Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18370 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18370 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DANIELE ANTONIO N. IL 13/01/1977
avverso l’ordinanza n. 345/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 16/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. D.SC‹,/
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Uditi di ensor Avv.;

1-1A

Data Udienza: 16/04/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 16 marzo 2012 la Corte di Appello di Reggio Calabria,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, accoglieva parzialmente l’istanza, che
rigettava nel resto, proposta da Antonio Daniele per l’applicazione in sede esecutiva
della continuazione tra i reati indicati nell’istanza stessa ed unificava tra loro i quelli
giudicati con le pronunce nn. 1,2,3, rideterminando la pena complessiva in anni
ventidue e mesi sei di reclusione. Riteneva ostativo all’accoglimento integrale della
richiesta il rilievo circa: a) la distanza temporale tra la commissione dei reati
concernenti gli stupefacenti in contesto associativo, 2002-2005, e quelli contro il

di droga commesso nel 1998; c) la disomogeneità delle condotte per oggetto materiale
e contesti spaziali e soggettivi di realizzazione
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo del difensore il quale ha articolato i seguenti motivi:
a)

violazione degli artt. 81, 133 c.p. in combinato disposto con gli artt. 125 c.p.p. e

546 lett. e) c.p.p. nonché carente ed erronea motivazione per non avere la Corte di
Appello di Reggio Calabria, nel riconoscere all’ odierno ricorrente il vincolo della
continuazione tra le sentenze di cui ai numeri 1, 2 e 3, rideterminato la pena con
applicazione della diminuente prevista per la scelta del rito abbreviato;
b) violazione dell’art. 81 cod.pen. in combinato disposto con gli artt. 125 c.p.p. e 546
lett. e) c.p.p. nonché carente ed erronea motivazione in ordine al computo erroneo
dell’aumento per i reati satellite di cui all’art. 73 DPR 309/90, in quanto, dopo avere
individuato nella pena di cui alla sentenza n. 1 della medesima ordinanza la pena base,
non aveva scorporato quella relativa ai reati di cui all’art. 73 DPR 309/90 ed aveva
calcolato due volte l’aumento la pena inflitta per i reati di cui alla sentenza n. 1
c) violazione dell’art. 81, 133 c.p. in combinato disposto con l’art. 187 att. c.p.p e l’art.
546 lett. e) c.p.p. nonché carente ed erronea motivazione circa la individuazione della
violazione più grave, che avrebbe dovuto essere considerata quella inflitta con la
sentenza n. 2, in quanto in concreto più elevata e pari a 12 anni di reclusione, secondo
quanto prescritto dalla norma di cui all’art. 187
d)

violazione dell’art. 671 c.p.p. in combinato disposto con l’art. 125 c.p.p. nonché

carente ed erronea motivazione per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto
insussistenti i requisiti per unificare per continuazione i reati di cui alle sentenza n. 4,
6, 7, 8 dell’istanza, sebbene le condotte relative fossero analoghe per tipologia ed
epoca di commissione e fossero state poste in essere per reperire i finanziamenti,
necessari per l’acquisito di sostanza stupefacente.
3. Con requisitoria scritta depositata il 14 novembre 2012 il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione, dr. Oscar Cedrangolo, ha chiesto l’annullamento con
rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla individuazione del reato più
grave ed alla determinazione della pena per i reati satellite con applicazione
diminuente per il rito abbreviato, ritenendo inammissibili i restanti motivi di rico’ .

Considerato in diritto

patrimonio, risalenti agli anni 1996-1998; b) la distanza tra i primi e quello di cessione

Il ricorso è solo parzialmente fondato e va accolto nei limiti in seguito specificati.
1. I primi tre motivi di gravame sollevano fondate questioni in ordine al
procedimento di computo della pena complessiva determinata dalla Corte territoriale
per i reati giudicati con le sentenze:
– 7/12/2006 della Corte di Appello di Messina, irrevocabile in data 8/05/2008, con la

per il reato di cui all’art. 74 del D.P.R. n. 309/90, consumato dall’11/04/2002 fino alla
06/03/2003, nonché per i reati di cui all’art. 73 stesso D.P.R., consumati il
29/04/2002, 8/05/2002, 24/05/2002, 09/10/2002, 21/01/2003 e 23/02/2003;
– 5/03/2009 della Corte di Appello di Reggio Calabria, irrevocabile il 6/07/2010, con la
quale il Daniele era stato condannato alla pena finale di anni dieci di reclusione per il
reato di cui all’art. 74 del D.P.R. n.309/90, consumato in Rosarno il 22/04/2005;
– 18/2/2008 del GUP del Tribunale di Catania, irrevocabile il 06/04/2008, con la quale
egli era stato condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro
4.000,00 di multa, per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/90, accertati tra
il luglio e l’agosto 2003 tra Rosarno e Noto.
1.1 Come denunciato col ricorso, la motivazione del provvedimento gravato
individua quale violazione ritenuta più grave “in quella di cui al n. 1”, ma omette di
considerare che tale pronuncia aveva già unificato tra loro per continuazione più reati,
quello associativo e diversi singoli episodi di detenzione e cessione di stupefacenti, il
che già di per sé avrebbe richiesto una specifica indicazione su quale tra questi doveva
considerarsi il reato di maggior gravità.
1.2 Inoltre, anche a voler ritenere che i giudici dell’esecuzione avessero inteso
aderire implicitamente al calcolo riportato nella sentenza della Corte di Appello di
Messina del 7/12/2006, irrevocabile in data 8/05/2008, sarebbero egualmente incorsi
in violazione di legge, dal momento che il reato giudicato nei riguardi del Daniele e
punito con pena in concreto più elevata, pari ad anni dodici di reclusione, era quello
associativo di cui alla sentenza resa il 5/03/2009 dalla stessa Corte di Appello di
Reggio Calabria e che quindi, in ossequio ai criteri dettati dall’art. 187 disp. att. cod.
proc. pen., avrebbe dovuto essere preso in considerazione quale base di calcolo per
pervenire alla pena per il reato continuato.
1.3 Invero, questa Corte ha già più volte affermato che, in tema di applicazione
della continuazione in sede esecutiva in ordine a fatti criminosi giudicati con più
sentenze di condanna, il giudice deve assumere quale pena base quella inflitta

nel

giudizio di cognizione per la violazione più grave in concreto, mentre dovrà
determinare secondo le proprie discrezionali valutazioni le porzioni di pena per i reati
satellite, unificati con quello considerato di maggiore gravità, potendo per essi
pervenire anche ad una determinazione di pena superiore a quella stabilita nei sin
titoli giudiziali con l’unico limite di non eccedere dal cumulo materiale delle pene/

quale il Daniele era stato condannato alla pena di anni dodici e mesi sei di reclusione,

(Cass., Sez. 1, n. 6557 del 29/11/1999, Aperi; sez. 1, n. 32277 del 25/2/2003, Mazza,
rv. 225742; sez. 1, n. 24597 del 13/05/2004, Raimondo, rv. 228338; sez. 1, n. 46905
del 10/11/2009, Castorina, rv. 245684).
In altri termini, la disciplina dettata dal combinato disposto degli artt. 81 cpv.
cod. pen. e 671 cod. proc. pen., quando all’imputato non sia contestata la recidiva a
norma dell’art. 99 comma quarto cod pen., non limita la libertà discrezionale del
giudice anche in sede esecutiva di stabilire la quantità dell’aumento di pena da

giorno solo di reclusione o arresto sino al limite massimo della materiale sommatoria di
tutte le singole pene riportate. Ciò che né le norme giuridiche, né mai l’interpretazione
offertane da questa Corte hanno sostenuto è che l’aumento per i reati di minore
gravità debba essere unico, essendo al contrario necessario, se non già effettuato dal
giudice della cognizione, individuare la porzione di pena per ciascuno di essi
singolarmente considerato.
2. L’ordinanza impugnata, che pure presenta un apparato motivazionale diffuso,
diligente ed analitico quando affronta la disamina delle singole fattispecie giudicate,
incorre in altro errore giuridico allorchè indica la sanzione da applicare in aumento
sulla pena base per ciascuno dei reati satellite, senza specificare il relativo
procedimento di computo, di modo che è inibito comprendere se sia o meno già
avvenuta, -cosa possibile ma non esplicitata dalle argomentazioni presenti-,
l’applicazione della diminuente di un terzo per il rito abbreviato per ciascuna porzione
di pena.
2.1 I rilevati errori nel calcolo della pena e la descritta carenza giustificativa sulla
considerazione della diminuente, che si traduce in altro profilo di violazione di legge in
riferimento al disposto dell’art. 442 cod. proc. pen., comma 2, impone l’annullamento
parziale del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Reggio
Calabria per nuovo esame che tenga conto dei superiori rilievi.
3.

E’, invece, inammissibile per manifesta infondatezza ed aspecifica

formulazione l’ultimo motivo di ricorso: l’ordinanza impugnata, come già detto assai
attenta nella valutazione delle vicende fattuali già giudicate, ha adeguatamente
motivato l’insussistenza dei presupposti per unificare per continuazione tutti gli episodi
criminosi commessi dal Daniele e ha preso in esame, confutandolo, anche l’argomento
secondo il quale i reati contro il patrimonio sarebbero stati realizzati per procurare il
denaro da investire nelle operazioni riguardanti gli stupefacenti, avendo al riguardo
rilevato, non soltanto la distanza temporale di almeno quattro anni tra i primi e le
condotte commesse nel contesto associativo, ma anche che, per avere riguardato un
motociclo ed una Fiat Uno, quindi beni di modesto valore, la loro acquisizione non
avrebbe consentito al Daniele di procurarsi quanto avrebbe investito dal 2002 in poi in
affari di droga, gestiti su larga scala e tra più regioni.
Sotto tale ultimo profilo l’ordinanza ha giustificato la decisione assunta in modo
razionale, lineare ed immune da vizi giuridici e logici, resistendo dunque alle censure
che le sono state mosse.

applicare su quella inflitta per la violazione ritenuta più grave, potendo spaziare da un

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazoone della pena per
continuazione e rinvia per nuovo esame al riguardo alla Corte di Appello di Reggio
Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2013.

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