Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18221 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18221 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

sul ricorso proposto da:
BELLOCCO MICHELE nato il 19/03/1950

avverso l’ordinanza del 14/06/2017 del TRIB. LIBERTA di REGGIO CALABRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG GIULIO ROMANO
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.

Udito il-d-ifengóré

Data Udienza: 25/01/2018

RITENUTO IN FATTO

BELLOCCO Michele, indagato per la violazione dell’art. 416 bis cod. pen., tramite il
difensore, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 14.6.2017 con la quale il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ex art. 310 cod. pen. ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti
motivi così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

comma 4 bis e 11 I. 354/1975. La difesa sostiene che l’ordinanza contiene
una valutazione solo parziale dello stato di “grave infermità fisica e psichica
del detenuto” motivando, in modo contraddittorio, apodittico ed illogico,
esclusivamente in relazione alla adeguatezza delle cure che possono essere
fornite nello stato di detenzione inframuraria, senza procedere ad una valutazione complessiva della situazione di salute del prevenuto, ed affermando
da un lato la compatibilità delle condizioni di salute con il regime detentivo
inframurario e dall’altro la esistenza della necessità di “aggiustamenti terapeutici” attraverso il trasferimento del ricorrente ex art.

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dell’ordinamento penitenziario in ospedali civili o altri luoghi di cura esterni.
2) Ex art. 606 comma 1 lett. 2) cod. proc. pen., violazione dell’art. 275 cod.
proc. pen. perché il Tribunale non ha fornito adeguata motivazione circa la
attualità delle esigenze cautelari tenuto conto della precarietà delle condizioni di salute del prevenuto.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni.
La difesa denuncia nel contempo un’erronea applicazione delle norme della legge
sull’ordinamento penitenziario e dall’altro (artt. 4 bis e 11) e dall’altro il difetto di
motivazione in ordine ad una complessiva valutazione delle condizioni di salute del
ricorrente che è già stato condannato con sentenza di primo grado.
Va preliminarmente osservato che nella specie, in assenza dei relativi presupposti
(espressamente esclusi dal Tribunale del riesame) non ricorre alcuna violazione
dell’art. 4 bis legge O.P. sicchè le censure mosse non possono essere riguardate in
relazione a detta fattispecie, ma in funzione della applicazione dell’art. 11 della
medesima legge. Passando alla valutazione del caso concreto va osservato che il
Tribunale del riesame, facendo costante riferimento ai plurimi accertamenti medico peritali, ha descritto ed inquadrato le patologie (sia psichiatriche che neurologiche) di cui è affetto l’imputato, pervenendo ad un giudizio di compatibilità delle
condizioni di salute del ricorrente in relazione allo stato di detenzione in atto, così

1) ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione dell’art. 275

esprimendo una valutazione articolata e completa che, in riferimento alle patologie
singolarmente esaminate non presenta carenze o contraddittorietà. In questa analisi il Tribunale, con motivazione adeguata, ha preso atto anche delle risultanze
peritali di parte confrontando le conclusioni ivi contenute con quelle riferite nelle
perizie di ufficio ritenendo maggiormente convincenti queste ultime attraverso una
concreta verifica della compatibilità del regime terapeutico con le condizioni di salute dell’imputato.
In maniera del tutto coerente, né contraddittoria né illogica sotto il profilo della

possibile stato evolutivo che può necessitare nel prosieguo del tempo di “aggiustamenti terapeutici” eseguibili in ambiti ospedalieri esterni alla casa circondariale.
Il giudizio non presenta contraddittorietà, come sostiene la difesa; il provvedimento descrive in modo puntuale la situazione sanitaria del ricorrente, ed è pacificamente valutata rebus sic stantibus con prospettazione di una possibile evoluzione
negativa la cui soluzione (ex art. 11 comma 2 I. 0.P.) compete al magistrato di
sorveglianza. La valutazione nei suoi aspetti di merito non è sindacabile in questa
sede. Le conseguenze che ne vengono tratte sono giustificate da motivazione immune da censure e la soluzione consegue ad una corretta applicazione delle norme di legge, così sfuggendo ad ogni critica mossa.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Il Tribunale del riesame, valutando la
attualità della pericolosità del ricorrente, ha riconnesso le sussistenza delle esigenze cautelari alla disciplina del terzo comma dell’art. 275 cod. proc. pen. Sul punto
va osservato che la attenuazione delle esigenze cautelari ivi previste non può essere desunta, in via generale, dal semplice decorso del tempo [v. da ultimo Cass.
sez. 5 n. 39792 del 29.5.2017, Saracino, in Ced Cass. rv. 271119] di per sè solo
inidoneo a far ritenere superata la presunzione semplice della esistenza delle esigenze cautelari. Sul punto va anche messo in evidenza che la difesa non ha fornito alcuna argomentazione o indicazione in ordine all’entità del tempo trascorso
e, tenuto conto della natura della imputazione, la esistenza di fatti specifici idonei
dimostrativi di un mutato il quadro cautelare, che non sarebbero stati considerati
dal Tribunale.
Sotto il diverso profilo, poi dell’apprezzamento dell’attualità delle esigenze cautelari bilanciabili con le condizioni di salute del detenuto, va osservato che la decisione
del tribunale è corretta alla luce della generale motivazione del provvedimento.
Infatti la prevalenza del divieto di custodia in carcere per i soggetti portatori di
gravi malattie (ex art. 275 cod. proc. pen. comma 4 bis codice di rito), rispetto alla presunzione d’adeguatezza esclusiva della custodia in carcere (ex art. 275
comma 3 cod. proc. pen.) opera solo a condizione che risulti accertato l’incompatibilità delle condizioni di salute del soggetto con lo stato di detenzione, intendendosi per tale anche quello attuabile presso taluna delle “idonee strutture sanitarie

motivazione, il Tribunale ha dato atto di una situazione di salute del ricorrente in

penitenziarie” di cui è menzione nel comma quarto-ter del citato art. 275 cod.
proc. pen.
Nel caso in esame il Tribunale non ha ravvisato la suddetta incompatibilità, sicché
la decisione è corretta in diritto e non sindacabile nel merito
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000 alla Cassa delle Ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista
dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta del ricorrente gli estremi

di legge ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 2.000 in favore della Cassa delle Ammende. Si
provveda ai sensi dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il 25.1.2018

Sentenza a motivazione semplificata.
)
Il giudice e ensore
Ugo De , C esc• nzo

il Presidente
Pierca illo DAVIGO

della responsabilità ivi stabilita. Si manda il sign. Cancelliere per le comunicazioni

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