Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18307 del 23/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18307 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BARONE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BARI
SCHINGARO SIMONE nato il 20/03/1966 a BARI

avverso il decreto del 22/06/2017 della CORTE APPELLO di BARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI BARONE;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, nella persona del sost. PIERO
GAETA, per il rigetto del ricorso;

1

Data Udienza: 23/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 22 giugno 2017 la Corte di appello di Bari accoglieva l’impugnazione
presentata nell’interesse di Schingaro Simone avverso precedente provvedimento del tribunale
della stesa città di rigetto dell’istanza di revoca della misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di p.s. con obbligo di soggiorno, cui il predetto era sottoposto.
A fondamento della decisione resa la corte territoriale ha ritenuto essere venuti meno i

prevenzione dopo le diverse interruzioni dovute a carcerazione.

2. Avverso il provvedimento ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di
appello di Bari deducendo violazione di legge in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. per
omessa motivazione in ordine alla rilevanza (ritenuta tale dal primo giudice) della informativa
della Questura di Bari del 30.11.2016 in ordine alla partecipazione dello Schingaro al sodalizio
mafioso degli “Strisciuglio”, operante a Bari fino al 2008.
Si richiama al riguardo la giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai fini dell’applicazione
di misure di prevenzione nei confronti di un condannato per il reato di associazione di tipo
mafioso, qualora sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo tra l’accertamento in sede
penale e la formulazione del giudizio di prevenzione, è onere del giudice compiere
l’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale in rapporto altre indicatori fondamentali,
costituiti dal livello del coinvolgimento del proposto nella pregressa attività del gruppo
criminoso, dalla tendenza del gruppo di riferimento a mantenere intatta la sua capacità
operativa nonché dalla manifestazione, in tale intervallo temporale, da parte del proposto di
comportamenti denotanti l’abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise (Sez. 2,
n. 8921 del 31/01/2017, Zagaria, Rv. 269555)
Nello specifico, a dire del ricorrente, la corte territoriale avrebbe del tutto ignorato i primi
due indicatori, mentre per il terzo avrebbe operato una valutazione secondo canoni inversi
ritenendo sufficiente i dati puramente negativi contenuti nella informativa della Questura di
Bari del 30.11.2016 e le valutazioni operate nei provvedimenti del tribunale di sorveglianza.
Deduce, altresì, la mancata acquisizione agli atti delle informative della Questura di Bari del
2013 e del 2014, rispetto alle quali la corte territoriale si era semplicemente affidata al loro
richiamo nei provvedimenti del tribunale di sorveglianza.
2.1. Con il secondo motivo eccepisce violazione di legge per la mancata assunzione di una
prova decisiva circa la cessazione dei collegamenti del proposto con la criminalità organizzata e
rileva al riguardo che l’incompletezza della informativa richiesta alla Questura di Bari dal primo
giudice doveva, al più, costituire la necessaria premessa per richiederne una integrazione.

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profili di pericolosità dello Schingaro alla data ultima di sottoposizione alla misura di

2.2. Con il terzo motivo eccepisce erronea valutazione della prova avendo il giudice
attribuito rilevanza a parametri non conferenti rispetto al thema decidendum, vale a dire
l’attività lavorativa svolta dal proposto e la concessione al predetto della liberazione anticipata.
Si richiamano, al riguardo:
La revoca o la modifica, in senso favorevole al proposto, del provvedimento applicativo della
misura di prevenzione personale presuppone necessariamente un giudizio di diminuita
pericolosità, la quale non può considerarsi attenuata per il semplice fatto dell’esercizio di

Rv. 245355).
La prova dell’avvenuta partecipazione alla rieducazione, richiesta ai fini della concessione
della liberazione anticipata ai detenuti in espiazione di pena, non è esclusa dalla circostanza
che l’interessato sia stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
P.S., essendo diversi i parametri di valutazione propri del giudizio di prevenzione rispetto a
quelli cui occorre far riferimento per la concessione del predetto beneficio (Sez. 1,
n. 47015 del 30/10/2008, Schiena, Rv. 242057).

3. Con requisitoria scritta depositata il 9 febbraio 2018, il Procuratore Generale presso
questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze formulate esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità,
inerendo, esse, al di là del dato formale enunciato, a vizi di motivazione del provvedimento
impugnato mentre il ricorso per cassazione, in materia di prevenzione, è ammesso
esclusivamente per violazione di legge, a norma del combinato disposto degli artt. 4,
penultimo comma, legge 27 dicembre 1956 n. 1423 e 3- ter legge 31 maggio 1965 n. 575 ed,
attualmente, degli artt. 27 e 10 d.lgs 6 settembre 2011, n. 159, relativamente ai procedimenti
nell’ambito dei quali la proposta di prevenzione sia stata formulata successivamente alla data
di entrata in vigore del decreto stesso, a norma dell’art. 117, comma 1, d.lgs. cit..
In ordine alla nozione di violazione di legge, le Sezioni unite, chiamate ad affrontare il tema
con riferimento all’analoga previsione di cui all’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., hanno
chiarito, con formulazione di portata generale e quindi estensibile al tema in disamina, che in
essa rientrano la mancanza assoluta di motivazione e la mera presenza di una motivazione
apparente, in quanto situazioni correlate all’inosservanza dell’art. 125, comma 3, cod. proc.
pen. (Sez. U, n. 25080 del 28.5.2003, Pellegrino, Rv. 224611). Non vi rientra invece l’illogicità
manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo
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attività lavorativa da parte del soggetto (Sez. 1, n. 37487 del 18/09/2009, Pennino,

specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez .
n. 2 del 28.1.2004, Ferrazzi). Dunque, ove, come nella materia di prevenzione, il ricorso per
cassazione è limitato alla sola violazione di legge, deve essere esclusa la sindacabilità del vizio
di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, che è
ravvisabile allorché la motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e
di completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal
giudice di merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure

motivazione, il provvedimento applicativo della misura di prevenzione nel quale venga omessa
l’indicazione specifica dei dati materiali su cui si fonda il giudizio di attualità della pericolosità
sociale del proposto (Sez. 1, n. 17932 del 10.3.2010, De Carlo, Rv. 247052; Sez. 5, n. 19061
del 31.3.2010, Spina, Rv. 247502).

3.

Nel caso di specie, la motivazione del provvedimento impugnato, lungi dal potersi

considerare mancante o apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente,
privo di discrasie e del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico esperito dal
giudice, come si desume dalle considerazioni formulate a p. 3 del decreto in esame, per quanto
attiene al giudizio di non attualità della pericolosità sociale.

4. Nello specifico, la corte territoriale ha rilevato che la partecipazione dello Schingaro alle
associazioni mafiose (prima quella denominata clan Abbaticchio, poi quella denominata
Strisciuglio) si arresta al maggio 2008, dopo di che, quali unici elementi negativi a carico del
proposto, si registrano due denunce della Polizia penitenziaria (del 21.6. e del 9.10.2012) per
reati di violenza, minaccia, resistenza ed oltraggio ad un pubblico ufficiale, delle quali tuttavia
non era dato conoscere l’esito.
Di contro, la corte territoriale rileva come il tribunale nel provvedimento riformato avesse
ignorato due provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Il riferimento è alle pronunzie del
Tribunale di sorveglianza de L’Aquila del 2014 e di Bari nel 2016, che, sulla base di quanto
riferito nelle note della Questura di quest’ultima città, rispettivamente del 27.12.2013 e del
25.11.2015, escludevano l’attualità di collegamenti dello Schingaro con la criminalità
organizzata ed avevano pertanto ammesso il predetto alla misura alternativa della detenzione
domiciliare. Si evidenzia, altresì, che lo Schingaro prima di tale decisione, aveva usufruito di
permessi premio la cui concessione presuppone l’autonomo accertamento negativo
dell’attualità ed effettività di legami del condannato con la criminalità organizzata.
A tali elementi sono da aggiungere:
– l’attività lavorativa lecita svolta dallo Schingaro sin dall’anno 2014;

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le ragioni che hanno giustificato il provvedimento. Ne deriva che è nullo, per mancanza di

- l’informativa della Questura di Bari del 30.11.2016 da cui non emerge alcun riferimento
alla attuale pericolosità sociale del predetto;
– la relazione del 5.4.2017 del locale Servizio Sociale presso l’ufficio interdistrettuale di
esecuzione penale esterna che attesta come gli interventi effettuati in favore dello Schingaro
abbiano evidenziato «la presenza di risorse familiari e lavorative che risultano di forte
motivazione per il soggetto nel perseguire e consolidare scelte di vita socialmente adattive».

alla censura mera “apparenza”.
Con essa, la corte territoriale ha, piuttosto, dimostrato di voler allinearsi al consolidato
insegnamento di questa Corte secondo cui, qualora in epoca successiva all’adozione di misura
di prevenzione personale il sottoposto sia stato detenuto per un periodo di tempo idoneo ad
incidere sullo stato di pericolosità sociale in precedenza accertato, la efficacia del
provvedimento applicativo della misura resta sospesa anche dopo la scarcerazione, fino a
quando il giudice non valuta nuovamente l’attualità della pericolosità sociale del soggetto. Con
la conseguenza che è onere del giudice verificare in concreto la persistenza
della pericolosità del proposto, specie nel caso in cui sia decorso un apprezzabile periodo di
tempo tra l’epoca dell’accertamento in sede penale e il momento della formulazione del
giudizio in sede di prevenzione; nonché quando tra la pregressa violazione della legge penale e
tale ultimo giudizio sia decorso un periodo detentivo tendente alla risocializzazione o
comunque esente da ulteriori condotte sintomatiche di pericolosità (Sez. 6,
n. 53157 del 11/11/2016, Camerlingo, Rv. 268518).

6.

Alla stregua di quanto considerato il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato

inammissibile.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso, il 23 febbraio 2018

5. Si tratta di motivazione palesemente immune da macroscopiche carenze, tali da esporla

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