Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18206 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18206 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PROCURATORE GENERALE DELLA PREPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI
APPELLO di ROMA
Nel procedimento penale nei confronti di:
CASCIOLI DAMIANA, N. IL 5/3/1966,
avverso la sentenza n. 3388/2012 pronunciata dal Giudice dell’udienza
preliminare presso il Tribunale di Tivoli, dell’11/10/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Maria Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso per tardività del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, emessa ai sensi dell’articolo 425
cod. proc. pen., il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Tivoli ha
dichiarato non luogo a procedere nei confronti di Cascioli Adriana, per la quale il
p.m. aveva avanzato richiesta di rinvio a giudizio per aver cagionato, in
cooperazione colposa con Guardabascio Francesco, la morte di Moriglia Carmela,
commettendo il fatto con violazione delle regole sulla circolazione stradale.
Ad avviso del decidente, essendo stato accertato che il Guardabascio, la cui
posizione è stata definita con il rito abbreviato, investì il pedone Moriglia
cagionandone la morte, alla luce delle risultanze delle conclusioni del medico

Data Udienza: 05/04/2013

legale non vi è certezza che l’autovettura condotta dalla Cascioli, proveniente in
senso opposto a quello percorso dal coimputato, avesse sormontato il corpo della
Moriglia, dopo che questo era stato investito e sospinto dal veicolo del
Guardabascio; non vi è certezza che l’eventuale sormontamento abbia avuto
rilevanza causale rispetto alla morte del pedone, posto che in sede medico-legale
non è stato possibile accertare se e quali lesioni fossero conseguenza di quello;
non è ravvisabile nella specie né la cooperazione colposa addebitata dal p.m.,
non ricorrendo la consapevolezza dell’altrui condotta, né concorso di cause
produrre l’evento mentre non altrettanto può dirsi per quella ascrivibile alla
Cascioli.
2. Avverso tale decisione ricorre il Procuratore Generale della Repubblica
presso la Corte di Appello di Roma, lamentando vizio motivazionale, non avendo
il Giudice dell’udienza preliminare tenuto conto degli accertamenti della polizia
stradale dai quali emerge la condotta colposa della Cascioli, né le conclusioni
della consulenza medico legale che sono nel senso dell’avvenuto sormontamento
del corpo della Moriglia da parte del veicolo condotto dalla Cascioli. Pertanto gli
elementi acquisiti nel corso delle indagini risultano idonei a sostenere l’accusa in
giudizio, spettando al giudice del dibattimento stabilire la diversa incidenza
causale nella determinazione dell’evento lesivo.
3. In data 27.3.2013 la difesa dell’imputata ha depositato ‘memoria ex art.
127 c.p.p.”, con la quale rileva la tardività del ricorso e l’inammissibilità del
medesimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile siccome tardivo.
3.1. Secondo quanto indicato nel ricorso medesimo la sentenza impugnata
è stata comunicata al P.G. in data 23.11.2012; il ricorso risulta depositato il
18.12.2012.
Ai sensi dell’art. 585, co. 1 lett. a) cod. proc. pen., il termine per
impugnare la sentenza di non luogo a procedere emessa a seguito dell’udienza
preliminare è di giorni quindici e decorre dalla scadenza del trentesimo giorno
dalla decisione, allorché la motivazione venga depositata entro quest’ultimo
termine (art. 424, co. 4 cod. proc. pen.). Il contrasto giurisprudenziale insorto in
ordine al dies a quo del termine per impugnare è stato definitivamente risolto in
tempi non più recenti dalla pronuncia con la quale le Sezioni Unite hanno
puntualizzato che, in primo luogo, ai provvedimenti emessi nell’udienza

Indipendenti, giacchè l’azione del Guardabascio è stata da sola sufficiente a

preliminare non si applica il disposto dell’art. 128 cod. proc. pen. e quindi non è
dovuto alcun avviso di deposito del provvedimento nel caso in cui lo stesso,
anziché contestualmente, sia motivato nel trentesimo giorno dalla pronuncia; in
secondo luogo, il termine di impugnazione, in tal caso, decorre dalla scadenza
del termine per il deposito della motivazione (Cass. S.U., n. 31312 del
26/6/2002, D’Alteri° e, più di recente, Cass. sez. 6, n. 14567 del 31/1/2011,
P.m. in proc. Rienzi ed altro, rv. 250031).
Ancora le S.U., questa volta con un recente pronunciamento, hanno

termine dallo stesso prefissato. Una volta di più è stato confermato il principio
sopra riportato, affermandosi che “il termine di impugnazione della sentenza di
non luogo a procedere, pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, è quello di
quindici giorni previsto dall’art. 585, comma primo, lett. a), cod. proc. pen. per i
provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e lo
stesso decorre, per le parti presenti, dalla lettura in udienza della sentenza
contestualmente motivata ovvero dalla scadenza del termine legale di trenta
giorni, in caso di motivazione differita e depositata entro tale termine, rimanendo
irrilevante l’eventualità che il giudice abbia irritualmente stabilito un termine più
ampio per il deposito della suddetta motivazione”; precisando altresì che,
laddove si verifichi tale eventualità, deve essere comunicato o notificato alle
parti legittimate all’impugnazione il relativo avviso di deposito e che da tale
comunicazione o notificazione decorre il termine per impugnare (Sez. U, n.
21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670).

3.2. Nel caso che occupa, il Giudice dell’udienza preliminare non ha fissato
un termine di deposito della pronuncia emessa il 10.10.2012; il deposito è
seguito il 9.11.2012 e pertanto entro il termine di trenta giorni previsto dall’art.
424, co. 4 cod. proc. pen.
Il termine di quindici giorni, utile per la presentazione del ricorso, decorre
per il P.G., non presente all’udienza, dalla comunicazione del provvedimento.
Esso risulta decorso per intero prima del deposito dell’impugnazione, che
quindi risulta tardiva.

4. Il ricorso, peraltro, risulta inammissibile anche per diverso profilo.

E’ vero che il Giudice dell’udienza preliminare ha svolto un giudizio nel
merito dei fatti, evidenziando l’assenza di certezze in ordine al nesso causale
(ferma restando la colpa della Cascioli, sicché i passi del ricorso che censurano
per tale aspetto il provvedimento risultano incongrui); ma egli ha fatto

affrontato anche il caso in cui il giudice abbia depositato le motivazioni oltre il

comunque riferimento all’impossibilità di acquisire mediante il dibattimento altri
elementi rispetto a quelli già acquisiti e ritenuti inidonei a sostenere l’accusa in
giudizio.
Su questo giudizio, cardine della regola posta dall’art. 425 cod. proc. pen.,
il ricorso tace o è generico, neppure enunciando che si sarebbe potuto avere un
arricchimento della prova in sede dibattimentale. Anzi, lo stesso ricorrente
ammette, con il richiamo alle conclusioni medico legali, che non c’è modo di
attribuire le lesioni all’uno o all’altro impatto; finendo con il convenire sulla

ed evento.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5/4/2013.

inadeguatezza della prova in ordine al nesso causale tra condotta della Cascioli

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