Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18290 del 12/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18290 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CEKA ERIGLON nato il 01/05/1992 a BURREL( ALBANIA)

avverso la sentenza del 05/09/2017 del TRIBUNALE di MASSA
sentita la relazione svolta dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE
SCOTTI;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5/9-27/11/2017 il Tribunale di Massa

ha applicato,

su richiesta delle parti ex art.444 cod.proc.pen., nei confronti di Eriglon Ceka,
previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante di cui al capo A, la pena di mesi 4 di reclusione ed € 100,00= di
multa per il delitto di tentato furto aggravato di autovettura esposta alla pubblica
fede (capo A) e di furto aggravato in abitazione con violenza sulle cose (capo
B), riconoscendo la continuazione con i reati, ritenuti meno gravi di cui alla
sentenza del Tribunale di Genova del 14/5/2015.

Data Udienza: 12/03/2018

2. Ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell’imputato, avv.Vittorio
Pendini, eccependo ai sensi dell’art.606, comma 1, lettera b),

cod.proc.pen.

l’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
In primo luogo, l’aggravante di cui all’art.625 n.7 per il reato di cui al capo
A) sarebbe stata cointestata erroneamente perché le chiavi dell’autovettura
rubata erano state rinvenute nell’abitazione della persona offesa ed utilizzate in
un secondo momento.
In secondo luogo, quanto all’aggravante di cui all’art.625 n.2 cod.pen.

conoscenza dell’effrazione della porta di ingresso e della porta a vetri,
presumibilmente attuata da altri complici in compagnia dei quali l’imputato
aveva agito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’art.610, comma 5 bis, cod.proc.pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, I.
23 giugno 2017, n. 103, prevede, tra l’altro, la dichiarazione senza formalità di
procedura («de plano») dell’inammissibilità del ricorso contro la sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti.

2. Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto destituito di specificità e
comunque manifestamente infondato.
Il giudice, nell’applicare la pena concordata, da un lato, si è adeguato a
quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero
i presupposti dell’art. 129 cod.proc.pen., facendo riferimento agli elementi di
prova acquisiti agli atti.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. U. n. 5777 del 27/3/1992 Rv.
191135, Di Benedetto; Sez. U. n. 10372 del 27/9/1995, Rv. 202270,Serafino;
Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Rv. 214637; Sez. U, n. 3 del 25/11/1998 – dep.
1999, Messina, Rv. 212437).
Secondo le Sezioni Unite, la motivazione della sentenza che applica la pena
su richiesta delle parti a norma dell’art. 444, comma 2, cod. proc. pen. si
esaurisce in una delibazione ad un tempo positiva e negativa; positiva quanto
all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle parti sull’applicazione di
una determinata pena; 2) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto
nonché della applicazione e della comparazione delle eventuali circostanze; 3)

2

relativamente al reato di cui al capo B), non risultava che l’imputato fosse a

della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, terzo
comma, Cost.; 4) della concedibilità della sospensione condizionale della pena,
qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata alla concessione del
beneficio. Negativa, quanto alla esclusione della sussistenza di cause di non
punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive
debbono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi
motivi di fatto e di diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla
ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen., l’obbligo

soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi
concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In caso contrario, è
sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito
negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per
la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..
Pertanto all’imputato che abbia patteggiato la pena non è consentito porre in
discussione gli estremi fattuali di un’imputazione del tutto congrua rispetto alla
narrativa del fatto contenuta nella rubrica e sulla quale ha effettuato la propria
scelta di accedere ai benefici del rito premiale; tantomeno ciò è consentito
proponendo rilievi di carattere ipotetico e congetturale, ovvero totalmente
generici e privi di benché minima concretezza nei loro riferimenti a fatti
processuali ed elementi probatori.

3. Le ragioni addotte dal ricorrente non configurano, neppure astrattamente,
una erronea qualificazione giuridica del fatto contestato, ma
ricostruzioni alternative
l’imputato ha

prospettano

di merito dei fatti addebitati, in relazione ai quali

concordato l’applicazione della pena; inoltre tali ipotesi sono

sprovviste del benché minimo riscontro probatorio ed addirittura autocontraddittorie (quanto al reato

sub

B, per il quale il ricorrente ipotizza

l’esistenza di complici concorrenti che avrebbero praticato l’effrazione).

4. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna
del ricorrente ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen. al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di € 4.000,00= in favore della
Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di
ricorso che inducono a ritenere il ricorrente in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186).

P.Q.M.

3

di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione,

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di C 4.000,00 a favore della Cassa delle
ammende.

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Il Consigliere est0Sor

Il Presidente

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Stefano Palla

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Così deciso il 12 marzo 2018

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