Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18245 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18245 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Cannavò Orazio, nato a Catania il 24/07/1966,
avverso la sentenza del 07/10/2016 della Corte di Appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppina Casella, che ha chiesto l’annullamento con rinvio in ordine al capo b)
rigetto nel resto;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Catania confermava la
sentenza del Tribunale di Catania che aveva dichiarato non doversi procedere nei
confronti del ricorrente in ordine al reato di abuso edilizio di cui al capo A) per
intervenuta prescrizione e condannato l’imputato alla pena di 600 euro di multa
in relazione al reato di invasione arbitraria di suolo demaniale di cui al capo B),

1

Data Udienza: 10/04/2018

commesso attraverso l’occupazione di detto suolo con un manufatto di 20 metri
quadrati.
2. Ricorre per cassazione Orazio Cannavò, deducendo:
1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla confermata statuizione
di non doversi procedere per prescrizione in ordine al reato di abuso edilizio di
cui al capo A), avendo la Corte di Appello pretermesso una serie di prove
attestanti come l’imputato avrebbe dovuto essere assolto per non avere
commesso il fatto;
violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta

responsabilità per il reato di invasione di terreni di cui al capo B), dal momento
che la Corte non avrebbe offerto alcuna motivazione in ordine alla invasione
arbitraria posta in essere dall’imputato, che sarebbe, al più, subentrato al padre
nella gestione dell’attività di vendita di angurie svolta nel manufatto abusivo;
3) violazione di legge e mancanza della motivazione in ordine all’accertamento
del fatto che il suolo occupato dal manufatto fosse demaniale anziché di
proprietà privata, come eccepito dalla difesa, con consequenziale procedibilità
del reato a querela, nella specie mancante. Con il che, la Corte avrebbe dovuto
pronunciare sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela;
4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione
della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato.
1. Quanto al primo motivo, deve sottolinearsi che la pacifica giurisprudenza di
questa Corte ritiene che in presenza di una causa di estinzione del reato (nella
specie, prescrizione), non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione
della sentenza impugnata, perché l’inevitabile rinvio della causa all’esame del
giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo
della immediata declaratoria di proscioglimento stabilita dall’art. 129 cod. proc.
pen. salvo che nella sentenza impugnata si dia atto della sussistenza dei
presupposti per la pronuncia di assoluzione, sia pure ai sensi del secondo comma
dell’art. 530 cod. proc. pen. atteso che, nel vigente sistema processuale,
l’assoluzione per insufficienza o contraddittorietà della prova è del tutto
equiparata alla mancanza di prove e costituisce pertanto pronunzia più
favorevole rispetto a quella di estinzione del reato (Sez. 4, n. 40799 del
18/09/2008, Merli, Rv. 241474 ed altre successive che riguardano l’udienza
preliminare, come Sez. 3, n. 23260 del 29/04/2015, Gori, Rv. 263668; Sez. 5, n.
2517 del 14/09/2016, dep. 2017, Rv. 269048).
2
W\-.

2)

Nel caso in esame, la Corte non ha dato spazio ad una pronuncia di assoluzione,
sia pure per insufficienza di prove, stabilendo che l’imputato occupava il
manufatto abusivo e gestiva l’attività in esso svolta e l’opera appariva recente.
Accertamenti di merito che non possono essere discussi in questa sede, a
maggior ragione in presenza di una declaratoria di intervenuta prescrizione.
Ne consegue che il primo motivo è infondato.
2. Sono fondati, invece, gli altri motivi, non avendo la Corte fornito alcuna
motivazione in ordine alle specifiche censure difensive, formulate con l’atto di

commessa dai suoi ascendenti, tema di prova affrontato già in primo grado e che
il Tribunale non aveva risolto.
Ciò, alla luce della pacifica giurisprudenza di legittimità secondo cui non integra il
delitto di invasione di terreni o di edifici la condotta di chi continui a possedere
un bene altrui (nella specie demaniale) per essere subentrato nel possesso di
esso a un ascendente (Sez. 2, n. 36733 del 23/09/2010, Rugger, Rv. 248293).
3.

Per altro verso, la Corte non ha dato risposta alla specifica deduzione

difensiva volta a contestare l’invasione di suolo demaniale anziché privato,
circostanza che refluisce sulla procedibilità dell’azione ai sensi dell’art. 639-bis
cod . pen..
4.

Infine, nessuna motivazione è stata adottata neanche con riguardo alla

possibile applicazione dell’art. 131-bis cod.pen., espressamente invocata nell’atto
di appello.
Ne consegue che la sentenza deve essere annullata con rinvio per un nuovo
esame dei suddetti punti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo b) con rinvio ad altra
sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo giudizio.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 10.04.2018.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Il Presidente
Pierca illo Davigo

appello, a proposito del possibile subentro dell’imputato nella invasione del suolo

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