Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18328 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18328 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SORANGELO ANTONIO N. IL 02/12/1989
avverso l’ordinanza n. 1/2011 TRIBUNALE di BARI, del 07/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ex9-Qt.411

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Data Udienza: 27/11/2012

RILEVATO IN FATTO

Con ordinanza in data 7.12.2011 il Tribunale di Bari, in veste di giudice dell’esecuzione,
dichiarava inammissibile l’istanza con la quale, nell’interesse di SORANGELO ANTONIO, erano
state chieste la sospensione della procedura esecutiva avente ad oggetto la confisca della
struttura denominata “Parco dei Templari” e dei beni già nella disponibilità di Sorangelo
Saverio, genitore dell’istante, nonché declaratoria di inefficacia del provvedimento di confisca
emesso dal Tribunale di Bari.

29.5.2007) il Tribunale di Bari aveva applicato la misura della sorveglianza speciale di P.S. nei
confronti di Sorangelo Saverio e, con il medesimo provvedimento, aveva disposto la confisca di
una serie di mobili ed immobili intestati a stretti congiunti (ma non a Sorangelo Antonio), tra i
quali il complesso aziendale “Parco dei Templari”, comprensivo di terreni e fabbricati intestati a
Marchetti Maria, moglie di Sorangelo Saverio.
L’istante aveva messo in evidenza che nel corso del suddetto procedimento egli era minorenne
(avendo compiuto diciotto anni il 2.12.2007) e aveva lamentato di non essere potuto
intervenire per tutelare i suoi diritti e i suoi interessi, avendo egli una legittima aspettativa, in
quanto figlio minorenne, alla conservazione del patrimonio dei suoi genitori, essendo peraltro
del tutto estraneo a qualunque attività illecita comunque configurabile o presunta nei confronti
degli stessi.
Quindi, in posizione di terzo che non era mai intervenuto nel procedimento di merito, aveva
sollevato incidente di esecuzione chiedendo:
-di sospendere la procedura esecutiva, e in particolare il trasferimento della struttura “Parco
dei Templari” a favore dell’Erario;
-di dichiarare l’inefficacia del provvedimento di confisca dei beni, ritenuti nella disponibilità di
Sorangelo Saverio, e degli atti esecutivi connessi, con salvezza dei diritti dell’istante.
Il Tribunale respingeva l’istanza ritenendo che Sorangelo Antonio, che non era intestatario di
alcun bene oggetto della confisca, non fosse titolare di alcun diritto rispetto ai beni nella
disponibilità del proprio genitore, la cui provenienza era risultata illecita.
Egli quindi non aveva alcun diritto sui beni confiscati, ma al più una mera aspettativa rispetto
alla conservazione del patrimonio del padre, sprovvista quindi, come situazione di fatto, di
qualsivoglia tutela giuridica.
Secondo il Tribunale, quindi, Sorangelo Antonio non aveva alcun diritto a ricevere gli avvisi
relativi al procedimento di prevenzione e allo stesso comunque non avrebbe potuto partecipare
perché non legittimato.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, concludendo con richiesta:
-di sospendere il giudizio, previa remissione degli atti alla Corte Costituzionale, per le dedotte
questioni di legittimità costituzionale riguardanti gli artt.1, 2-bis comma 3 e 2-ter della legge
565/1965;
1

Il Tribunale premetteva che con decreto in data 30.4.2003 (divenuto definitivo in data

-di annullare l’impugnato provvedimento, quanto al punto di riconoscere e dare atto che
l’istante non era mai stato chiamato nel processo di prevenzione per il sequestro e la confisca
dei beni nei confronti di Sorangelo Saverio;
-di annullare l’impugnato provvedimento, quanto al punto di riconoscere il diritto nell’istante ad
agire nella sede dell’incidente di esecuzione per la materia prevenzionale de qua, nella veste di
terzo danneggiato dal provvedimento di confisca ai danni del proposto Sorangelo Saverio;
– di dichiarare nullo ed inefficace nei confronti di Sorangelo Antonio il provvedimento di confisca

connessi e conseguenti;
– di dichiarare, conseguentemente, la nullità del processo di prevenzione a carico di Sorangelo
Saverio, per violazione, inosservanza ed erronea applicazione delle norme giuridiche citate nei
motivi di ricorso a tutela della sua prole minorenne;
– revocare la confisca dei beni fin qui disposta;
-dichiarare nullo e inefficace, nei confronti del ricorrente, con la conseguente revoca per
manifesta illegittimità e per infondatezza in fatto e in diritto, anche il provvedimento di
sequestro interinale dei beni, preordinato alla successiva confisca.
Il ricorrente ha ritenuto non corretto il dispositivo dell’ordinanza impugnata, in quanto ha fatto
riferimento all’art. 7/2 legge 1423/1956.
Essendo stata ritenuta l’inammissibilità dell’istanza, doveva farsi ricorso alla procedura di cui
all’art. 666/2 c.p.p..
Il ricorrente era evidentemente un terzo interessato ad intervenire nel processo di prevenzione
nei confronti del padre per impedire la spoliazione dei beni di famiglia e un pregiudizio che
sarebbe derivato in caso di confisca dei beni appartenenti alla sua famiglia.
Al ricorrente, all’epoca minorenne, il giudice tutelare avrebbe dovuto nominare un curatore
speciale che avrebbe dovuto tutelare nel procedimento di prevenzione gli interessi del minore,
potendosi ravvisare un conflitto di interessi tra il genitore e il figlio.
La mancata tutela del figlio minorenne, oltre ad essere in contrasto con l’ordinamento interno,
è in contrasto anche con la Convenzione sui diritti de fanciullo del 20.11.1989, ratificata in
Italia con legge 176/1991.
Con successive memorie il ricorrente ha criticato la richiesta del Procuratore generale rivolta a
questa Corte di dichiarare inammissibile il ricorso ed ha ribadito, con ulteriori argomenti e
citazioni giurisprudenziali, le richieste sopra indicate.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
Tutte le richieste del ricorrente si fondano sul presupposto che Sorangelo Antonio, in quanto
figlio di Sorangelo Saverio e di Marchetti Maria, fosse un terzo interessato all’esito del
procedimento nel quale erano stati prima sequestrati e poi confiscati beni intestati ai suoi

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dei beni già nella disponibilità di Sorangelo Saverio nonché di tutti di tutti gli atti esecutivi

genitori, in quanto dalla confisca dei beni di famiglia, verso i quali aveva la legittima
aspettativa di diventarne proprietario per diritto successorio, avrebbe subito un danno.
Secondo il ricorrente, quale terzo interessato all’esito del procedimento relativo alla misura di
prevenzione patrimoniale nei confronti del proprio padre, Sorangelo Antonio avrebbe dovuto
partecipare, previa nomina di un curatore speciale dei suoi interessi essendo all’epoca minore,
al suddetto procedimento, al fine di contrastare la spoliazione dei beni di famiglia dalla quale
avrebbe ricevuto un danno, e comunque il Tribunale avrebbe dovuto sospendere la procedura

confisca, in quanto Sorangelo Antonio non era stato chiamato quale terzo interessato nel
procedimento di prevenzione, consentendogli quindi nel richiesto incidente di esecuzione di far
valere le sue pretese nei confronti dei beni sottoposti a confisca.
Il Tribunale di Bari, in veste di giudice dell’esecuzione, correttamente ha respinto le suddette
istanze, ritenendo che Sorangelo Antonio non avesse alcun diritto di partecipare al
procedimento relativo alla misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di Sorangelo
Saverio, in quanto non era titolare di alcun diritto sui beni in questione, ma solo portare di una
mera aspettativa, rispetto alla conservazione del patrimonio del padre, sprovvista in quanto
situazione di fatto di qualsivoglia tutela giuridica.
L’art. 2-ter/5 comma della legge 31.5.1965 n. 575 stabilisce che se nel corso del procedimento
per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale “risulta che i beni sequestrati
appartengono a terzi, questi sono chiamati dal tribunale, con decreto motivato, ad intervenire
nel procedimento e possono, anche con l’assistenza di un difensore, nel termine stabilito dal
tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni
elemento utile ai fini della decisione sulla confisca”.
Il presupposto, quindi, perché il terzo sia chiamato ad intervenire nel procedimento relativo
all’applicazione di una misura patrimoniale, al fine di tutelare un suo diritto sul bene oggetto
del procedimento, è che il bene gli appartenga.
Il concetto di appartenenza comprende innanzi tutto il diritto di proprietà, ma si estende anche
ai diritti reali di godimento e garanzia che incidono sul bene confiscato.
Questa Corte ha, infatti, stabilito che il terzo, titolare di un diritto reale di garanzia (ipoteca)
sul bene poi fatto oggetto del provvedimento di confisca di prevenzione ai sensi dell’art. 2 ter
Legge n. 575 del 1965, è legittimato a proporre incidente di esecuzione, qualora non sia stato
posto in condizione di partecipare al procedimento di prevenzione patrimoniale, al limitato fine
di fare valere, in vista di ulteriori iniziative, la propria buona fede e il proprio affidamento
incolpevole al momento dell’iscrizione dell’ipoteca antecedente al sequestro e quindi alla
confisca. Ha anche precisato che nella nozione di “appartenenza”, utilizzata dal legislatore al
citato art. 2 ter Legge n. 575 del 1965 per l’individuazione delle posizioni soggettive legittimate
alla partecipazione al provvedimento di prevenzione e, in mancanza, alla proponibilità
dell’incidente di esecuzione, sono infatti da includere, oltre al diritto dominicale, anche i diritti
reali, di godimento e di garanzia, che incidono sul bene confiscato (V. Sez. 1 sentenza n.
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esecutiva in corso, dichiarando inefficaci nei confronti del ricorrente i suddetti provvedimenti di

22157 del 10.5.2005, Rv. 232102, e per il concetto di “appartenenza” anche Sez. U. sentenza
n. 9 del 18.5.1994, Rv. 199174).
Nel concetto di appartenenza non può evidentemente rientrare la mera aspettativa del figlio di
poter diventare, per diritto successorio, titolare della proprietà di beni intestati ai propri
genitori, poiché questi beni, giuridicamente, non gli appartengono.
Manifestamente infondata è anche l’eccezione di costituzionalità proposta dal ricorrente,
poiché, di fronte a beni che si assumono essere provento di attività illecite, mentre è evidente

reali su detti beni, non si vede invece la ragione per la quale i futuri eredi del proposto
debbano essere tutelati nell’aspettativa di poter godere anche di beni illecitamente acquisiti dal
proprio genitore.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 27 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

la ragione per la quale debba essere tutelata la posizione di terzi incolpevoli che vantano diritti

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