Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1839 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1839 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GAZZARA SANTI

Data Udienza: 06/12/2012

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PICCOLO MICHELE N. IL 10/04/1937
2) GAROFALO MICHELE N. IL 30/06/1981
3) MENCOCCO CIPRIANO N. IL 27/11/1964
avverso la sentenza n. 13064/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
15/04/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 444 tf2i2
che ha concluso per I
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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RITENUTO IN FATTO ‘
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 20/1/2009, resa a seguito
di rito abbreviato, dichiarava Michele Piccolo, Michele Garofalo, Cesare Turco,
Domenico Garofalo e Cipriano Mencocco responsabili dei reato di cui agli artt. 110,
81 e 349, commi 1 e 2, cod. pen, perché in due diverse occasioni violavano i sigilli
apposti dai Carabinieri di San Cipriano di Aversa al fabbricato realizzato dai
di multa, gli altri tre imputati a mesi 8 di reclusione ed euro 250,00 di multa,
ciascuno, con concessione a tutti del beneficio ex art, 163 cod. pen..
La Corte di Appello di Napoli, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti nell’
interesse dei prevenuti, con sentenza del 15/4/2010, in riforma del decisum di prime
cure, ha assolto Cesare Turco e Domenico Garofalo dai reati loro ascritti per non
avere commesso il fatto, con conferma nel resto e condanna nei confronti di
Michele Piccolo e Michele Garofalo al pagamento delle spese processuali.
Avverso detta pronuncia ha proposto autonomi ricorsi per cassazione la difesa del
Mencocco, del Michele Garofalo e del Michele Piccolo, con i seguenti motivi:
-per Mencocco:
-nullità della sentenza per manifesta ed incontrovertibile difformità tra motivazione
e dispositivo, rilevato che nella parte motiva il decidente ha escluso ogni
responsabilità a carico dell’imputato in ordine al reato ad esso ascritto e, di poi, nel
predetto dispositivo non ha pronunciato la assoluzione dello stesso;
-per Garofalo:
-l’imputato andava assolto, ex art. 530, co. 2, cod. proc. pen., atteso che dalla
istruttoria dibattimentale non sono emerse prove sufficienti per dimostrare la sua

colpevolezza relativamente alla violazione dei sigilli;
– il decidente ha affermato la responsabilità penale del prevenuto in maniera
apodittica, in difetto di riscontri probatori che potessero sostenere la tesi di accusa;
– i testi escussi hanno reso dichiarazioni confuse, sia sul lavoro che al momento
svolgevano gli operai, sia sulla esistenza di eventuali sigilli precedentemente apposti
e la sentenza si limita a riprodurre stralci di alcune deposizioni testimoniali e ad
affermare la sussistenza degli estremi oggettivi e soggettivi del reato, omettendo del

prevenuti, e condannava il Piccolo alla pena di anni 1 di reclusione ed euro 300,00

tutto il vaglio critico delle risultanze processuali e la riconducibilità del fatto alla
fattispecie criminosa contestata;
-violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla
eccessività del trattamento sanzionatorio, nonostante la concessione delle
attenuanti generiche;

-insussistenza degli elementi concretizzanti il reato contestato, con affermazione
apodittica della responsabilità dell’imputato, il quale mai è stato rinvenuto nel
cantiere;
-difetto di motivazione in relazione alla riconducibilità all’imputato della proprietà
dell’immobile;
– la condotta posta in essere dal prevenuto andava, tutt’al più ricondotta all’illecito
amministrativo ex art. 350 cod. pen.;
-la pena inflitta si palesa del tutto eccessiva.
Alla udienza odierna il difensore del Piccolo ha depositato in atti certificato
attestante il decesso del proprio assistito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare questa Corte, preso atto del certificato rilasciato dal Comune di
Casapesenna, in cui si attesta la morte di Michele Piccolo, rileva che nei confronti di
costui la sentenza impugnata debba essere annullata senza rinvio per essere il reato
estinto per il decesso dell’imputato.
Passando, di poi, all’esame degli ulteriori ricorsi, va rilevato che il motivo formulato
nell’interesse del Mencocco è meritevole di accoglimento.
Infatti, dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la impugnata pronuncia
emerge con netta evidenza come, mentre in parte motiva il decidente abbia escluso

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-per Piccolo:

ogni responsabilità del Mencocco, di Cesare Turco e di Domenico Garofalo in ordine
al reato ad essi ascritto, di contro nel dispositivo, per mera incompletezza graficotrascrittiva, nell’affermare la assoluzione dei predetti, non riporta il nome del
Mencocco.
Ne consegue che la sentenza nei confronti dell’imputato va annullata senza rinvio

Il ricorso del Michele Garofalo è inammissibile.
Osservasi che il prevenuto è stato correttamente ritenuto colpevole dal giudice di
merito: costui fu sorpreso ad eseguire i lavori tanto in occasione del sopralluogo del
16/5/03, che condusse al secondo sequestro del cantiere, quanto in quello del
30/7/03, nel corso del quale fu constatata , ancora una volta, la prosecuzione dei
lavori; circostanze queste che smentiscono di fatto la tesi della buona fede del
prevenuto, secondo la quale lo stesso sarebbe stato inconsapevole della
sottoposizione del cantiere a sequestro.
Il decidente, dunque, perviene nella convinzione della responsabilità del Garofalo a
seguito di una esaustiva e mirata analisi valutativa delle emergenze processuali e
tutte le censure formulata nell’atto di impugnazione tendono ad una rivisitazione
della piattaforma probatoria, sulla quale al giudice di legittimità è precluso
procedere a nuova analisi estimativa. Esula, infatti, dai poteri di questa Corte quello
di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali ( ex multis Cass.
S.U. 2/7/1997, n. 6402).
Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il Garofalo
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 cod. proc.pen., deve, altresì, essere
condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende,
equitativamente fissata, in relazione ai motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

per non avere commesso il fatto.

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei
confronti di Cipriano Mencocco per non avere commesso il fatto; nonché nei
confronti di Michele Piccolo per essere il reato estinto per morte dell’imputato;
dichiara inammissibile il ricorso di Michele Garofalo, che condanna al pagamento
delle spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma il 6/12/2012.

Ammende.

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