Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18240 del 16/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18240 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Ambrosimo Giuseppe, nata a Pignataro Maggiore (CE) il 18/01/1960

avverso l’ordinanza del 14/12/2012 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Vincenzo Geraci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata la Corte di appello di Torino rigettava
l’istanza con la quale Giuseppe Ambrosino aveva chiesto di essere restituito nel
termine per impugnare con ricorso per cassazione la sentenza irrevocabile di
condanna emessa dalla stessa Corte il 17/05/2012.
Rilevava la Corte territoriale come l’Ambrosino si fosse limitato ad eccepire la
irregolarità della notificazione del decreto di citazione al giudizio di appello e del

Data Udienza: 16/04/2013

successivo estratto contumaciale, laddove tali atti erano risultati, invece,
notificati al domicilio eletto dall’imputato, e mai revocato, presso l’avv. Panagin
che lo aveva difeso nel relativo processo contumaciale.
2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l’Ambrosino il quale si è doluto
della erroneità della decisione, per non avere tenuto conto che egli aveva
revocato il mandato difensivo all’avv. Panagin, conferendolo, invece, ad altro
difensore, l’avv. Cinzia Carradori; e per avere la Corte di appello deciso sulla sua

3. Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto
del ricorso in quanto, benché avanzato contro un provvedimento adottato da
giudice funzionalmente incompetente, la relativa doglianza era infondata dato
che gli atti richiamati erano stati regolarmente notificati all’imputato nel
domicilio da lui eletto.
4. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile perché manifestamente
infondati sono entrambi i motivi dedotti.
5. Quanto al primo motivo, va osservato che costituisce ius receptum nella
giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la restituzione nel
termine per impugnare una sentenza contumaciale opera, ai sensi dell’art. 175
comma 2 cod. proc. pen., solo quando risulti dagli atti la mancata conoscenza
del procedimento da parte dell’imputato, che ha l’onere di allegare le ragioni per
le quali, pur essendo le notifiche effettuate con modalità formalmente regolari,
egli non ne abbia avuto notizia e di indicare il “dies a quo” a far data dal quale il
provvedimento che si intende impugnare sia divenuto noto all’interessato (così,
tra le tante, Sez. 5, n. 7604 del 01/02/2011, Badara, Rv. 249515; Sez. 3, n.
17965 del 08/04/2010, Rescio, Rv. 247159).
Di tale regula iuris la Corte di appello di Torino ha fatto corretta applicazione,

evidenziando come il ricorrente, lungi dal fornire elementi concreti dai quali poter
desumere che egli non aveva avuto alcuna conoscenza del giudizio di secondo
grado svoltosi (a seguito di annullamento con rinvio di altra precedente
sentenza) dinanzi a quella Corte, si è limitato ad eccepire una presunta nullità
delle indicate notificazioni: laddove, invece, le carte del processo avevano
comprovato che tanto il decreto di citazione al giudizio di appello quanto la
sentenza finale per estratto erano state notificate presso il domicilio del difensore
di fiducia che lo aveva assistito in entrambi i gradi di giudizio, nomina fiduciaria
ed elezione di domicilio che l’Ambrosino non aveva mai revocato in precedenza,

richiesta di restituzione nei termini senza la fissazione di una camera di consiglio.

avendo egli solamente nominato per il giudizio di legittimità altro difensore,
l’avv. Carradori, che pure aveva ricevuto la notificazione dell’avviso di fissazione
dell’udienza del giudizio di secondo grado poi svoltosi dinanzi alla suddetta Corte
territoriale.
6. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo del ricorso, con il quale
l’Ambrosino si è doluto di non aver ricevuto la notificazione dell’avviso di
fissazione dell’udienza in camera di consiglio nella quale sarebbe stata poi decisa
La Corte di appello di Torino – la cui competenza funzionale poteva ritenersi
sussistente ai sensi dell’art. 670 comma 3 cod. proc. pen., in quanto
implicitamente investita, come giudice dell’esecuzione, della questione sul titolo
– ha correttamente deciso su quella richiesta de plano, senza fissazione di una
apposita camera di consiglio partecipata, facendo buon governo dell’indirizzo
della giurisprudenza di questa Corte per il quale, nel procedimento per la
restituzione in termini, sulla relativa istanza il giudice competente provvede de
plano, a meno che non sia in corso un procedimento principale con rito camerale,

nel qual caso sulla predetta istanza decide nelle medesime forme: procedura de
plano che si giustifica per la mancanza di un espresso richiamo, nell’art. 175

comma 4 cod. proc. pen., alle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen. (Sez. U, n.
14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233418).
7. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed a quello in favore della cassa delle
ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 16/04/2013

la sua richiesta di restituzione nei termini.

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