Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18284 del 03/04/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18284 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA
dalla parte civile DI FRANCESCO LUCA nato il 22/06/1992 a CALTANISSETTA
nel procedimento a carico di:
RICHIUSA ANTONIO nato il 02/12/1969 a ALIMENA
avverso la sentenza del 12/01/2017 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO

Uditi in pubblica udienza: il Sostituto Procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte di cassazione dott.ssa P. Lori, che ha concluso per
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; l’avv. M. Galati, in
sostituzione dell’avv. M. L. Galati, per la parte civile, che ha concluso
riportandosi ai motivi, depositando conclusioni e nota spese; l’avv. V. Lo Re, per
l’imputato, che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.

Data Udienza: 03/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata in data 11/01/2016, il Tribunale di Caltanissetta,
per quanto è qui di interesse, dichiarava Antonio Richiusa responsabile del reato
di lesioni personali in danno di Luca Di Francesco aggravato dall’abuso dei poteri
di sovrintendente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di
Caltanissetta e lo condannava alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in
favore della parte civile. Investita del gravame dell’imputato, la Corte di appello

di primo grado ha assolto Richiusa, perché il fatto non sussiste.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Caltanissetta ha
proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso
detta Corte, denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art.
173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – vizi di motivazione. In modo illogico e
contraddittorio la sentenza impugnata ritiene che l’unica prova a carico
dell’imputato sia rappresentata dalle dichiarazioni della persona offesa e che
queste sarebbero del tutto inattendibili, laddove la sentenza di primo grado
aveva accuratamente distinto le fasi della vicenda, offrendo una valutazione
frazionata dell’attendibilità della persona offesa. La sentenza impugnata non ha
offerto una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle
difformi conclusioni assunte, ma è motivata in modo contraddittorio quanto alle
dichiarazioni dell’agente Fazio, alle certificazioni mediche in atti e alla presenza
di sangue sulla bocca della persona offesa riscontrata dal teste Gioè e omette di
considerare quanto riferito dai medici Gianformaggio e Amico in ordine alla
lesione rilevata nel Di Francesco e dal dott. Palmieri in ordine all’epoca della
stessa, nonché quanto riferito dallo stesso Amico e dalla persona offesa in merito
all’ora in cui questa si recò al pronto soccorso. Pur valutando difformemente dal
giudice di primo grado la testimonianza della persona offesa, la Corte di appello
non ha disposto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per procedere al
suo esame.

3. Avverso la medesima sentenza della Corte di appello di Caltanissetta ha
proposto ricorso per cassazione la parte civile Luca Di Francesco, attraverso il
difensore e procuratore speciale avv. M. L. Galati, articolando due motivi di
seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione con riferimento alla
carenza di motivazione in ordine alla deposizione del teste Amico, che ha riferito
che la lesione timpanica riportata dalla persona offesa era recente e che il
numero del certificato medico si riferisce alla registrazione effettuata al pronto

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di Caltanissetta, con sentenza deliberata il 12/01/2017, in riforma della sentenza

soccorso; all’omessa motivazione circa la relazione di servizio del 06/12/2010
nella quale l’imputato e un collega attribuivano alla condotta della persona offesa
i connotati del reato di resistenza al pubblico ufficiale, circostanze del tutto
omesse nell’annotazione di servizio redatta nell’immediatezza dei fatti;
all’omessa valutazione delle dichiarazioni rese dal teste Gioè, che ha riferito di
aver visto la persona offesa con il labbro sanguinante.
3.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine al giudizio di
inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, fondato su una congettura

quanto dichiarato dal teste Fazio, con le certificazioni mediche e con la ferita al
labbro riscontrata da Gioè e, in contrasto con il principio di immediatezza, non
sostenuta dalla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per procedere al
nuovo esame del ricorrente; in ordine al giudizio di attendibilità delle
dichiarazioni dell’imputato, non sorretto dalla confutazione degli argomenti della
sentenza di primo grado, avuto riguardo alle contraddizioni con i contenuti delle
annotazioni di servizio e con gli elementi che smentiscono il suo racconto indicati
dal Tribunale di Caltanissetta; in ordine all’eziologica delle lesioni provocate alla
persona offesa, avuto riguardo a quanto riferito dai dott.ri Gianformaggio e
Amico, nonché dal dott. Palmieri, e all’orario di arrivo di Di Francesco al pronto
soccorso, alla luce delle dichiarazioni del dott. Paradiso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi devono essere accolti, nei termini di seguito indicati.

2. In premessa, mette conto ribadire il consolidato orientamento della
giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di motivazione della
sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna pronunciata in
primo grado, pervenendo a una sentenza di assoluzione, deve, sulla base di uno
sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del
decisum impugnato, metterne in luce le carenze o le aporie, che ne giustificano
l’integrale riforma (Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, P.C. in proc. Fu, Rv.
261327): pertanto, il giudice di appello che riformi in senso assolutorio la
decisione di condanna di primo grado, non può limitarsi a prospettare notazioni
critiche di dissenso alla pronuncia impugnata, dovendo piuttosto esaminare, sia
pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello
eventualmente acquisito in seguito per offrire una nuova e compiuta struttura
motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni assunte (Sez. 6, n.
46742 del 08/10/2013, Pg in proc. Hamdi Ridha, Rv. 257332; conf., ex plurimis,
Sez. 6, n. 1253 dei 28/11/2013 – dep. 2014, Pg in proc. Ricotta, Rv. 258005).

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imprecisa e disancorata dai contesti temporali di riferimento, in contrasto con

Non è, invece, necessaria, sempre e comunque, la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale per procedere all’esame del teste rispetto al quale il
giudice di appello formuli un diverso giudizio di credibilità, così giungendo ad una
pronuncia di riforma in senso assolutorio. Le Sezioni unite, infatti, hanno
affermato il principio di diritto in forza del quale «nell’ipotesi di riforma in senso
assolutorio di una sentenza di condanna, il giudice di appello non ha l’obbligo di
rinnovare l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno
reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna in primo grado.

dichiarativa ritenuta decisiva ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.) è tenuto ad
offrire una motivazione puntuale e adeguata della sentenza assolutoria, dando
una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata rispetto a quella
del giudice di primo grado» (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 – dep. 2018, P.G.
in proc. Troise). Pertanto, nella parte in cui prospettano come necessaria la
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in vista di un nuovo esame della
persona offesa, i ricorsi sono infondati.

3. Sono invece fondate le censure che denunciano la mancanza, nella
sentenza impugnata, di una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia
ragione delle difformi conclusioni assunte dal giudice di appello.
3.1. La sentenza di primo grado (che ha assolto Richiusa dai reati di
minaccia e di ingiuria ascrittigli, nonché i coimputati Giuseppe Miceli e Massimo
Romano dal reato di lesioni personali ad essi ascritto in concorso con il
ricorrente) aveva messo in luce molteplici fallacità del racconto della persona
offesa, ritenendo tuttavia provata – e riconducibile alla condotta violenta di
Richiusa – l’eziologia della lacerazione della membrana timpanica riscontrata
nell’orecchio sinistro di Di Francesco. In questa prospettiva, il Tribunale di
Caltanissetta aveva valorizzato le plurime incongruenze e discrasie rilevate tra i
contenuti dell’annotazione di servizio redatta dagli operanti nell’immediatezza dei
fatti (alle ore 7.00 del 28/11/2010) e quelli dell’integrazione del 06/12/2010
della predetta annotazione (nonché rispetto a quelli tratti dall’esame
dibattimentale degli imputati): nell’integrazione, all’evidenza redatta quando già
si era saputo che Di Francesco aveva dichiarato al medico del pronto soccorso di
essere stato colpito con degli schiaffi da agenti di polizia, risulta per la prima
volta riferito l’atteggiamento assunto dalla persona offesa una volta caricato
nell’autovettura di servizio durante il tragitto per raggiungere la Questura e il
comportamento posto in essere appena fatto scendere dall’autovettura, laddove,
osserva il giudice di primo grado, l’omissione di tali dati nella prima annotazione
pare difficilmente comprensibile; nell’integrazione si fa riferimento ad un
tentativo di colpire gli operanti con dei calci al momento di scendere dall’auto al

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Tuttavia, il giudice di appello (previa, ove occorra, rinnovazione della prova

quale nessun cenno è stato fatto dagli imputati nel corso del loro esame; al
contrario, nell’integrazione non si fa alcun riferimento alle circostanze riferite
dagli imputati in dibattimento in ordine al fatto che Di Francesco si avvinghiò a
Richiusa e che, quando Miceli e Roma intervennero per separarli, Di Francesco
riuscì a darsi una spinta con le gambe, appoggiandosi all’autovettura, così
rovinando a terra insieme con i predetti due operanti e lì continuando a
dimenarsi. La sentenza di primo grado ha poi richiamato ulteriori contraddizioni
in cui è incorso Richiusa nel suo esame dibattimentale.

delle persona offesa, richiama la relazione di servizio (dalla quale emerge una
condotta oppositiva e ingiuriosa di Di Francesco), ma non si confronta con i dati
tratti dal Tribunale di Caltanissetta dall’integrazione di tale annotazione, né con
le plurime discrasie e contraddizioni rilevate dalla sentenza di primo grado. Sotto
questo primo profilo, la sentenza impugnata rivela un carente confronto critico
con le ragioni addotte a sostegno della pronuncia di primo grado.
3.2. La Corte distrettuale si sofferma poi sulle risultanze offerte

dant

certificazioni mediche e dalla. testimonianze dei sanitari, richiamando le
dichiarazioni del dott. Gianformaggio, secondo cui la lesione della membrana
timpanica può determinarsi per i più svariati motivi, e del dott. Palmeri, secondo
cui la lesione era solo “compatibile” con un’aggressione violenta, non potendosi
escludere che essa preesistesse al 28/11/2010.
Al riguardo, invece, la sentenza di primo grado aveva richiamato le
dichiarazioni del dott. Amico, primario dell’unità operativa di otorinolaringoiatra,
secondo cui la lesione era recente (“fresca”), nonché le dichiarazioni dello stesso
Amico e di Gianformaggio, secondo cui la lesione cagionata a Di Francesco ben
poteva essere derivata da un’aggressione, e quelle del dott. Palmeri che aveva
diagnosticato una “lacerazione timpanica sinistra post-traumatica”: elementi,
questi in estrema sintesi richiamati, dai quali il giudice di primo grado aveva
tratto la conclusione della piena coincidenza, sotto il profilo temporale, della
condotta addebitata a Richiusa e della lesione derivatane a Di Francesco.
Anche sotto questo secondo profilo la motivazione della sentenza di appello
si è sottratta ad una completa e analitica rivisitazione critica degli elementi posti
a base della sentenza di primo grado, sicché sussiste il vizio motivazionale
denunciato.

4. La sentenza impugnata ha poi rimarcato la stranezza del fatto che Di
Francesco abbia atteso il tardo pomeriggio del 28 novembre per recarsi in
ospedale. Sul punto, i ricorrenti richiamano la testimonianza del dott. Amico,
secondo cui il numero riportato sul certificato corrispondeva a quello della
registrazione presso il pronto soccorso, mentre la parte civile richiama anche

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La sentenza di appello, che fa leva su un giudizio di totale inattendibilità

quanto dichiarato dal dott. Paradiso, secondo cui l’orario della visita non coincide
con quello dell’arrivo al pronto soccorso: la sentenza impugnata non si confronta
con gli elementi probatori richiamati, sicché risulta omessa la valutazione di dati
probatori dotati di potenziale significatività. Analogo rilievo vale per quanto
riferito da Gioè, anch’egli arrestato insieme con Di Francesco: al riguardo la
Corte di appello ha sottolineato che il teste, amico personale di Di Francesco e
presente ai fatti, li ha narrati senza far riferimento a un’aggressione da parte di
Richiusa, ma i ricorrenti denunciano l’omessa valutazione del dato probatorio

all’interno degli uffici di polizia, con un labbro sanguinante; anche sul punto, un
dato probatorio significativo viene del tutto trascurato dal giudice di appello, che
valorizza solo una parte delle dichiarazioni di Gioè, sottraendosi alla complessiva
disamina del suo racconto.

5. Pertanto, fermo quanto rilevato supra al punto 2 e assorbite le ulteriori
censure, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo
esame ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta, che, nel quadro
dei princìpi di diritto richiamati, conserva nel merito piena autonomia di giudizio
nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di essi (Sez. 1, n. 803 del
10/02/1998, Scuotto, Rv. 210016), potendo procedere ad un nuovo esame del
compendio probatorio con il solo limite di non ripetere i vizi motivazionali del
provvedimento annullato (Sez. 3, n. 7882 del 10/01/2012, Montali, Rv. 252333).
Al definitivo la liquidazione delle spese sostenute nel presente grado.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione
della Corte di appello di Caltanissetta.
Così deciso il 03/04/2018.
I onsiglie,fe esnsorel

Il Preside
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relativo a quanto riferito dal teste in ordine al fatto di aver visto Di Francesco,

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