Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18241 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18241 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CITTERIO CARLO

Data Udienza: 16/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERNANDEZ ARRINDA LANDER N. IL 29/02/1980
avverso la sentenza n. 22/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
08/0 I /2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
15,tté/sentite le conclusioni del PG Dott. juttA.44″Im„*.
,t)

Udili difensoiì Avv.COpfl; rtt
Abv L-wetAL: 444È e ) 1

P-41544

~4.

S744w.4- (4.t 3

;

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1

CONSIDERATO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Roma con sentenza dell’8.1.13 ha dichiarato
sussistenti le condizioni per accogliere la domanda del Regno di Spagna di
estradizione del cittadino spagnolo Fernandez Arrinda Lander, destinatario di
mandato di cattura emesso il 12.6.12, a fini processuali, per il reato di atto di
264.4, 266.2 e 579).
Il fatto ascritto consiste nell’avere alle ore 22.36 del 20.2.2002 appiccato il
fuoco, con una tanica di benzina, ad un autobus, parcheggiato chiuso vicino ad una
fermata soppressa, senza passeggeri, nella città di Bilbao, davanti ad un
determinato numero civico (fg. 4 fasc. rich. di estr.). L’estradando ha agito in
concorso con altra persona, membro di un’organizzazione radicale agente in seno
alla cd kale borroca (guerra di strada), collaborante con l’ETA per raggiungere i
medesimi scopi. L’azione ha comportato, secondo la descrizione nella nota del
20.6.2012, l’incenerimento e la distruzione totale del mezzo, con danni stimati in
circa 8.871,98 euro.
Le descrizioni circostanziali che accompagnano la domanda di estradizione
(20.6.12) riferiscono che il Lander Fernandez Arrinda non ha precedenti penali.
In relazione all’epoca di consumazione si è proceduto con il rito di
estradizione. L’estradando risulta attualmente agli arresti domiciliari per questa
causa.
1.1 La Corte d’appello, tra l’altro, dava atto esser presenti nella richiesta di
estradizione la valutazione e la descrizione degli elementi indizianti (le dichiarazioni
del coimputato, l’esito dell’esame di DNA su una felpa ed un cappuccio rinvenuti sul
luogo dei fatto).
Disattendeva poi l’eccezione di prescrizione (con richiesta di applicazione
dell’art. 10 Conv. Estrad. 13.12.1057), giudicando nella fattispecie configurabile
(nella legislazione nazionale) il delitto di cui all’art. 423 c.p. aggravato ai sensi
dell’art. 1 legge 15/1980.
Su tale ultimo punto evidenziava che proprio l’estradando in sede di convalida
dell’arresto aveva specificamente dichiarato di essere a conoscenza della pendenza
giudiziaria spagnola “relativa a fatti accaduti nel 2002 a seguito di una
manifestazione contro la messa al bando dell’organizzazione giovanile basca SEGI”.
E tale organizzazione, evidenziava ancora La Corte d’appello, era stata qualificata

terrorismo (previsto e punito dagli artt. 577 e 346.2 in riferimento agli artt. 263,

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terroristica con sentenza del 2007 del Tribunale Supremo spagnolo, in quanto
fiancheggiatrice dell’ETA e impegnata a diffondere nel territorio la forma meno
cruenta di terrorismo rappresentata dalla cd kale borroca/guerra di strada. Questa
valutazione giurisdizionale aveva espresso un apprezzamento di cui già precedente
decisione di questa stessa Corte suprema aveva preso e dato atto: la Corte
distrettuale richiamava in particolare Sez.6, sent. 37562/2010.
Tenuto pertanto conto dell’atto interruttivo costituito dall’ordinanza 20.5.2010
con riferimento alla disciplina originaria dell’art. 157 c.p. (7 anni, 10 anni 6 mesi
per la circostanza aggravante, quindi 15 anni e quindi 22 anni 6 mesi) sia con
riferimento alla disciplina vigente (da 10 anni sei mesi a 13 anni I. mese 15 giorni).
2. Due i ricorsi proposti nell’interesse dell’estradando.
2.1

II ricorso dell’avv. Lucentini enuncia unico articolato motivo di

Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 10 della Convenzione Europea di
Estradizione e vizi alternativi della motivazione in ordine alla ritenuta qualificazione
del fatto reato attribuito all’estradando. Commentando la descrizione del fatto
contenuta nella documentazione spagnola, si evidenzia che II dato oggettivo
dell’essere stato il mezzo parcheggiato libero da persone e conducente, nonché
presso fermata definita soppressa, escludeva la sussistenza di alcun pericolo di
incendio diffusivo. Pertanto l’azione ascritta si sarebbe risolta in un mero e
consapevolmente voluto danneggiamento del mezzo (oltretutto con fuoco azionato
senza peculiari artifici, una tanica di benzina, e con danno quantificato in atti in soli
8.000 euro, da ritenersi incompatibile con la totale distruzione del mezzo). La
successiva comunicazione del 6.11.12, in risposta a richiesta dell’autorità giudiziaria
Italiana, avrebbe fornito elementi strumentalmente suggestivi e surrettizi, esaltando
due dati (trattarsi di fermata e l’attesa di passeggeri) del tutto contrastanti con il
contesto in fatto descritto nella documentazione precedente.
Il ricorrente svolge poi deduzioni per escludere la sussistenza nella fattispecie
della finalità di terrorismo, In relazione alla natura del fenomeno della cd guerra di
strada (kale borroca) ed alla sua autonomia rispetto alle organizzazioni terroristiche

(richiamando documenti del Consiglio dei diritti umani dell’Onu e la lettera D
dell’art. 1 della Decisione Quadro 13.6.02 sulla lotta al terrorismo). Esclusa
l’aggravante, comunque anche il reato di incendio si sarebbe prescritto prima
dell’atto interruttivo richiamato nella sentenza impugnata.
2.2 II ricorso dell’avv.ssa D’Addabbo enuncia due motivi:

di “apertura del giudizio orale”, doveva escludersi ogni prescrizione ‘interna’, sia

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1-.

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“difetto”, “insufficienza” e manifesta Illogicità della motivazione,

violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Conv. Eur. 13.12.1957 e dell’art. 705.1
c. p. p..
Vengono riproposte le considerazioni in fatto sul contesto dell’azione e la
contraddittorietà delle informazioni successive rispetto all’imputazione, ai fini della
qualificazione giuridica del fatto e, a sostegno della deduzione di non configurabilità
dell’aggravante, sulla natura della kale borroca, con richiamo all’interpretazione
Quanto alla gravità indiziarla, la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto
della documentata successiva immediata ritrattazione del coimputato, che aveva
altresì accusato di tortura gli investigatori.
2-.

“difetto”, “insufficienza” e manifesta illogicità della motivazione,

violazione e falsa applicazione dell’art. 705.2 lett. A e C c.p.p., in relazione alla
“vaghezza” delle norme incriminatrici spagnole in materia dì terrorismo, nonché alle
numerosissime denunce di torture che sarebbero state presentate dagli attivisti
baschi in esito a soggiorni nelle caserme in occasione delle varie indagini; ciò,
anche alla luce della speciale disciplina spagnola nell’ambito dei reati di terrorismo,
con ripetuto intervento anche della CEDU.

2.3 Il 10 aprile è pervenuta nota illustrativa del procuratore capo presso
l’Audiencia Nacional di Madrid, relativa alle previsioni dell’ordinamento giuridico
spagnolo in materia di terrorismo.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3. La Corte giudica che il ricorso debba essere rigettato.
3.1 Il regime convenzionale limita la cognizione afferente la sussistenza della
gravità indiziarla, in ordine alla imputazione provvisoria per la quale la richiesta di
consegna ‘processuale’ è presentata, all’accertamento che l’autorità giudiziaria
competente, secondo lo Stato richiedente, abbia proceduto ad una loro specifica
individuazione e valutazione. Così, come correttamente osservato dalla Corte
d’appello, è nella fattispecie, stanti i due elementi probatori riferiti (le dichiarazioni
del coimputato e l’esito degli accertamenti tecnici attestanti la presenza di DNA
riconducibile all’estradando su capi di abbigliamento rinvenuti nel luogo). Né il
rilievo difensivo sulla dedotta immediata ritrattazione del coimputato può assumere
valenza determinante: non solo perché si tratterebbe di evento che incide
nell’apprezzamento della prova orale (che non compete al giudice dello Stato
richiesto) ma, ed è osservazione assorbente, perché nulla il ricorrente deduce in
ordine al dato obiettivo (e certo non criticabile di intrinseca palese inconsistenza

della nozione di terrorismo di cui a 5ez.5 sent. 12252/12.

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probatoria) del rinvenimento sul luogo dell’evento di tracce del DNA
dell’estradando.
3.2 Quanto alla qualificazione del fatto ascritto secondo la legge nazionale, a
giudizio del Collegio innanzitutto deve essere confermata, allo stato degli atti, la
qualificazione giuridica secondo la legislazione nazionale, operata dal Giudice
distrettuale in termini di incendio e non di danneggiamento (ed in ipotesi seguito
dal pericolo di incendio o dallo stesso). La collocazione del mezzo in centro cittadino
di apprezzabili dimensioni dotato di carburante), insieme con l’esito dell’azione
(riferita in termini di totale distruzione e incenerimento, per sé sintomatica della
progressiva diffusività delle fiamme, non compatibili con una prevedibilmente certa
limitazione degli effetti), anche in relazione alle modalità di attivazione del fuoco
(sversamento di una tanica di benzina all’interno del mezzo dopo la forzatura di
portiera chiusa), rendono palesemente inadeguata la sollecitata derubricazione. Né
il dato della riferita entità del danno ha il significato logico di insuperabile
contraddizione propugnato dal ricorrente: la somma di circa 8900 euro, infatti,
andrebbe apprezzata in relazione alle condizioni di stato ed all’epoca del mezzo
sicché, a fronte di una specifica e reiterata descrizione di distruzione e totale
incenerimento, il dato nella sua generica deduzione non è idoneo ad attestare, con
evidenza immediata e insuperabile, la ‘falsità’ delle reiterate indicazioni dell’autorità
straniera.
3.3 In ordine alla configurabilità anche della circostanza aggravante ex art. 1
legge 15/1980, occorre muovere dalla precedente decisione di questa stessa Corte,
n. 37562/2010, che la sentenza impugnata ha correttamente richiamato
specificamente e che i ricorrenti invece hanno ignorato nelle loro pur articolate e
certo apprezzabili deduzioni.
Con tale decisione sono già stati affrontati, In termini, alcuni dei punti che le
difese dell’odierno estradando ripropongono. Questa Corte suprema ha pertanto già
affermato la sussistenza di un quadro indiziario rappresentativo della natura
terroristica della SEGI, in linea con la sentenza 19.1.2007 del Tribunale Supremo
spagnolo; in particolare tale organizzazione viene considerata autonoma ma
fiancheggiatrice dell’ETA, una ‘filiazione’ cui è assegnato il compito di diffondere
capillarmente nel territorio l’azione terroristica nella forma meno cruenta ma
sempre violenta della kale borroca (guerra da strada). Nella stessa sentenza si è già
avuto modo di confrontarsi con le medesime deduzioni (in allora proposte dalla
parte pubblica lì ricorrente, oggi riproposte dalle difese), relative ai timori,
sociologici e giuridici, manifestati dal Relatore speciale dell’Onu in ordine al

(vi è il riferimento ad un numero civico specifico) e la sua peculiare natura (veicolo

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fenomeno della kale borroca. E si è osservato, con apprezzamento puntuale dal
quale non vi sono ragioni per discostarsi, stante appunto anche il ricordato mancato
specifico confronto dei ricorsi, che proprio <>.
Orbene, con tale premessa sulla natura della SEGI, la Corte d’appello ha bene
evidenziato come sia stato proprio lo stesso estradando che, in sede di convalida
dell’arresto, ha dichiarato di essere a conoscenza della pendenza del processo
spagnolo “per fatti accaduti nel 2002 a seguito di una manifestazione contro la
messa al bando dell’organizzazione giovanile basca SEGr.

Con ciò, è proprio l’interessato che colloca la condotta che gli è addebitata
(con il quadro indiziario prima ricordato) all’interno di uno specifico e consapevole
contesto collettivo volto a sostenere l’organizzazione terroristica. Il che impedisce,
in questa fase estradizionale di limitata cognizione, di collocare, in termini di
immediata percebilità già ex actis, l’azione del FERNANDEZ ARRINDA LANDER, che
agiva in concreto anche con correo) descritto come quantomeno fiancheggiatore
dell’ETA, al di fuori del contesto della finalità di terrorismo ritenuta dalla Corte
d’appello, e quindi invece considerarla iniziativa isolata e manifestazione di mero
‘disagio sociale’ o ‘protesta politica per ragioni sociali’.
Anche il singolo evento va quindi, per quanto appena argomentato, inserito
nel contesto di una manifestazione volta in definitiva a “costringere indebitamente i
poteri pubblici dall’astenersi dal compiere l’atto” dello scioglimento di
un’associazione riconducibile all’area dell’azione terroristica. Ciò, da un lato nella
piena dichiarata consapevolezza del presunto coautore, di cui è chiesta
l’estradizione; dall’altro, rispetto ad un fatto (quello di incendio, per quanto prima
argomentato) che è espressamente considerato tra quelli idonei all’azione
terroristica (art. 270 sexies in relazione alla lettera G dell’art. 1 della Dec. Quadro
2002/475/GAI sulla lotta al terrorismo, che appunto espressamente considera il
“cagionare incendi”).

dell’Unione Europea, con sentenza del 27 febbraio 2007, ha respinto il ricorso

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Da qui anche l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione, correttamente
giudicata dalla Corte d’appello di Roma.
3.4 Anche il secondo motivo del ricorso dell’avv.ssa D’Addabbo è infondato,

nelle sue due articolazioni.
La lettura dell’art. 577 c.p. spagnolo, il cui testo è nella documentazione in
atti, impone di escludere che possa parlarsi di norma ‘vaga’. In particolare, per
quanto specificamente rileva nel nostro caso, la norma richiama anche le condotte
terroristi, genera clima di terrore tra la popolazione di un luogo. E risulta del resto
intrinsecamente contraddittorio, con la

deduzione di vaghezza della norma

spagnola, il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in tema di chiarimento ed
interpretazione delle nozioni di sovversione e terrorismo in relazione a ‘nostre’
norme nazionali che a quel tema sono specificamente dedicate.
Quanto infine alla violazione dell’art. 705.2 lett. A c.p.p., la deduzione del
ricorso secondo cui ‘la legislazione procedurale spagnola purtroppo legittima
l’utilizzo di strumenti inquisitori che sfociano spesso in episodi di tortura’ (e ciò con
particolare riferimento all’istituto della incomunicaciòn) risulta manifestamente
infondata, a fronte degli specifici chiarimenti normativi forniti con la memoria sul
‘compendio giuridico penai-processuale sul terrorismo’, proveniente dal procuratore
capo presso l’Audlencia Nacional di Madrid con data 10.4.13. In particolare, va
ricordato che l’insegnamento costante di questa Corte suprema in materia è nel
senso che il timore di essere sottoposto ad atti persecutori o discriminatori o a pene
o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano
violazione di uno dei diritti fondamentali della persona opera solo quando ciò sia
riferibile a scelte normative o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da
contingenze estranee a orientamenti istituzionali, mentre non rilevano le situazioni
rispetto alle quali è possibile una tutela legale (per tutte, Sez.2, sent. 26588/2011).
La nota illustrativa pervenuta chiarisce che la misura dell’isolamento iniziale è
istituto generale, che per i reati di terrorismo o consumati in concorso o in forma
organizzata può avere durata maggiore: 5 giorni più due proroghe di 5 e 3 giorni;
soprattutto evidenzia che la misura è soggetta a decisione giudiziaria. Il fatto che
in tale periodo possano verificarsi (e siano state denunciate come effettivamente
verificatisi) episodi di violenza anche reiterati non può essere considerato, come
parrebbe dedurre il ricorrente, conseguenza coerente all’intenzione del legislatore
spagnolo o dell’Esecutivo, tali episodi costituendo in ipotesi condotte illecite
suscettibili di tutela legale. Ma assorbente sulle pur determinanti osservazioni che
precedono risulta il fatto che la consegna dell’estradando è stata richiesta per

di incendio consumate da chi, pur non appartenendo a organizzazioni o gruppi

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consentire l’espletamento del dibattimento nella fase processuale (fg. 10 e 17 fasc.
rich. estr.).
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

processuali.

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