Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18363 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18363 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GELMI MARIA ROSA N. IL 03/02/1953
avverso l’ordinanza n. 3/2012 TRIBUNALE di ROVERETO, del
22/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
lette/site le conclusioni del PG Ekitt.
21-2.1›, e14,, ok.a

Udit i difensor Avv.

COC>0

Data Udienza: 10/04/2013

Ritenuto in fatto
1.

Con ordinanza del 22.2.2012 il Tribunale di Rovereto , in composizione

monocratica ed in veste di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di applicazione
del reato continuato formulata da GELMI Maria Rosa, sul presupposto che i due reati
pei quali l’istanza era stata avanzata ( furto ed associazione a delinquere diretta a
commettere truffe e ricettazioni) erano lontani tra loro nel tempo,

essendo

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la difesa della
prevenuta per dedurre violazione dell’art. 671 cod.proc.pen., erronea applicazione
dell’art. 81 cod.pen. , manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. La
difesa fa rilevare l’omogeneità delle violazioni, la sistematicità e contiguità temporale
con cui le azioni delittuose sono state commesse , indicativi di un elemento finalistico
che avrebbe cementato le varie azioni delittuose , quali lo scopo unitario dell’azione.
Tale indice particolarmente pregnante avrebbe dovuto fare superare le perplessità
conseguenti alla distanza temporale, poiché di particolare valenza.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato.
L’art. 671 cod.proc.pen. attribuisce al giudice il potere di applicare ”

in

executivis” l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati
separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 81
cod. pen. Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in
sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione,
stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti
dall’art. 671 menzionato. Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso
non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della
condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la
causale, le condizioni di tempo e di luogo. Anche attraverso la constatazione di alcuni
soltanto di detti indici- purché siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in
direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve
accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole
violazioni.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per aversi unicità del
disegno criminoso occorre che in esso risultino ricomprese le diverse azioni od

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riconducibili il primo al 25.4.2005 ed il secondo al 18.9.2002.

omissioni sin dal primo momento e nei loro elementi essenziali, nel senso che,
quando si commette la prima azione, già si siano deliberate tutte le altre, come
facenti parte di un tutto unico. Le singole condotte, quindi, devono essere ricollegate
ad un’unica previsione, di cui i diversi reati costituiscano la concreta realizzazione,
cosicché i reati successivamente commessi devono essere delineati fin dall’inizio nelle
loro connotazioni essenziali, non potendo identificarsi il requisito psicologico indicato
nell’art. 81 cod.pen. con un generico programma delinquenziale.
in sede di legittimità: nel caso di specie il provvedimento del Tribunale di Rovereto è
conforme a tali principi giuridici, in quanto nella sua essenzialità, dimostra che la
notevole distanza temporale tra le condotte è stata ritenuta fattore ad attitudine
dimostrativa ( non ricorrendo prova contraria) del fatto che la commissione dell’ultimo
fatto delittuoso ( 2005) non fu progettato fin dal 2002 , anno a cui risale il reato di
associazione a delinquere.
E’ noto come l’identità del movente non sia di per sé sufficiente a configurare
l’unicità del disegno criminoso, che non va confuso con il generico proposito di
commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto, non
legittimando la presunzione di medesimezza del disegno criminoso né l’omogeneità
delle varie violazioni della legge penale, né la permanenza del proposito criminoso,
elementi questi indicativi unicamente del movente sotteso ai reati posti in essere,
non costituenti prova della originaria ideazione e deliberazione di tutte le violazioni
nei loro caratteri essenziali, sintomatiche dell’istituto della continuazione.
Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ; a tale
declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente , consegue la sua condanna al
pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si
determina in euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende , giusto il disposto
dell’art. 616 cpp, così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della
Corte Costituzionale n. 186/2000 .
p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende
Così deciso in Roma addì 10 Aprile 2013.

La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile

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