Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1836 del 27/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1836 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Strazzeri Carmelo, nato a Catania il 13.5.1967
D’Amico Giuseppe nato a Catania il 7.4.1962
Fichera Salvatore nato a Catania 23.3.1959
avverso la sentenza 1173/2012 della Corte d’appello di Venezia, 3a
sezione penale, datata 8.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale, Edoardo Vittorio Scardaccione , che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi;

1

Data Udienza: 27/09/2013

udito per gli imputati Carmelo Strazzeri e Giuseppe D’Amico, il difensore
di fiducia, avv. Salvatore Patanè, che, preliminarmente , eccepisce la
nullità dell’ordinanza deIr8.10.2012 ed insiste per raccoglimento del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Venezia, in
parziale riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Verona , in data

alle quali era intervenuta condanna,
1) per il reato p. e p. dagli artt.110, 628 co. 3 n.1 c.p., perché in concorso tra di
loro, il D’Amico e lo Strazzeri entrando materialmente nell’Ufficio Postale e il
Fichera fungendo da guidatore del mezzo usato per la fuga, al fine di trame
profitto, minacciavano di morte Corestini Gianni puntandogli contro una pistola
mentre costui si apprestava ad aprire gli sportelli dell’Ufficio Postale e sottraevano
cosi la somma di 44.800,00 Euro e L. 14.259.645;
2) per il reato p. e p. dagli artt605,61 n. c.p. perché, in concorso tra di loro al
fine di assicurarsi il profitto del reato sub. 1), prendevano in ostaggio, privandoli
della libertà, Ferrari Barbara. Rettondini Luca e Bissoli Fabrizio ai quali puntavano
contro una pistola dopo averli immobilizzati, liberandoli solo al momento della
fuga;
3) del reato p. e p. dagli artt.81,110 c.p., 2 e 4 L 895/67 e successive modifiche,
perche in concorso tra di loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso,
detenevano illegalmente e portavano in luogo pubblico le armi usate per compiere
i reati sub 1) e 2);
4) del reato p. e p. dagli artt. 110,. 648 c.p.perché, in concorso tra di loro, al fine
di trame profitto, per compiere la rapina sub 1) acquistavano o, comunque
ricevevano, l’autovettura Fiat Uno Tgt. VI 794818 provento di furto in danno di
Guizzaro Franco
Reati commessi ed accertati in Bevilacqua il 5.3.02
recidiva generica per Fichera, specifica per Strazzeri ;specifica e
reiterata per D’amico
a) del delitto di cui agii artt. 110 c.p. e 2, 4 e 7 L.895/67 perché, in concorso tra
loro, illegalmente detenevano e portavano in luogo pubblico due pistole calibro
7,65 marca Bemardelli Gardone complete dì caricatore, nonché di n. 1 caricatore
calibro 7,65; fatto accertato a Catania il 6.3. 20Q2.Con la recidiva specifica per
Strazzeri
b) del delitto di cui agli artt. 110 c.p. e 23, co. 3 e 4 (l° periodo), L. 110/75
perché, in concorso tra loro, detenevano e portavano in luogo pubblico due
pistole calibro 7,65 marca Bemardelli Gardone (indicate nel superiore capo a) )
aventi il numero di matricola abraso, fatto accertato in Catania 8.6.3.2002
e) del delitto di cui agli artt. 110 e 648 c.p. perché, in concorso tra loro, al fine di
procurarsi un profitto, acquistavano o comunque ricevevano due pistole calibro
7,65 marca Bemardelli Gardone (indicate nel superiore capo a) ) provento del
delitto di cui all’art. 23, co. 4 (11 0 periodo) L. 110/75. fatto accertato in Catania il
6.3.2002 .Con la recidiva specifica per il D’Amico
d) deila contravvenzione di cui agli artt. 110 e 697 c.p. perché in concorso tra
loro detenevano numero 54 munizioni calibro 7,65 senza averne fatto denuncia
all’autorità. Fatto accertato in Catania il 6.3.2002

20.2.2004 , in relazione alle imputazioni di seguito indicate ed in ordine

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il

dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine al
capo d) perché estinto per prescrizione e, assorbito il capo A nel capo 3),
rideterminava la pena inflitta a D’Amico Giuseppe e Strazzeri Carmelo ad
anni cinque di reclusione ed C 800 di multa ciascuno e a Fichera
Salvatore ad anni quattro di reclusione ed C 800 di multa.
1.1 Avverso tale sentenza propongono ricorso i difensori dei tre imputati

indicati :
Avv. Salvatore Patanè per Strazzeri e D’Amico:
Con due distinti ricorsi aventi lo stesso contenuto, il ricorrente lamenta :
a) carenza di motivazione del provvedimento in ordine alla censura di
omessa motivazione e travisamento della prova dichiarativa-ricognitiva ,
avendo la Corte erroneamente affermato che i rapinatori erano stati
riconosciuti con certezza dai testi perché non erano travisati mentre era
emerso ,successivamente al riconoscimento fotografico, che i due
rapinatori entrati in banca erano camuffati con barba e baffi ed inoltre si
evidenziavano patenti discrasie, nelle descrizioni dei rapinatori fatte
dai diversi testi, alle quali la Corte non aveva attribuito il giusto rilievo
probatorio;
medesima censura riguarda i seguenti elementi:

interpretazione dei tabulati telefonici effettuata con una errata lettura

delle annotazioni relative agli orari e ai numeri telefonici,inserite nei
prospetti trascritti;
– la valutazione circa le dichiarazioni degli imputati ;
– il giudizio circa la rilevanza della notizìa,non comprovata,che il denaro

,chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo i motivi di seguito

rinvenuto nella disponibilità degli imputati era stato assegnato dalla
Banca d’Italia alla sede di Verona della banca rapinata;
-l’assenza di impronte digitali non solo sulle armi ma anche sulla vettura
utilizzata dai rapinatori per allontanarsi dal luogo del crimine, tanto più
che non risulta che i rapinatori portassero i guanti.
– i reati riguardanti le armi perché non viene individuato il soggetto che
occultò le armi;

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)(

-

la sussistenza dell’autonomo reato di sequestro di persona

,considerato svicolato e non assorbito in quello di rapina;
l’individuazione dell’autore del reato di ricettazione delle armi e
dell’autovettura;
– la dosimetria della pena
Avv. Marco Mainetti per Fichera deduce:
a) inosservanza ed erronea applicazione della legge penate in relazione

giurisprudenza di legittimità ,ed anche di merito ,sul punto, ritenuto
autonoma la realizzazione del reato di sequestro di persona e non
assorbito in quella di rapina, con una motivazione illogica che non ha
tenuto conto del rapporto funzionale,insito di fatto, tra i due reati ;
lamenta,inoltre, la illogicità della motivazione che ha ravvisato la
necessità di privare della libertà gli impiegati dell’Ufficio postale come
fatto eccezionale e non previsto dai rapinatori nella programmazione
dell’accurato piano delittuoso, che aveva ben previsto che l’unico ad
avere accesso alla cassaforte fosse il direttore e che lo si dovesse
attendere ,se non già presente in sede, all’atto dell’ingresso dei
rapinatori, con conseguente funzionale privazione della libertà di
movimento degli impiegati.
b)La Corte ha omesso di indicare le prove sulle quali fonda il
convincimento che Fichera era alla guida della Fiat Uno sulla quale si
dileguarono i rapinatori e di riconoscere la circostanza di cui all’art.116 e
l’attenuante di cui all’art.114 cod.pen. A tal proposito basta prendere in
esame il verbale delle dichiarazioni rese dalla teste Battocchio, allegato al
ricorso, nella parte in cui afferma che i rapinatori erano due e la
documentazione contabile prodotta dalla difesa a dimostrazione che la
presenza di Fichera nel nord dell’Italia era giustificata dalla sua attività di
autotrasportatore; va inoltre censurata la motivazione nella parte in cui
trae argomento di prova dall’opzione dell’imputato di avvalersi della
facoltà di non rispondere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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all’art.605 cod.pen. , avendo la Corte di merito, in contrasto con la

2.1 ricorsi sono tutti infondati.
2.1 Le censure del ricorso Strazzeri-D’Amico si limitano a prospettare
una diversa lettura del materiale probatorio acquisito , alternativa a
quella elaborata dalla Corte di merito, senza riuscire ad individuare
concreti e percettibili vizi della motivazione.

nella parte in cui motiva ratto grado di attendibilità del riconoscimento
fotografico effettuato dagli impiegati dell’ufficio postale, rimasti prigionieri
dei due rapinatori tra le h.7,50 e le h. 8,20 del 05.03.2002.
Con una motivazione logica e puntuale la Corte ha ritenuto di dover dare
credito alle dichiarazioni dei tre testimoni per le peculiari circostanze che
sorreggono l’individuazione fotografica, descritte a pagina 10, e che si
sostanziano nel fatto che i rapinatori non erano travisati e che gli
impiegati, tutte persone nel pieno della maturità intellettuale, avevano
avuto modo di osservare i due rapinatori alla luce del giorno, a distanza
ravvicinata e per circa mezz’ora, alcuni anche interagendo con

i

rapinatori. Essi avevano effettuato l’incombente dell’individuazione a
distanza di cinque giorni dai fatti, dopo aver fornito una precisa
descrizione somatica, riconoscendo Strazzeri e D’Amico tra dodici nitide
fotografie a colori di buona fattura , esprimendosi in termini di certezza
del riconoscimento.
2.3 La Corte di merito,inoltre, rispondendo alle censure relative alle
pretese discrasie emerse nelle descrizioni di alcune caratteristiche fisiche
dei rapinatori, non ha ravvisato un contrasto oggettivo tra le descrizioni e

2.2 Nessuna censura ,infatti, merita la motivazione del provvedimento

l’aspetto fisico dei due rapinatori quanto più propriamente una diversa
soggettiva descrizione delle caratteristiche somatiche dei due imputati
ed ha attribuito tale evenienza alla fisiologicamente diversa capacità
soggettiva di ricordare così come il non aver subito ricordato la barba di
Strazzeri,da parte dei due testi , ravvisando comunque ,rispetto al
complesso degli elementi probatori raccolti ed analiticamente indicati , un
valore del tutto marginale rispetto alla solida attendibilità delle
individuazioni, nel loro complesso coincidenti.

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/1

2.4 Infondata è anche la censura relativa al preteso travisamento dei dati
contenuti nei tabulati telefonici : rileva ,infatti, che la censura coinvolge
una valutazione fattuale che non compete a questa Corte di legittimità se
non per gli aspetti relativi alta motivazione,che nel caso in esame è
articolata ed esaustiva (pag.14) e non manifesta evidenti illogicità.
2.5 Del pari non ha spessore il motivo relativo all’accertamento richiesto
alla Banca d’Italia ,che la sentenza valuta a pag.16 come documentato e

generica e versata in fatto è anche la riproposta censura circa l’assenza
delle impronte digitali sulla vettura usata per la fuga e sulle armi
rinvenute nel cruscotto del veicolo di Fichera, insieme a barba e baffi
finti. La Corte con una motivazione non illogica ha ipotizzato una
particolare attenzione da parte di uno dei tre occupanti del veicolo,nel
non lasciare le impronte ( concetto che non esclude il rimuoverle) ,
proprio per prevenire gli incontestabili accertamenti dattiloscopici e tale
motivazione risponde ad una logica stringente e priva di vizi evidenti ,
mentre il ricorrente richiama un uso dei guanti estraneo alla motivazione
in esame.
2.4 La valutazione delle dichiarazioni rese dagli imputati ,ivi compreso il
silenzio serbato da Fichera in sede di contestazioni, ed il valore probatorio
ch’esse assumono non può formare oggetto di revisione da parte di
questa Corte, se non per gli aspetti dì palese incongruità della
motivazione, peraltro assenti nel caso in esame, essendo il giudizio sugli
elementi e sulla rilevanza probatoria, di esclusiva competenza del giudice
dì merito. Per lo stesso motivo non è censurabile la valutazione, logica e
completa, formulata dal giudice di merito sull’assenza di impronte digitale
sulle armi ( vedi pag.17) ,come meglio su precisato.
2.5 II motivo relativo al reato di ricettazione non è stato dedotto con
l’appello e ,pertanto, inammissibile e la doglianza avanzata in questa
sede per la prima volta. Frutto di travisamento della motivazione circa la
congruità della pena è l’ultimo motivo del ricorso Strazzera/D’Amico:la
Corte si è limitata a riconoscere la discrezionalità del primo giudice nella
commisurazione della pena base, valutazione che ha inteso condividere,
provvedendo invece ad emendare il calcolo dagli elementi non corretti.
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che il ricorrente contrasta in modo generico e non circostanziato ;

2.6 In conclusione il ricorso dei due imputati si riduce alla assertiva
riaffermazione di una alternativa valutazione delle prove,sulla quale
tenta di catalizzare la valutazione ella Corte di legittimità.
Emerge,tuttavia, che in tal modo il ricorrente tralascia di interloquire e
di misurarsi , realmente, con la complessa ed articolata valutazione fatta
dalla Corte di merito, cosa che rende generici ed inammissibili i motivi
dedotti, anche perché frutto di una parcellizzazione del’unitario discorso

considerate dai giudici del merito.
2.7 A tal proposito, va ricordato il principio di diritto, insegnamento
costante di questa Corte, secondo cui la mancanza di specificità del
motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
che conduce, a mente dell’art. 591, co. 1, lett. C) c.p.p., alla
inammissibilità (Sez. 4, n. 5191 del 3.5.2000, rv. 216473, Barone).Per
quanto attiene al giudizio sollecitato alla Corte di legittimità vanno del
pari ricordati i limiti di tale giudizio ,posto che il ricorrente, attraverso la
pretestuosa deduzione di un’asserita carenza di motivazione della
sentenza impugnata, ha tentato di ottenere una rivalutazione delle prove,
(nonché degli elementi considerati dai giudici del secondo grado per
l’applicazione in concreto della pena), che si risolverebbe in un
sostanziale nuovo giudizio sul fatto; e tale giudizio, per costante
giurisprudenza di questa Corte, è sottratto, come tutte le valutazioni di
merito, al sindacato di legittimità della Cassazione. Esula, infatti, dai
poteri della corte di legittimità quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la
Corte accertare se quest’ultimo abbia dato adeguatamente conto,
attraverso l’iter argomentativo seguito, delle ragioni che l’hanno indotto
ad emettere il provvedimento.

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sulla rilevanza probatoria delle diverse fonti dì prova complessivamente

2.7 Tale principio va anche applicato al motivo di ricorso, comune anche
al ricorso Fichera, relativo al preteso assorbimento del reato di sequestro
di persona in quello di rapina. La Corte di merito, rispondendo ad analogo
motivo proposto con l’appello, ha correttamente evidenziato che è
mancata la contestualità tra le due condotte di sequestro e di rapina, e
che proprio sull’elemento della contemporaneità è giustificato l’effetto
assorbente. La valutazione della Corte, corretta in linea di principio non

Corte, ostandovi, come per i motivi su richiamati, i limiti propri del
giudizio di legittimità.
2.8 Ed infine inammissibili sono i motivi dedotti, per la prima volta, in
sede di discussione avanti a questa Corte, relativi all’ordinanza
pronunciata dalla Corte veneziana l’8.10.2012. Essi,infatti, costituiscono
un inammissibile novum rispetto ai temi trattati con l’appello ed in quanto
tali censurabili ai sensi dell’art.606 comma 3 cod.proc.pen.
2.9 Anche il ricorso di Fichera è infondato.
Manifestamente infondate sono le censure relative all’assenza di prove
circa la responsabilità dell’imputato. La Corte ha infatti ben evidenziato il
concatenarsi di una serie di elementi che, nel loro complesso, forniscono
una solida e non confutabile prova del coinvolgimento, nella rapina , del
Fichera, che ha assunto nella vicenda illecita, il compito di guidare la
vettura che doveva portare in salvo gli esecutori materiali della rapina.
Tali elementi si sostanziano non solo nell’utilizzo coevo dei cellulari dei tre
imputati , tutti localizzati,i1 giorno della rapina , dalle medesime celle di
rilevamento ,in territorio non troppo distante da Verona ma anche nel
fatto che una testimone oculare ha visto la Uno Fiat allontanarsi dal luogo
della rapina ,con tre persone a bordo e che i tre imputati sono stati, a
distanza di circa 24 ore, intercettati dalle forze dell’ordine, in Calabria ,
mentre viaggiavano a bordo dell’autocarro di proprietà proprio del
Fichera.
2.10 Elemento univoco di responsabilità del Fichera è stato,inoltre,
individuato nel possesso di una somma di denaro , uguale a quella
trovata agli altri due imputati e pari,quantitativamente e
qualitativamente ( erano stati rapinati euro e lire) ad un terzo della
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può, perché basata su accertamento fattuale essere rivista da questa

somma rapinata nell’ufficio di Bevilacqua. I giudici di merito hanno tratto
da tale elemento la logica deduzione dell’inserimento a pieno titolo del
Fichera nella gestione della rapina ,per la quale era spettata anche a lui
parte uguale della spartizione del bottino. Tale elemento,di non dubbia
rilevanza logico-probatoria, era corroborato , in termini di compatibilità,
non solo dai dati relativi alla localizzazione del cellulare di Fichera in
territorio prossimo al luogo della rapina ma anche alla presenza delle

del giorno della rapina, segno evidente che i tre erano sempre insieme (
pag.18).
2.11 Tale circostanza ha ,poi, trovato puntuale riscontro nel servizio di
pedinamento iniziato dalle Forze dell’ordine all’uscita dell’autostrada
Salerno-Reggio Calabria e sul traghetto a Villa San Giovanni e nel silenzio
serbato dall’imputato in sede di contestazioni, quando il suo vero
interesse sarebbe stato all’evidenza esclusivamente quello dì fornire, se
possibile, una attendibile descrizione dei suoi diversi movimenti.
Tale ultima considerazione ,come si è già evidenziato, è del tutto legittima
non solo sotto il profilo logico ma anche sotto quello deduttivo, perchè il
giudice si è limitato ad interpretare e valutare il comportamento
processuale, fuor di dubbio legittimo, di non voler fornire spiegazioni sui
propri movimenti. Né la produzione difensiva di documenti contabili, non
altrimenti ricollegabili alla specifica data della rapina, smentiscono tale
valutazione.
2.12 Infondati sono anche i motivi relativi agli artt.116 e 114 cod.pen.
che la Corte ha escluso fornendo alla pagina 23 una esaustiva
motivazione circa l’insussistenza della fattispecie prevista dall’art.116 , in
ragione delle caratteristiche assunte dalla condotta e dell’accentuata
professionalità dimostrata dai tre rapinatori ,ai quali non poteva certo
sfuggire che l’esito della rapina gravava sulla possibilità di aprire
rapidamente la cassaforte e che tale rapidità dipendeva dalla effettiva
presenza in loco del Direttore, il cui arrivo, in fatto, è stato atteso da tutti
e tre i rapinatori,quelli entrati nell’ufficio e dal Fichera ,rimasto ad
aspettarli fuori.

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medesime localizzazioni per i tre imputati, nel pomeriggio e nella serata

3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato
al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

Così dkis. in .ma il 27 settembre 2013

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