Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1838 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1838 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Salzillo Enrico

nato il 6.10.1983

avverso la sentenza del 23.5.2011
della Corte di Appello di Napoli
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del RG., dr. Aldo Policastro, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

Data Udienza: 06/12/2012

1. Con sentenza del 23.52011 la Corte di Appello di Napoli in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in composizione
monocratica, del 27.32008, con la quale Salzillo Enrico, previo riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena dì mesi 8
di reclusione ed euro 200,00 di multa per il reato di cui agli artt.110 c.p. e.349
c.p., revocava la condizione apposta alla sospensione condizionale della pena.
Rilevava la Corte territoriale, richiamando la motivazione della sentenza di primo
grado, che non potevano esservi dubbi sulla penale responsabilità dell’imputato,
rinvenuto sul posto sia in occasione del primo accertamento dell’abuso edilizio,
con conseguente sequestro, sia in occasione dell’accertamento della violazione
dei sigilli.
La pena inflitta poi risultava congrua, per cui era insuscettíbile di riduzioni di
sorta.
2. Ricorre per cassazione Salzillo Enrico, a mezzo del difensore, denunciando la
violazione di legge in relazione agli artt.192 c.p.p. e 349 c.p. e la manifesta
illogicità della motivazione.
La Corte territoriale si è limitata a richiamare la motivazione della sentenza di
primo grado senza tener conto dei rilievi contenuti nei motivi di appello in ordine
alle dichiarazioni del coimputato Del Villano Cipriano, acquisite ex art.513 c.p.p.,
il quale aveva escluso qualsiasi responsabilità del nipote, specificando che il
predetto si trovava occasionalmente sul posto al momento dell’accertamento.
Con il secondo motivo denuncia la violazione dì legge e la manifesta illogicità
della motivazione in relazione all’entità della pena inflitta ed alla mancata
concessione del beneficio della non menzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. E’ pacifico che, nell’Ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due
motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed
inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della
motivazione. Allorchè, quindi, le due sentenze concordino nell’analisi e nella
valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni,
la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella
precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (cfr. ex multis
Cass.sez.1 n.8868 del 26.6.2000-Sangiorgi; cfr.anche Cass.sez.un.n.6682 del
4.2.1992; Cass.sez.2 n.11220 dei 13.1.1997; Cass.sez.6 n.23248 del 7.2.2003;
Cass.sez.6 n.11878 del 20.1.2003).
3. I Giudici dì merito hanno ampiamente argomentato in ordine all’apporto
pienamente consapevole fornito dal ricorrente in relazione alla commissione della
violazione dei sigilli.
Già Il Tribunale, nell’affermare la penale responsabilità dell’imputato, aveva
evidenziato che il Salzillo dovesse rispondere del contestato concorso (con il
custode Del Villano °orlano) nel reato di cui all’art.349 c.p. per la reiterata
presenza sul cantiere, per di più “con abiti di lavoro e Intento all’opera in
occasione dell’ultimo sopralluogo”; inoltre, il prevenuto era perfettamente
consapevole dell’esistenza del vincolo, essendo stati i sigilli apposti in sua
presenza.
La Corte territoriale, nel richiamare
siffatta esaustiva e condivisibile
2

RITENUTO IN FATTO

4. Quanto al trattamento sanzionatorio il Tribunale aveva dato conto dei criteri
adottati nell’esercizio del potere discrezionale nella determinazione della pena,
facendo riferimento alla pervicacia nella continuazione della realizzazione
dell’opera abusiva, nonostante il vincolo reale sull’immobile, ed alla notevole
entità dell’abuso.
In presenza dì un appello assolutamente generico, con cui sì lamentava
l’eccessiva severità della pena inflitta, la Corte territoriale correttamente si è
limitata ad osservare che essa risultava congrua in relazione a tutti criteri di cui
all’art.133 c.p., già tenuti presenti dal primo giudice, per cui era insuscettibile di
riduzione.
Inammissibile era poi il motivo in ordine alla non menzione, essendosi
l’appellante limitato a farne richiesta senza specificare le ragioni di diritto e gli
elementi di fatto su cui era fondata la richiesta medesima (art.581 co.1 lett.c)
c. p. p.).
5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 6.12.2012

motivazione, sottolineava, in riferimento ai rilievi contenuti nell’atto di appello,
che non si trattava di una mera ed occasionale presenza sul posto, essendo tale
presenza reiterata nel corso del tempo; l’imputato era, infatti, presente sia in
data 14.11.2005, in occasione del sequestro, sia soprattutto in data 14.11.2006,
quando, nonostante l’apposizione dei sigilli (avvenuta in sua presenza) egli fu
addirittura sorpreso mentre era ‘Intento ad eseguire I lavori”.

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