Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18256 del 25/02/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18256 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZELLI FELICE ANTONIO N. IL 14/06/1949
ROSATI MAURIZIO N. IL 23/02/1957
RAUCO ALFREDO N. IL 10/04/1959
TRANCASSINI PAOLO N. IL 29/06/1963
PACIUCCI VITO N. IL 14/06/1961
BOCCANERA GIULIANO N. IL 14/02/1969
RAUCO GIUSEPPE N. IL 23/07/1961
FOSSATELLI GIOVANNI N. IL 03/10/1941
avverso la sentenza n. 1584/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
15/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Data Udienza: 25/02/2015

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 15 gennaio 2013, in riforma della sentenza del
Tribunale di Rieti del 6 ottobre 2009, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato
non doversi procedere nei confronti degli imputati Felici Terzo, Zelli Felice
Antonio, Rosati Maurizio, Rauco Alfredo, Trancassini Paolo, Paciucci Vito,
Boccanera Giuliano, Rauco Giuseppe e Fossatelli Giovanni per intervenuta
prescrizione dei reati di abuso d’ufficio sub capi A) e B) e della violazione edilizia

2. Ricorre avverso la sentenza l’Avv. Alessandro Ierardi, difensore di fiducia
di Zelli Felice Antonio, Rosati Maurizio, Rauco Alfredo, Trancassini Paolo, Paciucci
Vito, Boccanera Giuliano, Rauco Giuseppe e Fossatelli Giovanni, e ne chiede
l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. violazione di legge penale e processuale in relazione agli artt. 323 cod.
pen. e 129 e 531 cod. proc. pen. per insussistenza dell’elemento dell’ingiusto
profitto nella condotta contestata sub capo A), sostanziatasi nel solo voto
favorevole alla delibera n. 10 del 6 febbraio 2004, con la quale si era incaricato
il Sindaco di rilasciare 25 permessi a costruire, ivi compreso quello di Felici
Terzo;
2.2. violazione di legge penale e processuale in relazione agli artt. 323 cod.
pen. e 129 e 531 cod. proc. pen., per insussistenza del fatto contestato di cui al
capo B), atteso che le delibere del Consiglio Comunale, la citata n. 10 e la n. 87
del 28 novembre 2004 ed i conseguenti provvedimenti concessori
corrispondevano ad un interesse pubblico e/o collettivo generale;
2.3. violazione di legge penale in relazione agli artt. 20, 28 e 31 cod. pen.
per avere la Corte d’appello, nel confermare nel resto la sentenza impugnata,
omesso di eliminare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
3.

Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato

inammissibile.
4. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.
5. Il Collegio non può invero non rammentare che, come questa Corte ha
già avuto modo di chiarire anche a Sezioni Unite, in presenza di una causa di
estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di
assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei
casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione
del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli
atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il
giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”,
ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi
2

sub capo C) loro ascritti.

incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez.
U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 23680; Cass. Sez. 4, Sentenza n.
23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 256202).
Situazione di evidenza dell’innocenza degli imputati che, avuto riguardo alle
argomentazioni svolte nei motivi di ricorso e tenuto conto della ricostruzione dei
fatti operata dai giudici di primo e secondo grado sulla base delle risultanze
dell’istruttoria dibattimentale, non può ritenersi sussistente nella specie.
6. Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si

sentenza impugnata, non abbia proceduto alla eliminazione della pena accessoria
dell’interdizione dai pubblici uffici.
Secondo i principi più volte affermati da questo giudice di legittimità, una
volta estinto il reato vengono meno anche le pene accessorie. Ed invero, le pene
accessorie conseguono di diritto alla sentenza di condanna come effetti penali
della stessa, con la conseguenza che non possono essere mantenute in caso di
proscioglimento dell’imputato anche se pronunciato a seguito di estinzione del
reato per prescrizione (Cass. Sez. 2, n. 11033 del 03/03/2005 – dep.
21/03/2005, Ndiaye, Rv. 231050; Sez. U, n. 7 del 20/04/1994 P.M. in proc.
Volpe Rv. 197537).
7. Fissate tali coordinate ermeneutiche non può nondimeno non essere
rilevato come la Corte territoriale, nel far seguire nel dispositivo alla
dichiarazione di non doversi procedere nei confronti degli imputati per
intervenuta estinzione dei reati, l’espressione “conferma nel resto” abbia con ciò
inteso ribadire la statuizione della sentenza di primo grado del Tribunale di Rieti
del 6 ottobre 2009, con la quale si era già dichiarata l’estinzione del reato per
prescrizione in relazione al reato di cui al capo C), e non anche confermare effetti
penali – quali quelli connessi ai reati per i quali veniva dichiarata la prescrizione che hanno nella condanna irrevocabile un necessario ed imprescindibile
presupposto.
8. Dal rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 25 febbraio 2015
Il consigliere estensore

lamenta del fatto che la Corte territoriale, allorchè confermava “nel resto” la

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