Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18286 del 25/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18286 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AMARANTO MAXIMILIAN N. IL 21/11/1975
avverso la sentenza n. 1518/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
28/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 25/02/2015

Motivi della decisione
Amaranto Maximilian ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Lecce del 28.10.2013, con la quale è stata confermata la
sentenza di condanna resa dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne
il 28.02.2012, in relazione al reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, cod. strada.
La parte, con il primo motivo, deduce il vizio motivazionale, in riferimento
all’affermazione di responsabilità penale. L’esponente ritiene che la Corte di Appello

cadere il convincimento già espresso dal giudice di primo grado. Il ricorrente si
sofferma sulle deposizioni dei testi Drazi e Palumbo, ritenute meritevoli di
attenzione, rispetto alla asserita manovra di fuga che avrebbe posto in essere
l’imputato. Rileva poi che perplessità suscitano le dichiarazioni rese dal teste
Furone.
Con il secondo motivo viene denunciato il vizio di motivazione in riferimento
alla ricostruzione del fatto; a sostengo dell’assunto la parte richiama stralci delle
dichiarazioni rese dalla persone offesa.
Il ricorso è inammissibile.
Procedendo all’esame congiunto dei motivi di ricorso, si osserva che la parte
deduce censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la
ricostruzione e la valutazione del fatto, come pure l’apprezzamento del materiale
probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di
merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da
incongruenze di ordine logico. Come è noto la giurisprudenza della Suprema Corte
di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che “l’illogicità della
motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è
quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per
espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite
Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che
“esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessinnone). Ed invero,
in sede di legittimità non sono consentite le censure, che pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa

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abbia esaminato superficialmente gli elementi di prova in grado di far logicamente

valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass.
23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI sentenza n. 22445 in data
8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, la Corte di Appello,
soffermandosi specificamente sulle doglianze difensive, ha proceduto alla
ricostruzione diacronica dell’accaduto, giungendo a rilevare che la telefonata di
soccorso era stata effettuata nell’immediatezza del sinistro. Oltre a ciò, la Corte
territoriale ha rilevato la narrazione della persona offesa trovava estrinseco

valutazione espressa dai giudici di merito – all’esito di un percorso argomentativo
logicamente conferente ed ancorato agli acquisiti elementi di prova – laddove si è
osservato che Amaranto, dopo aver tamponato la vettura condotta da Serinelli, si
era dato alla fuga, risulta immune da censure rilevabili in questa sede di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 febbraio 2015.

riscontro nelle dichiarazioni che erano state rese da due passanti. In conclusione, la

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