Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18290 del 25/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18290 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GUIDI GABRIELE N. IL 14/05/1979
avverso la sentenza n. 4886/2012 GIP TRIBUNALE di ANCONA, del
24/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 25/02/2015

Motivi della decisione
Guidi Gabriele ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
G.i.p. presso il Tribunale di Ancona in data 24.10.2013, con la quale, ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in
ordine alle violazioni dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, per la detenzione

L’esponente si duole del mancato riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990.
La parte ha depositato memoria contestando la sussistenza di profili di
inammissibilità del ricorso e chiedendo l’assegnazione alla sezione competente.
Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il
principio in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Cass. Sez. U, sentenza n. 5777 del
27.03.1992, dep. 15.05.1992, Di Benedetto, Rv. 191135; Cass. Sez. U, sentenza
n. 10372 del 27.09.1995, dep. 18.10.1995, Serafino, Rv. 202270). Tale

di gr. 50 di cocaina ed altro.

orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva.
Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la
costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni
unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né
l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola
come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.

I

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha espressamente rilevato che la qualificazione giuridica dei fatti risultava corretta.
Tanto chiarito, si osserva per completezza argomentativa che l’entità della

normative.
Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio 2014 n.
32, la disciplina in materia di sostanze stupefacenti che viene in rilievo è quella
prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella versione antecedente alle modifiche
introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla
legge 21 febbraio 2006, n. 49, di talché la pena per le c.d. droghe pesanti, ai sensi
dell’art. 73, va da otto a venti anni di reclusione, oltre la multa. Non di meno,
trattandosi di una cornice sanzionatoria più severa, rispetto a quella, di poi
dichiarata incostituzionale, alla quale ha fatto espresso riferimento il giudicante, in
doverosa applicazione della “lex nnitior”, resta comunque applicabile il quadro
edittale previsto dalla norma più favorevole, compreso tra sei e venti anni di
reclusione, oltre la multa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 febbraio 2015.

pena risulta congrua, anche in considerazione delle sopravvenute modifiche

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