Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18240 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18240 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Matija Paolo, nato in Angola il 17/11/1985,
avverso la sentenza del 02/05/2017 della Corte di Appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppina Casella, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Giovanni Aricò, anche in sostituzione dell’avv. Cosimo
Palumbo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Torino, in esito a giudizio
abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Asti del
17/05/2016, confermava la responsabilità del ricorrente per i reati di rapina
aggravata, lesioni personali, sequestro di persona, detenzione e porto abusivo
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Data Udienza: 10/04/2018

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.4.

delle pistole sottratte alla vittima, con l’uso di violenza fisica, presso la sua
abitazione, nella quale si era introdotto con l’ausilio di un complice, asportando
anche oggetti personali di rilevanti valore ed immobilizzando la persona offesa
per diverse ore.
2. Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:
1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza
dell’aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, comma 1, n. 5 cod.pen. ,
la quale, con riguardo al tempus commissi delicti, non sarebbe mai stata

2) violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego delle circostanze
attenuanti generiche;
3) violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla determinazione
della pena;
4) violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata esclusione della
recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1. Con il primo motivo si deduce una supposta violazione di legge che non era
stata eccepita con l’atto di appello.
Essa è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen..
2. La Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche ribadendo la decisione
di primo grado in ordine alla particolare gravità del fatto e non valorizzando
elementi favorevoli all’imputato, non rinvenendo segnali di vera resipiscenza e
sottolineando, al contrario, la falsità delle sue dichiarazioni.
Con espresso riferimento, quindi, ad alcuni parametri di cui all’art. 133 cod.
pen., dovendosi rammentare che ai fini della concessione o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in
esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche
un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato
ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o
concedere le attenuanti medesime. (Cass. Sez. 2″ sent. n. 4790 del 16.1.1996
dep. 10.5.1996 rv 204768).
3. La pena edittale è stata ritenuta congrua dalla Corte di Appello in ragione delle
circostanze concrete e non si è innalzata al di sopra della media edittale.
Dovendosi rammentare che la pacifica giurisprudenza di legittimità, condivisa dal
Collegio, ritiene che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti
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contestata al ricorrente;

ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente
motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario; Sez. 3 n. 1182 del
17/10/2007 dep. 2008, Cilia, rv. 238851).

del fatto, rimarcata in entrambe le sentenze di merito.
4. La richiesta di esclusione della recidiva non aveva formato oggetto dei motivi
di appello, sicché la censura con la quale si contesta la sua applicazione non può
essere valorizzata in questa sede, comportando valutazioni di merito sottratte al
giudice deputato dall’ordinamento al loro esame.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 10.04.2018.
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Il Presidente
Pierca illo Davigo

La graduazione della pena risente, nel caso in esame, della particolare gravità

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