Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18327 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18327 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUIDA LUIGI N. IL 18/04/1956
DI CATERINO EMILIO N. IL 27/04/1974
avverso la sentenza n. 37/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
NAPOLI, del 29/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 174,:
hzf,Q( Quo_
che ha concluso per P ‘ 1u4..a.au) 4-14Y-h-LoesuAl 6 tal; ,

Udito, per la p e civile, l’Avv
Udit i di sor Avv.

Data Udienza: 16/04/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 22/12/2010 la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere
dichiarava Guida Luigi, Di Caterino Emilio e Grassia Luigi colpevoli del delitto di omicidio
volontario in danno di D’Alessandro Nicola e, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art.
7 L. 203/91, concesse al Guida ed al Di Caterino le attenuanti generiche, dichiarate
prevalenti sulle contestate aggravanti e la circostanza attenuante prevista dall’art 8 L.
203/91 ed al Grassia le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, li condannava il
Guida ed il Di Caterino alla pena di anni dodici di reclusione ciascuno, il Grassia alla pena di
anni ventiquattro di reclusione, mentre li proscioglieva dai reati di detenzione e porto illegale

1.2 Investita dell’appello proposto dal Procuratore della Repubblica che, fra l’altro,
contestava la concessione delle attenuanti generiche al Guida ed al Di Caterino, nonché degli
appelli dei predetti imputati e di Luigi Grassia, i quali invocavano una pena meno severa, la
Corte di Assise di Appello di Napoli con sentenza del 29 marzo 2012 riformava parzialmente
quella di primo grado, che confermava nel resto, soltanto per la posizione del coimputato
Luigi Grassia.
1.3 Da entrambe le sentenze di merito emergeva la seguente conforme ricostruzione
dei fatti, basata essenzialmente sulle ammissioni di responsabilità, rese da tutti i soggetti
coinvolti, dei quali i coimputati Massimo ‘ovine e Gaetano Ziello già definitivamente
condannati in separato processo, nell’esecuzione dell’omicidio di Nicola D’Alessandro,
realizzato il giorno 2 agosto 2002 su mandato di Luigi Guida, che aveva inteso punire la
vittima in quanto legata al rivale clan Tavoletta-Ucciero ed rea di avere realizzato estorsioni
nel territorio di Villa Literno senza essere stato previamente autorizzato dai locali poteri
camorristici, esercitati dal clan Bidognetti, all’epoca retto da Luigi Guida. Pertanto, falliti
alcuni precedenti appostamenti, ed attirato il D’Alessandro in un tranello, avendo finto i suoi
persecutori di voler stringere con lui un patto di alleanza criminale, tanto da avergli
consegnato una pistola, ben sapendo che egli si sarebbe recato ad acquistare le relative
munizioni, quel giorno si era potuto portare a termine l’agguato mortale, cui avevano
partecipato Massimo Iovine, che aveva sparato materialmente numerosi colpi di pistola
contro la vittima, Emilio Di Caterino quale conducente della vettura che aveva seguito ed
intercettato quella del D’Alessandro, il Grassia, presente a bordo della stessa vettura Alfa
164, condotta dal Di Caterino, che avrebbe dovuto a sua volta sparare con altra pistola
appositamente consegnatagli, ma che poi era rimasto in auto, mentre lo Ziello e Giuseppe
Giusto avevano seguito l’azione a distanza a bordo di altro veicolo con funzioni di staffetta.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto separati ricorsi per cassazione a mezzo dei
rispettivi difensori gli imputati Guida e Di Caterino.
2.1 Il Guida deduce con unico motivo la violazione di legge in relazione all’art. 125 n. 3
c.p.p. 3 ed all’art. 8 L. 203/91 in ordine alla mancata applicazione nella massima estensione
possibile della circostanza attenuante speciale di cui all’art. 8 L. 203/91, che non aveva
tenuto nel debito conto l’entità, la qualità, la complessiva efficacia e gli esiti della intrapresa
collaborazione processuale.

di armi perché estinti per intervenutal ruth-

2.2 II Di Caterino si duole di errata applicazione dell’art. 8 L. 203/91, della violazione
dell’art. 157 cod. pen. quanto alla mancata declaratoria di estinzione per prescrizione dei
reati di cui al capo B) e dell’omessa o insufficiente motivazione in ordine alla quantificazione
della pena inflittagli, in quanto, nonostante sia stata riconosciuta la grande rilevanza
dell’apporto collaborativo posto in essere da esso ricorrente sin dall’inizio della fase
preliminare, non era stata applicata correttamente la diminuente dell’art. 8 L. 203/91,
secondo la cui previsione per i reati puniti con la pena dell’ergastolo, il riconoscimento della
collaborazione comporta la sostituzione dell’ergastolo con la pena della reclusione da 12 a 20
anni, mentre gli era stata applicata la pena base di anni 24 e non erano chiari i criteri di

Considerato in diritto

I ricorsi sono parzialmente fondati e vanno entrambi accolti nei limiti in seguito
specificati.
1.

S’impone in via preliminare il rilievo circa l’inammissibilità per manifesta

infondatezza del motivo che sostiene essere i reati di cui al capo B) estinti per prescrizione,
dal momento che già la Corte di Assise con la sentenza di primo grado ha prosciolto i
ricorrenti da tali addebiti senza che il Procuratore della Repubblica avesse poi impugnato la
relativa statuizione che è divenuta irrevocabile, mentre la sentenza d’appello è intervenuta
ad escludere la prescrizione nei soli riguardi del coimputato Grassia, non ricorrente.
2. Quanto al motivo riguardante la determinazione della pena, va premesso che la
Corte di Assise di Appello, preso atto che la sentenza di primo grado aveva quantificato la
pena finale da irrogare per il solo delitto di omicidio in anni dodici di reclusione senza avere
dettagliato il procedimento di computo, ha ritenuto di procedervi, partendo di sua iniziativa
dalla pena base di anni ventiquattro di reclusione, quindi applicando prima la riduzione per le
attenuanti generiche non nella massima estensione ed, infine, quella per la speciale
circostanza della collaborazione ex art. 8 d.l. 152/91.
2.1 Va premesso che detto procedimento, a prescindere dagli esiti concreti, è
certamente corretto nel metodo, dal momento che l’aggravante dell’art. 7 di. n. 152/91 non
è stata in alcun modo computata e risultano rispettati i criteri dettati dalle Sezioni Unite di
questa Corte (Cass. S.U. n. 10713 del 25/2/2010, rv. 245930, Contaldo), che hanno escluso
l’obbligatoria prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 8 di. 152/1991 e di tutte le altre
eventualmente concesse, perché non prevista da alcuna norma di legge, e hanno stabilito
che la corretta sequenza delle operazioni da compiere comporta, dapprima l’effettuazione del
giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, secondo le possibili opzioni di cui all’art.
69 cod. pen., quindi l’applicazione dell’attenuante speciale della dissociazione attuosa, quale
unica soluzione in grado di garantire al tempo stesso la premialità del trattamento
sanzionatorio al dissociato e la proporzione rispetto alla concreta offensività del fatto di
reato. Pertanto, il procedimento seguito dalla Corte territoriale è perfettamente in linea con
tali principi.

commisurazione della pena finale inflitta.

2.2 Inoltre, anche la concreta rilevanza assegnata alle attenuanti generiche ed a quella
speciale dell’art. 8, non applicate nella massima estensione, è stata giustificata in modo
adeguato in ragione dei plurimi e pessimi precedenti degli imputati, della particolare
pervicacia con cui è stato perseguito il proposito di eliminare il D’Alessandro e delle feroci
modalità esecutive dell’agguato, effettuato in pieno giorno lungo una frequentata strada di
Villa Literno di fronte a testimoni, il che dà conto del corretto e giustificato esercizio dei
poteri discrezionali spettanti al giudice di merito nell’individuazione del trattamento
sanzionatorio ritenuto congruo ed adeguato.
3. Ciò che, invece, risulta non conforme alla prescrizione dettata dall’art. 8 d.l.
152/1991 è la determinazione in anni ventiquattro di reclusione della pena base presa in

secondo la quale per i reati puniti con pena dell’ergastolo il riconoscimento della predetta
attenuante comporta la sua sostituzione con la reclusione da dodici e venti anni.
In accoglimento della doglianza formulata dal solo Di Caterino, i cui positivi effetti
vanno riferiti anche al coimputato per la estensibilità del rilievo non riguardante
l’individualità della sua posizione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al
calcolo della pena con rinvio ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli perché
provveda nuovamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio nel rispetto della
prescrizione di legge sopra citata.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al computo delle pene e rinvia per nuovo
giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2013.

considerazione dalla Corte territoriale, che in tal modo contravviene alla specifica previsione

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