Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18385 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18385 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Pesce Vincenzo, nato a Gioia Tauro il 19/11/1986;
Cacciola Giuseppe, nato a Polistena il 12/6/1989;
Macrì Salvatore, nato a Polistena il 16/11/1988;
Michelizzi Antonino, nato a Gioia Tauro il 30/3/1988;
Varane Francesco, nato a Cinquefrondi il 2/4/1987;
Mardecheo Natale, nato a Gioia Tauro il 2/10/1986;
avverso la sentenza 4/4/2012 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenica Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito per l’imputato Pesce Vincenzo, l’avv. Francesco Saverio Fortuna, per
Cacciola Giuseppe e Varone Francesco, l’avv. Gregorio Cacciola, per Macrì
Salvatore, l’avv. Nicola Rao, per Michelizzi Antonino, l’avv. Guido
Contestabile, per Mardecheo Natale, l’avv. Domenico Alvaro, che hanno
concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 05/04/2013

1.

Con sentenza in data 13/12/2010 il Gup presso il Tribunale di Palmi

dichiarò Pesce Vincenzo, Cacciola Giuseppe, Macrì Salvatore, Michelizzi
Antonino, Varone Francesco, Mardecheo Natale colpevoli dei reati di concorso
in tentativo di rapina aggravata ai danni di una sala giochi sita in Gioia Tauro
e di detenzione e porto di una pistola, da considerarsi arma clandestina e di
ricettazione della medesima, condannando Macrì Salvatore e Mardecheo

alla pena di anni 5 di reclusione ed C.800,00 di multa. Dichiarò inoltre
Cacciola Giuseppe e Papalia Giuseppe colpevoli del reato di furto aggravato
di un’autovettura, condannandoli alla pena di anni due di reclusione ed
C.600,00 di multa.
2.

A seguito di appello degli imputati e del Pubblico Ministero, la Corte

d’appello di Reggio Calabria, con sentenza in data 4/4/2012, in parziale
riforma della sentenza del Gup, rideterminava la pena inflitta a Pesce
Vincenzo, Cacciola Giuseppe, MictigAntonino e Varone Francesco in anni

4

4 di reclusione ed C. 600,00′ confermando le condanne inflitte a Macrì
Salvatore, Mardecheo Natale e Papalia Giuseppe.

3.

Avverso tale sentenza propongono ricorso Pesce Vincenzo, Cacciola

Giuseppe, Macrì Salvatore, Michelizzi Antonino, Varone Francesco e
Mardecheo Natale personalmente o per mezzo del rispettivi difensori di
fiducia.
4.

Pesce Vincenzo solleva tre motivi di ricorso con i quali deduce:

4.1

Violazione di legge in relazione agli artt. 56 e 628 cod. pen. Al

riguardo si duole che i giudici del merito non abbiano riconosciuto la
circostanza della desistenza volontaria, quale si desumeva da una
intercettazione ambientale, effettuata circa tre ore prima dell’arresto, nella
quale il prevenuto esortava gli altri concorrenti a non fare più niente;
4.2

Violazione di legge in relazione ai reati di ricettazione, detenzione e

porto illecito di una pistola, arma clandestina. Al riguardo eccepisce che la
pistola fu rinvenuta nell’autovettura guidata dal Cacciola e che dagli atti
non emergono elementi da cui si possa rilevare la consapevolezza del Pesce
del possesso della pistola da parte degli altri concorrenti nel reato, né la
volontà degli imputati di utilizzare una pistola per la rapina;
4.3

Violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi della

2

Natale alla pena di anni sei di reclusione ed C.1.000,00 di multa e gli altri

mancata concessione delle attenuanti generiche e della dosimetria della
pena.
5

Cacciola Giuseppe e Varone Francesco sollevano tre motivi di ricorso

con i quali deducono:
5.1

Violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione con

riferimento al reato di tentata rapina ed ai reati relativi alle armi. Al
riguardo contestano la sussistenza degli estremi del delitto tentato ed

intercettazioni) escludono in maniera chiara e categorica che all’atto
dell’intervento delle forze dell’ordine gli imputati stessero facendo irruzione
nel locale. Infatti al momento dell’intervento dei Carabinieri l’autovettura
con a bordo Cacciola Giuseppe, Macrì Salvatore, Michelizzi Antonino e
Varone Francesco procedeva in direzione di Rosarno, mentre l’ultima
conversazione intercettata nell’autovettura condotta da Pesce Vincenzo dà
conto della decisione di lasciar perdere e/o eventualmente rimandare
l’azione criminosa programmata. Eccepiscono, inoltre, la desistenza
volontaria dal proposito criminoso. Infatti dalle conversazioni intercettate
emerge che il Cacciola ed il Varone hanno espresso ripetutamente
perplessità ed incertezze, tanto che il Pesce alla fine si esprime dicendo
“non facciamo niente, dai andiamocene”. Contestano, quindi, le conclusioni
a cui è pervenuta la sentenza impugnata che, in punto di desistenza,
avrebbe escluso la volontarietà del recesso dall’azione criminosa.
5.2

Il Varrone, inoltre, si duole della condanna per i reati relativi al

possesso della pistola, assumendo che l’arma era posseduta dal solo
Cacciola.
5.3

Infine, entrambi i ricorrenti si dolgono dell’eccessività della pena.

6.

Macrì Salvatore solleva tre motivi di ricorso con i quali deduce:

6.1

Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento agli

artt. 56 e 628 cod. pen. Al riguardo si duole che i giudici del merito abbiano
anticipato la soglia di punibilità del tentativo facendovi rientrare anche gli
atti preparatori non punibili, dovendosi escludere che nella fattispecie gli
imputati avessero posto in essere atti esecutivi;
6.2

Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento agli

artt. 56 e 628 cod. pen. In proposito si duole che i giudici del merito non
abbiano ritenuto la circostanza della desistenza volontaria, desumibile dal

3

eccepiscono che gli elementi processuali (ed in particolare le

tenore delle conversazioni ambientali intercettate, dalle quali si evince che i
prevenuti avevano deciso di rinunziare o almeno di rinviare l’azione
criminosa progettata;
6.3

Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento ai reati

legati al possesso dell’arma. Al riguardo deduce che non vi è prova certa
che il ricorrente fosse a conoscenza della presenza dell’arma che il
coimputato Cacciola aveva ben occultato all’interno della propria

7

Michelizzi Antonino solleva quattro motivi di ricorso con i quali

deduce:
7.1

Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento agli

artt. 56 e 628 cod. pen. Al riguardo eccepisce che l’azione si è arrestata al
di sotto della soglia di punibilità del tentativo per difetto del carattere
dell’univocità degli atti compiuti dagli imputati. Inoltre si duole che la Corte
territoriale non abbia tenuto conto delle conversazioni intercettate fra il
Pesce e gli altri coimputati dalle quali emerge che, essendo emerse
perplessità e titubanze da parte di alcuni partecipanti, i prevenuti avevano
volontariamente desistito dall’azione e stavano facendo rientro a Rosarno
quando furono fermati dai Carabinieri;
7.2

Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento all’ art.

81 cod. pen, dolendosi dell’aumento della pena per la continuazione
reputato eccessivo;
7.3.

Violazione dell’art. 133 cod. pen., dolendosi di pena sproporzionata;

7.4

Violazione dell’art. 62 bis cod. pen. per la omessa concessione delle

attenuanti generiche.
8

Mardecheo Natale solleva quattro motivi di ricorso con i quali

deduce:
6.1

Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento agli

artt. 56 e 628 cod. pen. In proposito eccepisce che l’azione non aveva
raggiunto la soglia del tentativo punibile per mancanza di idoneità degli atti
in quanto i Carabinieri di Gioia Tauro tenevano sotto ccli ntrollo l’azione
criminosa attraverso l’ascolto in diretta e la localizzazione dell’autovettura
del Varone attraverso il sistema GPS, inoltre delle autocivetta erano state
posizionate proprio di fronte alla sala giochi, di guisa che si verterebbe
nell’ipotesi del tentativo impossibile.
4

autovettura. Infine si duole del trattamento sanzionatorio.

6.2

Vizio della motivazione con riferimento all’invocata desistenza dal

delitto programmato. Al riguardo richiama il contenuto delle intercettazioni
ambientali fra il Mardecheo ed il Pesce dalle quali emerge l’indecisione di
tutti gli imputati, sfociata poi nella decisione di rinunziare a compiere
l’azione criminosa. Obietta che, al momento dell’intervento dei Carabinieri il
ricorrente non si trovava più insieme agli altri prevenuti e si era
allontanato, dovendosi, perciò escludere che intendesse prendere parte

l’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava la misura cautelare a
suo carico.
6.3

Assoluta mancanza di motivazione con riferimento al quarto motivo

d’appello con il quale la difesa aveva dedotto un errore di calcolo nella
determinazione della pena;
6.4

Mancanza ed illogicità nella determinazione della pena. Al riguardo

si duole che per quattro coimputati la Corte aveva ridotto la pena per
adeguarla al caso concreto, lasciandola, invece, invariata nei confronti del
Mardecheo e del Macrì.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

In via preliminare deve essere affrontato il tema sollevato da tutti i

ricorrenti relativo alla sussistenza nel caso di specie degli estremi della
condotta che integrino il tentativo punibile.
2.

In punto di diritto, in ordine ai principi applicabili in tema di

tentativo, l’argomento è stato compiutamente esaminato da questa Sezione
con la sentenza n. 28213/2010, Rv. 247680 e, da ultimo, con la sentenza
n.36536/2011, (Rv. 251145) che ha statuito che hanno rilievo, nell’ambito
della fattispecie di tentativo, non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma
anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, per le circostanze
concrete facciano fondatamente ritenere che l’azione abbia la rilevante
probabilità di conseguire l’obbiettivo programmato e che l’agente si trovi
ormai ad un punto di non ritorno nella realizzazione del delitto, e che esso
sarà commesso a meno che non risultino percepibili incognite che pongano
in dubbio tale eventualità, dovendosi, a tal fine, escludere solo quegli eventi
imprevedibili non dipendenti dalla volontà del soggetto agente.

5

all’azione e richiama due pronunzie della S.C. che avevano annullato

3.

Tanto premesso in diritto, richiamata la dinamica dei fatti così come

accertata dai giudici del merito, non può dubitarsi che nella fattispecie
sussistano gli estremi del tentativo poiché gli agenti hanno compiuto una
serie di atti (perlustrazione dei luoghi, reperimento delle autovetture con cui
allontanarsi dopo il fatto, studio del percorso da seguire per la fuga,
predisposizione di una pistola con relativo munizionamento e di quattro
passamontagna) destinati inequivocabilmente a sfociare nell’azione

Carabinieri che hanno tratto in arresto quattro dei cinque imputati.
4.

In proposito appare priva di fondamento la tesi sostenuta dalla

difesa di Mardecheo della configurabilità nel caso in esame del reato
impossibile. Perché un’azione possa considerarsi inidonea agli effetti dell’art.
49 c.p., comma 2, in relazione all’art. 56 c.p., è infatti necessario che la sua
incapacità a produrre l’evento sia assoluta, intrinseca e originaria per
inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato, in maniera da non
consentire neppure in via eccezionale l’attuazione del proposito criminoso, e
tale risulti secondo una valutazione effettiva da compiersi risalendo al
momento iniziale dell’azione, indipendentemente da ogni intervento che in
concreto abbia impedito la realizzazione dell’evento (Cass. sez. 2^ 14
gennaio 2004 n. 7630, Argenta; sez. 1 31 marzo 1992 n. 5450,
Montecasino). Nel caso di specie l’organizzazione dell’azione criminosa, la
distribuzione dei ruoli tra i partecipanti, la disponibilità di autoveicoli e armi
rendeva concretamente idonea l’attività svolta ad attuare il proposito
criminoso, nonostante l’attività investigativa in corso.
5.

Resta da esaminare la tesi della desistenza volontaria fondata sul

contenuto delle intercettazioni ambientali, richiamate nella sentenza di
primo grado dalle quali emerge che dopo uno scambio di battute, alle
20.08.32 Pesce Vincenzo pronunzia queste parole: <>.
9.

Nel caso di specie l’avvertita presenza dei Carabinieri costituisce un

fattore che avrebbe potuto rendere gravemente rischiosa la prosecuzione

dell’ipotetico recesso. Tuttavia, anche diversamente opinando, non
resterebbe, comunque, travolta la compattezza logica delle conclusioni a cui
sono pervenuti i giudici del merito in quanto, per le ragioni su esposte, deve
escludersi, in via di fatto, che gli agenti avessero rinunziato a portare a
termine l’azione criminosa.
10.

Infine, quanto alla posizione del Mardecheo, il fatto che costui si

fosse allontanato dal gruppo e non risultasse più presente a bordo delle due
autovetture al momento del controllo dei Carabinieri, non può essere
interpretato come desistenza dall’azione poiché dalle intercettazioni
ambientali, richiamate nella sentenza impugnata, risulta che egli sollecitava i
suoi complici ad agire e stigmatizzava la loro indecisione. L’allontanamento
del Mardecheo trova la sua naturale spiegazione nel fatto che egli aveva
esaurito il suo ruolo di basista e che non faceva parte del gruppo che
avrebbe dovuto fare irruzione nell’esercizio pubblico (che doveva essere
composto da quattro persone come dimostra il fatto che sono stati ritrovati
quattro passamontagna).
11.

Di conseguenza tutti i ricorsi devono essere rigettati in punto di

responsabilità in ordine al delitto di rapina tentata.
12.

Ugualmente devono essere respinti i motivi di ricorso presentati da

tutti i prevenuti, escluso il Cacciola, in ordine alla responsabilità per i reati
relativi alla detenzione della pistola. Dalle conversazioni intercettate, infatti,
emerge che il Pesce ed il Mardecheo, che non si trovavano a bordo
dell’autovettura condotta dal Cacciola, dove la pistola è stata rinvenuta,
erano perfettamente consapevoli della disponibilità della pistola da parte del
gruppo. L’uso della pistola, pertanto, rientrava, al pari dei passamontagna
negli strumenti pianificati per l’azione a cui tutti gli imputati hanno
concorso. Nessuna censura, pertanto, può essere mossa alla sentenza
impugnata che ha ritenuto tutti gli imputati responsabili delle detenzione
dell’arma in concorso.

8

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dell’azione, quindi, di per sé idoneo ad escludere la volontarietà

13.

Ad uguali conclusioni deve pervenirsi per le censure in punto di

dosimetria della pena e di mancata concessione delle attenuanti generiche.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la
determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi
edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125,
comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi espressioni come “pena
congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità

29/05/2007 Ud.

(dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’ stato, poi,

ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione in ordine
alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti
per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore
alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a
dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni
del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il
richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009) Rv. 245596).
Nel caso di specie la pena inflitta a ciascun imputato è molto al di sotto
della misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.
14.

Deve essere accolto, invece, lo specifico motivo sollevato da

Mardecheo Natale in or ine all’errore compiuto dal giudice di primo grado
nel calcolo della penar: Gup, infatti, ha fissato la pena base per il reato più
grave in anni 5 di reclusione (corrispondente a mesi 60); ha aumentato di
due terzi la pena base per la recidiva, ex art. 99, commi 4 e 5 (mesi 60 +
40 = mesi 100), quindi ha provveduto ad aumentare la pena per la
continuazione di ulteriori sei mesi (Si perviene così a mesi 106). Sulla pena
così determinata è stata applicata la riduzione di 1/3 per il rito.
Erroneamente il Gup ha determinato la pena finale in 6 anni di reclusione.
In realtà, riducendo di 1/3 la pena come sopra determinata si perviene ad
una pena di anni 5 e mesi 10 e gg. 20 di reclusione.
15.

Di conseguenza ai sensi dell’art. 619, 2° comma, si deve provvedere
ottrv4r4:”,
alla rettifica della penwrinflitta a Mardecheo Natale senza pronunciare
annullamento ggibt” $fiffita ,
16.

1

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Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento. Di conseguenza tutti i ricorrenti

9

del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del

devono essere condannati al pagamento delle spese processuali ad
eccezione di Mardecheo.

P.Q.M.

Visto l’art. 619, secondo comma cod. proc. pen., ridetermina la pena
detentiva inflitta a Mardecheo Natale in anni 5, mesi 10 e giorni 20 di

Rigetta i ricorsi di Pesce Vincenzo, Cacciola Giuseppe, Macrì Salvatore,
Michelizzi Antonino e Varone Francesco che condanna al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso, il 5 aprile 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

reclusione. Rigetta nel resto il ricorso del Mardecheo;

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