Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18245 del 25/02/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18245 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAGANA’ GIUSEPPE N. IL 17/11/1978
avverso la sentenza n. 45442/2013 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 19/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
Utte/sentite le conclusioni del PG Dott. 02 c-,

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 25/02/2015

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Laganà Giuseppe, personalmente, ricorre per cassazione, ai sensi
dell’art. 625-bis c.p., per la correzione dell’errore di fatto a suo
avviso contenuto nella sentenza n. 32942/14 resa all’udienza del 19
marzo 2014, con la quale la quinta sezione della corte di cassazione
ha dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso la sentenza della
Corte di appello di Reggio Calabria del 19 marzo 2013. Con detta
sentenza il ricorrente è stato condannato perché giudicato colpevole
del reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 nn. 2 e 7 c.p., commesso il
13 maggio 1998.
Deduce il Laganà che la sentenza di appello è stata deliberata ben
oltre il termine massimo di prescrizione del reato, maturato —
secondo avviso difensivo – dopo dodici anni e sei mesi dal fatto
contestato, termine la cui maturazione, al momento della sentenza
di appello, risulta erroneamente non rilevato dal giudice di
legittimità.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Al momento della sentenza di primo grado, pronunciata il 24
giugno 2005, in tema di prescrizione era vigente la disciplina
codicistica previgente rispetto alla novella introdotta dalla 1. 5
dicembre 2005 n. 251 e dall’art. 6 co. 1 di tale legge, in particolare,
con riferimento al tempo necessario a prescrivere, disciplinato
dall’art. 157 c.p..
Ai sensi poi dell’art. 10, commi 2 e 3, della legge riformatrice,
come definiti all’esito della pronuncia di illegittimità costituzionale
di cui alla sentenza C.Cost. n. 393, del 23 novembre 2006, i nuovi
termini prescrizionali, quelli attualmente vigenti, erano applicabili
anche ai processi in corso al momento dell’entrata in vigore della
riforma, ma limitatamente a quelli pendenti in grado di appello o
avanti alla Corte di cassazione.
Al caso di specie, pertanto, trovano applicazione i termini
prescrizionali più ampi stabiliti dalla disciplina previgente, pari, per
il reato di furto aggravato giudicato con la sentenza dedotta dal
ricorrente, reato punito con la reclusione da tre a dieci anni, ad anni
quindici, prorogabili, per effetto di sospensioni, fino ad anni
ventidue.
Il delitto per il quale, pertanto, il ricorrente è stato giudicato,
maturava il termine massimo di prescrizione il 12 maggio 2020.

1

3. Il ricorso è, in conclusione inammissibile ed alla declaratoria di
inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
in favore della Cassa per le ammende che si stima equo fissare in
euro 1000,00.

la Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di euro 1000,00 alla Cassa per
le ammende
Così deciso in Roma, addì 25 febbraio 2015
Il cons. est.

P. T. M.

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