Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18233 del 28/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18233 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO FASO GIUSEPPE N. IL 06/03/1970
avverso l’ordinanza n. 1075/2014 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
31/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere ott. ADET TONI NOVIK;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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1

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Uditi difensor Avv.;

,

Data Udienza: 28/01/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 31 luglio 2014 il Tribunale di Palermo, investito ai
sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., rigettava l’appello presentato da Giuseppe Lo
Faso avverso l’ordinanza emessa dal G.U.P. dello stesso tribunale il 28 giugno
2014 che aveva respinto l’istanza di sostituzione con gli arresti domiciliari della
misura cautelare custodiale, applicata gli il 9/9/2013 per il tentato omicidio della
moglie, attinta da plurime coltellate al viso, al collo e all’addome.
2. Il tribunale, premesso che il 9/5/2014 l’imputato era stato condannato

della modifica, ovverosia il decorso del tempo dal momento dell’applicazione
della misura, l’idoneità della stessa a salvaguardare le esigenze di cautela, la
pendenza del procedimento di separazione tra i coniugi, il contegno mantenuto
in carcere privo di rilievi disciplinari non consentissero una rivisitazione delle
esigenze cautelari. A ragione della decisione, rilevava che la condotta mantenuta
in carcere non era espressione di autonoma determinazione, ma conseguiva allo
stato di restrizione, e che il procedimento di separazione non escludeva il
risorgere dell’impulso a reiterare il reato, attese le modalità dell’azione
criminosa, svoltasi sulla pubblica piazza e con l’utilizzo di un’arma bianca. Vi era
quindi alta probabilità che l’imputato potesse commettere ulteriori delitti in
danno della persona offesa e che, pur di assecondare i propri istinti, non avrebbe
rispettato i vincoli correlati agli arresti domiciliari, per cui l’unica misura
adeguata a tutelare la vittima ed altri terzi era quella carceraria.
3. Avverso quest’ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione a
mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento.
Con il motivo di ricorso si denuncia manifesta illogicità della motivazione per
aver sottovalutato, quale indice di affievolimento dell’esigenza cautelare, il
decorso del tempo dall’applicazione della misura trattandosi di soggetto che era
stato arrestato al momento della commissione del reato. Ad avviso del difensore,
l’elemento in questione assumeva importanza fondamentale nella valutazione
dell’attenuazione del pericolo di reiterazione dei reati. Lamenta inoltre
l’insussistenza nonché la manifesta illogicità delle argomentazioni adottate dal
tribunale per rigettare gli elementi posti a sostegno della richiesta di sostituzione
della misura, non essendosi considerata l’incensuratezza dell’imputato, né la
modifica introdotta alla disciplina degli arresti domiciliari, che consente di
monitorare i movimenti del soggetto con l’uso del braccialetto elettronico. Fa
presente che nell’atto d’appello e in udienza era stato precisato che la misura
sarebbe potuto essere eseguita presso l’abitazione dei genitori o presso un
immobile di proprietà della sorella, sito a 34 km da Palermo. Illogica era stata
anche la mancata considerazione del comportamento tenuto dall’imputato in
1

per il reato ascrittogli, riteneva che gli elementi allegati dalla difesa a sostegno

ambito carcerario, trattandosi comunque di una condotta frutto di autodeterminazione, così come l’irrilevanza attribuita al procedimento di separazione
in corso (a seguire le argomentazioni del tribunale dovrebbe concludersi che solo
la carcerazione a vita potrebbe escludere il rinascere di pulsioni e spinte
passionali inducenti a reiterare i reati). Nel ritenere, infine, che solo la custodia
cautelare in carcere era adeguata a contenere il pericolo di reiterazione dei reati,
il tribunale della libertà non aveva considerato che la personalità del soggetto
doveva essere valutata tenendo conto non solo del reato commesso, ma anche

decorso del tempo che, complessivamente valutati, possano far ritenere
adeguata la misura degli arresti domiciliari richiesta.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. Il
Tribunale ha correttamente motivato le ragioni per cui ha tratto il giudizio di
pericolosità, ponendo in risalto la gravità del fatto, oggetto già di sentenza di
merito. Ha poi aggiunto che il mero decorso del tempo non è di per sè elemento
da cui poter desumere l’attenuazione delle esigenze cautelari; così
argomentando, si è collocato nell’ambito di un indirizzo interpretativo
consolidato, secondo cui “ai fini della sostituzione della misura della custodia
cautelare carceraria con quella degli arresti domiciliari e comunque con altra
meno grave, il mero decorso del tempo non è elemento rilevante, perché la sua
valenza si esaurisce nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima
della custodia stessa, e quindi è soggetto alla necessità di essere considerato
unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi dell’affievolimento delle
esigenze cautelari” (Sez. 2, n. 45213 dell’8/11/2007 (dep. 4/12/2007),
Lombardo, Rv. 238518). Ha poi tratto elementi significativi, da cui cogliere la
necessità di protrazione della misura cautelare carceraria, in relazione alle
modalità del reato e alla personalità dell’imputato che facevano ritenere
altamente probabile la reiterazione dei reati a danno della stessa vittima, ed ha
escluso che dette esigenze potessero essere fronteggiate con la misura meno
gravosa degli arresti nel domicilio, con detta motivazione implicitamente
escludendo l’idoneità del cd. braccialetto elettronico (che pur garantendo un
monitoraggio dei movimenti dell’imputato, all’evidenza non evita i
comportamenti inosservanti delle prescrizioni). Le contrarie allegazioni
dell’imputato pongono l’accento su circostanze di fatto -il buon comportamento
durante la restrizione carceraria e l’incensuratezza- inidonee a porre nel nulla gli
indici di pericolosità evidenziati nell’ordinanza 5 er4twg’ . hov, ìNc-avhti^-rt

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degli elementi successivi, quali la condotta carceraria, l’incensuratezza e il


Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del

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provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’articolo 94, co.
1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2015
Il Consigliere estensore

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