Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18264 del 29/04/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18264 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Marian George Diaconu, nato a Ploiesti (Romania) il 6.6.1981
avverso la sentenza del 19 marzo 2015 emessa dalla Corte d’appello di
Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Vincenzo Geraci, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha
ritenuto sussistenti le condizioni per la consegna di Marian George Diaconu
all’autorità giudiziaria rumena, che lo ha richiesto con il mandato d’arresto
europeo del 27.11.2014 per l’esecuzione del provvedimento cautelare emesso
il 7.11.2014 dalla Corte di Ploiesti in relazione ad una serie di reati di furto in
appartamento, nonché furto di beni mobili e tentato furto, tutti commessi in
Ploesti tra il maggio e il settembre 2014.

Data Udienza: 29/04/2015

2. Contro questa sentenza il Diaconu ha presentato ricorso per
cassazione.
Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 6 commi 4 lett. a), 5,
6 e 18 comma 1 lett. t) legge n. 69 del 2005, rilevando che la consegna è
stata disposta nonostante il mandato d’arresto europeo non contenesse alcun

addebitatigli.
Con il secondo motivo denuncia l’incertezza dell’oggetto del mandato
d’arresto, in quanto non è chiaro se la consegna sia stata richiesta per ragioni
processuali, come assume la Corte d’appello, ovvero per l’esecuzione di una
sentenza definitiva, dal momento che si fa riferimento ad una pena da
scontare quantificata in trenta giorni.
Chiede, pertanto, che la sentenza impugnata venga annullata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sono tutti manifestamente infondati.

1.2. Sul primo motivo si rileva che questa Corte ha sempre ritenuto che
l’omessa allegazione al mandato di arresto europeo della relazione sui fatti
addebitati alla persona di cui è richiesta la consegna, secondo la previsione
dell’art. 6 comma 4 lett. a) legge n. 69 del 2005, non costituisce di per sé
causa ostativa alla consegna, quando la documentazione trasmessa dallo
Stato di emissione consente, comunque, all’autorità giudiziaria italiana di
espletare il controllo affidatole dalla legge (tra le tante cfr., Sez. VI, 20
ottobre 2011, n. 38850, Estrada; Sez. VI, 28 giugno 2007, n. 25421,
Iannuzzi).
Nel caso di specie, sebbene manchi la relazione, i dati e gli elementi che
questa avrebbe dovuto indicare, in base all’art. 6 comma 4 legge cit.,
comprese le fonti di prova, sono direttamente rilevabili dal m.a.e. e dal
provvedimento cautelare del 7.11.014, documenti che contengono l’elenco dei
reati oggetto della richiesta, con la precisa descrizione delle modalità
attraverso cui sono stati realizzati i furti e del contributo che il Diaconu ha
dato alla riuscita delle condotte delittuose.

2

riferimento alle fonti di prova e non riportasse la relazione sui fatti

Sulla base di tali elementi la Corte d’appello ha, correttamente, ritenuto
sussistenti i gravi indizi cui è subordinata, ex art. 17 comma 4 legge n. 69 del
2005, la consegna della persona ricercata: d’altra parte, è sufficiente che gli
elementi probatori relativi all’attività criminosa ed al coinvolgimento della
persona richiesta, emergenti dal contenuto intrinseco del mandato d’arresto
inviata dall’autorità emittente, siano astrattamente idonee a fondare la gravità

La valutazione in concreto delle stesse sarà compito riservato all’autorità
giudiziaria del paese emittente.

1.2. Riguardo al secondo motivo si osserva che dalla documentazione
trasmessa risulta evidente che la richiesta di consegna non si riferisce
all’esecuzione di una sentenza, come sembra sostenere il ricorrente; si tratta
infatti di un mandato di natura processuale, come risulta evidente dalla stessa
allegazione del provvedimento cautelare. Di conseguenza i dubbi avanzati nel
ricorso circa una presunta incertezza dell’oggetto della richiesta si rivelano del
tutto infondati.

2. In conclusone, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di una somma
di denaro in favore della cassa delle ammende che si ritiene equo determinare
in euro 1.000.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 22 comma 5
legge n. 69 del 2005.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22 comma 5
legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 29 aprile 2015

Il Consiglìee estensor

Il P es’de

indiziaria sia pure con la sola indicazione delle evidenze fattuali a suo carico.

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