Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18207 del 18/01/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18207 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TADDEO NAZZARENO nato il 06/09/1962 a BENEVENTO

avverso la sentenza del 28/09/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita !a relazione svolta dal Consigliere LUCIANO IMPERIALI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA
CASELLA
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per-Pifiammissibilital del ricorso.
Udito il dife-nse-re-

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Data Udienza: 18/01/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 28/9/2015 la Corte di Appello di Napoli ha confermato il
giudizio di penale responsabilità espresso dal Giudice per l’udienza preliminare
del Tribunale cittadino con sentenza emessa, all’esito di giudizio abbreviato, il
28/9/2015 nei confronti di Taddeo Nazareno in ordine ad una pluralità di delitti di
usura, in continuazione tra loro, come descritti nei capi A) e B) dell’imputazione,
e la conseguente condanna alla pena di anni tre di reclusione ed euro 6000 di
multa, determinata previo giudizio di equivalenza dell’attenuante del

2.

Propone ricorso per Cassazione il Taddei sollevando due motivi di

impugnazione in merito al trattamento sanzionatorio:
2.1. Illegalità della pena inflitta all’imputato, per violazione degli artt. 2, 132
e 644 cod. pen. perché, nel considerasi più grave il reato di cui al capo A) perché
commesso ai danni di imprenditori, non si era considerato che in esso erano
ricompresi una pluralità di prestiti, in continuazione tra loro, sicché non poteva
considerarsi la pena base di anni due di reclusione, in ragione della modifica
legislativa del di cui alla legge 251/2005, entrata in vigore il 08/12/2005, e ad
avviso del ricorrente il giudice di merito non poteva esimersi dallo scindere i
diversi episodi contestati in continuazione tra loro, trattandosi non solo di
rinnovazione di prestiti, ma anche di “un primo prestito”, “un secondo prestito”
ed “un terzo prestito”, come tali integranti autonomi reati, commessi anche sotto
il vigore della disciplina meno severa.
2.2. Difetto assoluto di motivazione in ordine all’aumento di pena per la
continuazione, per ben sei mesi ed euro mille di multa, ritenuto dal ricorrente
molto lontano dal minimo edittale.
3.

Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri

dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
3.1. Il motivo di ricorso volto a sostenere l’illegalità della pena inflitta al
ricorrente è manifestamente infondato, in quanto è incontestato che almeno
parte delle condotte criminose sono state poste in essere successivamente allo
08/12/2005, data di entrata in vigore della legge n. 251 del 5/12/2005, sicché
correttamente la pena base è stata determinata in base alla nuova normativa. E’
ben vero, poi che i prestiti elargiti in precedenza integravano autonomi reati,
commessi anche sotto il vigore della disciplina meno severa, sicché la pena base
avrebbe dovuto essere aumentata anche per la continuazione interna del reato
più grave con tali condotte usurarie precedenti, ma ciò si è risolto in un beneficio
per il ricorrente che, pertanto, non ha interesse a dolersene.

1

risarcimento del danno alle contestate aggravanti e alla recidiva.

3.2. Del pari inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, in quanto
per consolidata giurisprudenza di questa Corte una specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle
diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di
gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come
pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n.

pena per la continuazione poteva essere determinato fino al triplo della pena
base di quattro anni di reclusione ed euro, quindi fino ad otto anni di reclusione
ed euro 24.000 di multa, sicché l’aumento di pena in concreto determinato,
invece, in sei mesi di reclusione ed euro mille di multa ben poteva giustificarsi
con il riferimento alla “congrua ed equa pena finale” indicata dal primo giudice,
con valutazione condivisa dalla Corte di Appello.
4. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle
Ammende.

Sentenza a motivazione semplificata

Così deciso nella camera di consiglio del 18 gennaio 2018

Il Consigli re estensore
Dott. Lu ;ano I,Tp/yriàli

Il Presidente
Dott. Piercamillo Davigo

36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596): nel caso in esame l’aumento di

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