Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18221 del 15/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18221 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 15/04/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIRA GIUSEPPE N. IL 19/07/1963
avverso la sentenza n. 3737/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 22/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.Vmal)Ri.le.
che ha concluso peri2 f ~tetéS-eck QJ .c4r.J9 OGIdo .

Udito, per la pajcivile, l’Avv
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Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 22 aprile 2014 la Corte di Appello di Bologna
confermava la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia in data 6 luglio 2010, che
aveva condannato l’imputato Giuseppe Mira alla pena di anni uno e mesi tre di
reclusione, in quanto ritenuto responsabile dei delitti, tra loro in concorso formale,
di molestie e di minacce gravi in danno della ex moglie Rosanna Roselli, fatti

2. Avverso detta sentenza l’imputato a mezzo del difensore ha proposto
ricorso per chiederne l’annullamento per:
a) violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 599 cod. proc. pen. per avere
la Corte di Appello trattato il procedimento in udienza pubblica, anziché in camera
di consiglio come richiesto dalla difesa ed imposto dai motivi di gravame proposti,
attinenti soltanto alla pena, ed avere provveduto alla designazione di un difensore
d’ufficio ai sensi dell’art. 97 cod. proc. pen., comma 4, così violando il diritto
dell’imputato ad essere assistito dal legale prescelto ed il diritto del difensore di
scegliere la propria strategia processuale anche mediante l’assenza dall’udienza a
fronte di disciplina processuale che rende non obbligatoria la presenza;
b)

inosservanza o erronea applicazione della legge penale e mancanza di

motivazione in relazione all’eccessivo trattamento sanzionatorio, confermato dalla
Corte di Appello, pur se prossimo ai massimi edittali e frutto di applicazione di un
aumento per continuazione del tutto sproporzionato ai fatti, in assenza di congrua
motivazione;
c) inosservanza o erronea applicazione della legge penale e mancanza della
motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, di cui il
ricorrente era meritevole per il problematico contesto socio-familiare e per la
documentata disponibilità a sottoporsi a trattamenti terapeutici volti ad affrontare i
problemi psichici e la dipendenza da alcol, profili non considerati.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.11 primo motivo si basa sulla dedotta violazione della norma processuale,
l’art. 599 cod. proc. pen., comma 1, secondo la quale “quando l’appello ha
esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche in riferimento al
giudizio di comparazione tra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze
attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della
pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la
corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall’art. 127”.
1

commessi sino al dicembre 2006.

1.1 Nel caso specifico il Mira aveva effettivamente devoluto alla Corte
distrettuale soltanto questioni attinenti la commisurazione della pena sotto il duplice
profilo della contestazione della sua entità e della mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche, sicchè il procedimento di secondo grado avrebbe
dovuto essere trattato secondo le forme del rito camerale, anziché dibattimentale.
1.2 Tanto premesso, deve però escludersi che l’inosservanza della regola
dettata dal primo comma dell’art. 599 cod. proc. pen. abbia viziato gli atti,

celebrazione del giudizio in pubblico dibattimento, anziché in camera di consiglio,
offre maggiori garanzie all’imputato e non comporta alcun pregiudizio del diritto di
difesa (Cass. sez. 5, nr. 9447 del 15/7/1996, Laforè, rv. 206081; sez. 6, nr. 21977
del 21/4/2008, Simoncini, rv. 240365; sez. 6, nr. 36563 del 10/05/2012, S., rv.
253537), né per le facoltà che l’imputato può esercitare personalmente, né per
quelle rimesse alla difesa tecnico-legale. Invero, il Mira ha preferito restare
contumace, mentre il suo patrocinatore di fiducia, preannunciata la propria mancata
partecipazione per legittimo impedimento all’udienza del 20 marzo 2014 e per
scelta a quella successiva del 22 aprile 2014, cui il processo era stato rinviato, ha
rappresentato di riportarsi ai motivi di appello ed in tal senso ha anche rassegnato
le proprie conclusioni.
Pertanto, non è dato rinvenire alcuna lesione delle prerogative difensive, in
quanto l’intervenuta nomina di un difensore d’ufficio prontamente reperito non ha
comportato per il ricorrente alcuna conseguenza, avendo tale legale chiesto
l’accoglimento dei motivi proposti, ossia ribadito le stesse conclusioni già
rassegnate per iscritto dal difensore di fiducia, sicchè non si vede come l’imputato
abbia potuto subire pregiudizio dall’essere stato rappresentato da un avvocato non
di sua scelta e come il difensore fiduciario abbia subito una strategia di assistenza
legale, divergente da quella prescelta. Infine, anche la possibilità che il Mira sia
esposto a richieste di pagamento dei compensi dovuti al difensore d’ufficio
costituisce una mera ipotesi, non concretizzatasi in termini attuali, nonostante il
lasso di tempo ormai intercorso.
2. In punto di determinazione della pena la sentenza impugnata, con
motivazione compiuta, logica ed aderente alle risultanze del caso, ha dato conto
delle ragioni della conferma della decisione di primo grado, laddove ha evidenziato
la gravità oggettiva delle azioni reiteratamente e per mesi poste in essere in danno
della parte lesa con perseveranza denotante concreta pericolosità, non risolta, né
mitigata dalle precedenti condanne e dall’espiazione di pena detentiva, nonché il
giudizio marcatamente negativo sulla personalità dell’imputato, gravato da plurimi,
gravi e specifici precedenti penali. Va soltanto aggiunto che il Tribunale nella prima
sentenza di merito aveva già rimarcato come il Mira, dopo i fatti in contestazione, s
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determinandone la nullità, in quanto, come già affermato da questa Corte, la

fosse reso autore di una grave aggressione fisica in danno della ex moglie, colpita a
coltellate al collo, i cui segni ella ancora portava al momento di rendere
testimonianza.
3. Infine, anche la doglianza sul diniego delle circostanze attenuanti generiche
è priva di qualsiasi consistenza, dal momento che i giudici di merito con concorde
determinazione, puntualmente giustificata, hanno ritenuto di non poter ravvisare
alcun concreto profilo positivo di valutazione a favore dell’imputato ed anzi di dover

dallo stesso commessi in epoca successiva ai fatti. Per contro, il ricorso sollecita
l’apprezzamento di circostanze favorevoli quali il contesto familiare difficile e la
volontà di recupero mostrata dal Mira, ma trattasi di profili la cui valutazione diretta
è preclusa a questo giudice di legittimità, competendo soltanto al giudice di merito,
che evidentemente, nella discrezionalità dei poteri di cognizione sul fatto e sulla
persona del responsabile, ha ritenuto di valenza predominante gli elementi negativi
sopra evidenziati. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, stabilito il principio
che “la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un
giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice il cui esercizio deve essere
motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione
circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del
reo” (Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Strafece, rv. 248737): come già detto nel
caso di specie sul punto è stata fornita motivazione più che congrua.
4. Per le considerazioni svolte il ricorso risulta inammissibile per manifesta
infondatezza delle relative deduzioni; tale constatazione impedisce di accogliere
anche la richiesta avanzata nel corso della discussione dal difensore, ossia la
declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione: atteso che essi sono stati
consumati sino al dicembre 2006, il relativo termine massimo di prescrizione, pari a
sette anni e mezzo, è venuto a scadere dopo la pronuncia della sentenza di appello
impugnata; come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con orientamento
pienamente condivisibile, l’inammissibilità genetica dell’impugnazione per difetto di
specificità o manifesta infondatezza delle censure, oppure perché non consentite nel
giudizio di cassazione, non consentendo il formarsi di un valido rapporto
d’impugnazione, interdice la possibilità di far valere o rilevare d’ufficio la causa
estintiva del reato maturata nelle more della trattazione del ricorso per cassazione
(Cass. S.U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, rv. 217266; S.U. n. 33542 del
27/6/2001, Cavalera, rv. 219531, S.U. n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, rv.
231164).
Ne discende la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali
e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale

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tenere conto sia dei predetti precedenti, sia degli ulteriori gravissimi fatti criminosi

tenore, della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2015.

Ammende.

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