Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18287 del 12/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 18287 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Avallone Antonio, nato a Napoli il 7/8/1980
Abbatiello Gennaro, nato a Napoli il 10/3/1990
avverso la ordinanza 17/10/2012 del Tribunale per il riesame di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Chiummariello Raffaele, che ha concluso per
raccoglimento dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 17/10/2012, Il Tribunale di Napoli, a seguito di

istanza di riesame avanzata nell’interesse di Avallone Antonio e Abbatiello
Gennaro, indagati per il reato di porto e detenzione di pistole in concorso,
aggravato ex art. 7 L. 203/1991, confermava l’ordinanza del Gip di Napoli,
emessa in data 28/9/2012, con la quale era stata applicata ai prevenuti la

Data Udienza: 12/04/2013

misura cautelare della custodia in carcere.
2.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato

sui servizi di osservazione svolti dai Carabinieri e documentati da
videoriprese dalle quali emergeva che nei pressi del portico dell’isolato 2,
lotto G, della via Labriola di Napoli Scampia, la notte fra il 28 ed il 29 agosto
2012 sostava un gruppo di persone, alcune delle quali maneggiavano e si
scambiavano delle pistole. Avallone Antonio e Abbatiello Gennaro non
interloquivano con gli altri.
3.

Quanto all’aggravante ex art. 7 L. 203/91, il Tribunale la riteneva

sussistente, trattandosi di fatto commesso con metodo mafioso ed al fine di
avvantaggiare il clan camorristico denominato Vanella Grassi.
4.

In ordine alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il

pericolo di reiterazione del reato reputando la custodia cautelare in carcere
unica misura adeguata.
5.

Avverso tale ordinanza propone ricorso entrambi gli indagati.

5.

Avallone Antonio deduce violazione di legge per inesistenza dei gravi

indizi di colpevolezza in ordine ai reati relativi alle armi e vizio della
motivazione. Al riguardo eccepisce che sia il porto che la detenzione
dell’arma si protraggono fra vari individui oggetto dell’attività di osservazione
senza mai interessare direttamente l’Avallone al quale non può essere
imputata alcuna condotta illecita. La stessa presenza dell’Avallone sul posto
troverebbe giustificazione nel fatto che egli abita nei pressi, stessa via,
stesso lotto, isolato 10. Contesta inoltre la sussistenza dell’aggravante ex
art. 7 L. 203/91, eccependo che non vi è alcuna certezza dell’esistenza del
clan Vane/la Grassi.
7.

Abbatiello Gennaro

deduce violazione di legge e vizio della

motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di reato. Al riguardo
contesta che egli possa rientrare fra i soggetti raffigurati nelle videoriprese
effettuate dai Carabinieri, in quanto nelle riprese non compare alcun
soggetto con caratteristiche fisiche compatibili con l’Abbatiello, il quale ha
ambedue le braccia tatuate. Si duole che il Tribunale abbia respinto la
relativa eccezione sollevata dalla difesa con motivazione illogica.

2

impugnavano materialmente le pistole ma risultavano presenti ed

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Entrambi i ricorsi sono inammissibili in quanto basati su motivi non

consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
2.

è anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di

provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
“l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato;
2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della

3

questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei

motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
Indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. lA sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
3.

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo sollevato da

che il Tribunale ha specificamente motivato, attraverso l’esame diretto del
materiale video in atti, in ordine alla circostanza che l’Avallone, pur non
avendo mai impugnato materialmente la pistola, ha dimostrato con il suo
comportamento di essere cointeressato e coinvolto nel possesso dell’arma,
avendo, per es. fornito un drappo bianco a Perrella Bruno che lo usava per
pulire l’arma (così cancellando le impronte digitali).

Le osservazioni del

ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno
emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là
dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento
del quadro indiziario, considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in
sede di legittimità, risultando intese a provocare un intervento in
sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione
adottata dal Giudice del merito.
4.

Ugualmente inammissibili risultano le censure in punto di

insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’aggravante speciale di
cui all’art. 7 L. 203/91. Il ricorrente contesta l’esistenza del sodalizio
criminoso denominato Vanella Grassi, eccependo che non vi è alcuna
certezza giurisprudenziale né investigativa in ordine al suddetto clan.
Orbene tale eccezione si risolve in una censura in fatto che non può trovare
ingresso in sede di legittimità.
5.

Anche i motivi di ricorso sollevati da Abbatiello Gennaro si risolvono

in censure in fatto, poiché attengono all’identificazione dell’Abbatiello fra i
soggetti raffigurati dalle videoriprese effettuate dalla Polizia giudiziaria,
circostanza rispetto alla quale non sarebbe ammissibile una diversa
valutazione in sede di legittimità rispetto all’accertamento effettuato dai
giudici del merito.

Avallone Antonio, in punto di gravità del quadro indiziario, occorre rilevare

6.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro

7.

Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione

in libertà dei ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che
copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
gli indagati si trovano ristretti perché provveda a quanto stabilito dal
comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 disp. Att. Cod. proc. pen.
Così deciso, il 12 aprile 2013
Il Consigliere estensore

1.000,00 (mille/00) ciascuno.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA