Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18243 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18243 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Fantei Livio, nato a Livorno il 05/07/1950
avverso l’ordinanza del 18/01/2013 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, Il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Tindari
Baglione, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRMO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Roma confermava il
provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Velletri aveva rigettato l’istanza con cui la difesa di Livio Fantei aveva chiesto il

Data Udienza: 17/04/2013

dissequestro del conto corrente bancario intestato al Fantei presso l’agenzia 1 di
Roma della banca Monte dei Peschi di Siena.
Rilevava il Tribunale che il sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 322
ter cod. pen., era stato correttamente eseguito con apposizione di un vincolo

sull’intero conto corrente, posto che II decreto genetico aveva previsto il
sequestro delle somme depositate su quel conto nella misura eccedente l’importo
di 10.000 euro, sino alla concorrenza di 52.300 euro, e che, dopo l’esecuzione,
era stata accreditata su quel conto la somma di 49.152 euro, che doveva così

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso Livio Fantei, con atto
sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto la violazione di legge, in
relazione all’art. 322 ter cod. pen., ed il vizio di motivazione, per mancanza e
contraddittorietà, per avere il Tribunale dell’appello erroneamente ritenuto che il
sequestro fosse stato disposto sul conto corrente Intestato all’indagato e non
anche sulle somme di denaro sullo stesso depositate, come inequivocabilmente
risultante dal tenore del dispositivo del decreto applicativo della misura cautelare
reale.
3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
4. L’art. 322 bis cod. proc. peri., stabilendo che è possibile proporre appello
“contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo”, fa evidentemente
riferimento – come si desume agevolmente da una interpretazione sistematica
della norma, in collegamento con quelle dettate dagli artt. 321 e 322 cod. proc.
pen. – alle soie ordinanze che negano l’applicazione della misura o con le quali si
decide sul suo mantenimento (in questo senso, sia pur con riferimento ad una
fattispecie analoga, Sez. U, n. 21334 del 31/05/2005, Napolitano, Rv. 231055).
In altri termini, tanto con il riesame avverso il decreto genetico del sequestro
preventivo, quanto con l’appello avverso le successive ordinanze nella stessa
materia, i soggetti legittimati possono far valere le proprie ragioni in ordine
all’esistenza o alla persistenza dei presupposti di applicazione di quella misura
cautelare reale, come pure indirettamente si desume dal fatto che l’art. 321
comma 3 del codice di rito, cui il citato art. 322 bis è chiaramente collegabile, fa
riferimento alla istanza con la quale si chieda la revoca del sequestro preventivo
per la mancanza, eventualmente anche sopravvenuta, delle condizioni originarie
di applicabilità della stessa misura.
In tale ottica, è legittimo sostenere che le questioni che attengono alle
modalità di esecuzione del sequestro preventivo non possono essere fatte valere
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ritenersi sottoposta al vincolo giudiziario.

propriamente con una richiesta di dissequestro, e tanto meno sono appellabili ex
art. 322 bis o ricorribili per cessazione ex art. 325 cod. proc. pen. le ordinanze
che il giudice che procede dovesse eventualmente adottare in merito al
mantenimento della misura, trattandosi di questioni che devono essere portate
all’attenzione del giudice competente con la distinta procedura dell’incidente di
esecuzione (in questi termini Sez. 3, n. 26729 del 23/03/2011, Lannino, Rv.
250637).
Ne consegue che la questione concernente l’asserita erronea estensione del
sole somme ivi depositate, doveva essere posta al giudice competente nelle
forme dell’incidente di esecuzione e decisa con provvedimento non appellabile ex
art. 322 bis cod. proc. pen.; con l’ulteriore conseguenza che non è impugnabile
con il ricorso per cessazione l’ordinanza che il tribunale abbia erroneamente
adottato sull’improponibile impugnazione formulata dalla difesa dell’indagato.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed a quello in favore della cassa delle
ammende di una somma, che sl stima equo fissare nell’importo che segue.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 17/04/2013

vincolo reale all’intero conto corrente bancario intestato all’indagato anziché alle

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