detto trattamento di favore non sarebbe
applicabile.
Non di meno, in assenza di impugnazione della parte pubblica, il predetto
trattamento sanzionatorio – se pure confliggente con il principio di retroattività
della lex mitior, come declinato dal diritto vivente – non può essere modificato. Vi
osta la preclusione, per il giudice del gravame, discendente dall’art. 597, comma 1,
cod. proc. pen., di operare d’ufficio qualsivoglia mutamento in relazione ai punti
che non sono stati oggetto di impugnazione. E detta preclusione, nel caso di specie,
risultava vieppiù sussistente in considerazione del fatto che il ricorso per
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reclusione, oltre la multa.

cassazione, avverso la prima sentenza della Corte territoriale, proposto dal solo
imputato, non riguardava la misura della pena base, ma il mancato riconoscimento
delle attenuanti generiche e dell’attenuante ex art. 114 cod. pen. Al riguardo,
osserva il Collego che il ricorso in esame, laddove sembra involgere il diniego
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., non può trovare accogliento, posto che
la Corte di Appello, con la sentenza in data 9.03.2015, ha insindacabilmente
osservato che detta attenuante non poteva essere riconosciuta, a fronte del

4. Per quanto detto, la sentenza impugnata deve essere annullata
limitatamente al calcolo della pena. Osserva il Collegio che, nel caso di specie,
sfuggono i presupposti per procedere, i sensi dell’art. 620, lett. I) cod. proc. pen.,
alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio in questa sede di legittimità.
Invero, in sede di merito, si sono verificati plurimi errori che involgono il
trattamento sanzionatorio inflitto Hamidovic Aljil. La pena indicata nella sentenza
documento del Tribunale di Venezia è infatti difforme da quella oggetto del
dispositivo letto in udienza; e il medesimo Tribunale non ha indicato di aver
effettuato la riduzione di pena per la scelta del rito. Si tratta di errori che non
risultano chiaramente emendati nei successivi gradi di giudizio. La Corte di Appello
di Venezia, nella sentenza del 21.02.2012, poi annullata dalla Suprema Corte, ha
affermato che la pena inflitta all’odierno ricorrente era in realtà pari ad anni dieci di
reclusione ed C 26.000,00 di multa, dovendo darsi prevalenza alla indicazione
contenuta nel dispositivo letto in dibattimento; peraltro, nella medesima sentenza
la Corte territoriale ha affermato che la pena irrogata deve essere quantificata in
anni sei di reclusione ed C 30.000,00 di multa; la Suprema Corte, nella sentenza
resa nella fase rescindente del giudizio, ha affermato che Hamidovic Aljil aveva
riportato in sede di merito la pena di anni sei di reclusione ed C 26.000, di multa; e
la Corte di Appello di Venezia, giudicando in sede di rinvio, dopo aver rilevato che
Hamidovic era stato condannato ad anni sei di reclusione ed C 26.000, di multa, ha
rideterminato la pena base in anni otto di reclusione ed C 26.000,00 di multa, ed
applicato la diminuente di rito, pervenendo alla pena finale di anni cinque e mesi
otto di reclusione ed C 17.400,00 di multa.
A fronte di tali evenienze, si impone l’annullamento della sentenza impugnata
con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia, per la
rideterminazione del trattamento sanzionatorio. La Corte distrettuale, nell’esercizio
dei poteri discrezionali che la legge assegna al giudice di merito, dovrà procedere
alla individuazione della pena ai sensi dell’art. 133 cod,. pen., valutare la misura
della riduzione eventualmente da apportare per le già concesse attenuanti
generiche ed operare infine la riduzione per la scelta del rito abbreviato. Con il solo
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numero dei partecipanti al reato.

limite, derivante dall’effetto preclusivo sopra ricordato, in forza del quale deve
ritenersi formato il giudicato parziale sulla pena finale massima irrogabile al
prevenuto, nella misura di anni sei di reclusione ed C 26.000,00 di multa.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con

punto. Rigetta il ricorso in ordine all’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
Così deciso il 23 marzo 2018.
Il Consigliere estensore
Andrea Montagni

rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia per nuovo giudizio sul

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