Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18200 del 26/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18200 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Panarello Benedetto, nato a Messina il 30/09/1962
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Messina il 20/10/2014
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Eugenio Selvaggi, che ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO
I difensori di Benedetto Panarello ricorrono avverso l’ordinanza indicata in
epigrafe, recante il rigetto di una richiesta di riesame presentata nell’interesse
dello stesso Panarello ex art. 309 cod. proc. pen. nei confronti di un precedente
provvedimento restrittivo della libertà personale del ricorrente, emesso dal Gip
del Tribunale di Messina in data 24/09/2014. A carico del prevenuto era stata
applicata la misura coercitiva degli arresti dorniciliari in relazione a un delitto
qualificato ex artt. 110 cod. pen., 216 e 223 legge fall., per avere egli concorso

Data Udienza: 26/02/2015

nella distrazione di beni costituenti il patrimonio aziendale della Demoter s.p.a.,
dichiarata fallita nel 2013: la condotta dell’indagato sarebbe stata realizzata nella
veste di perito incaricato di stimare il valore di un ramo di azienda conferito dalla
Brick s.r.l. alla Cubo s.p.a., dopo che la Dennoter aveva a sua volta ceduto alla
Brick un ramo denominato “Area Italia 1”.
La difesa deduce inosservanza ed erronea applicazione di norme sostanziali
e processuali, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento impugnato, in ordine alla ritenuta sussistenza dei

che l’attività dell’indagato si esaurì nel dare corso ad un incarico
commissionatogli dalla Brick s.r.l. il 15/05/2011, nove giorni dopo che il ramo di
azienda de quo era stato già ceduto dalla società fallita previa attribuzione allo
stesso di un valore che il Panarello non aveva in alcun modo concorso a
determinare: la conseguenza è dunque che la condotta del ricorrente,
indipendentemente dai risultati cui ritenne di pervenire nell’espletamento del
compito che gli era stato affidato, non ebbe efficienza causale di sorta
sull’ipotizzato depauperamento del patrimonio della Demoter, in linea di principio
già verificatosi in data anteriore. Nel contempo, gli elementi di sospetto su cui i
giudici di merito risultano avere fondato la tesi di accordi preventivi tra il
Panarello ed altri protagonisti della vicenda, sì da far ritenere il primo non
estraneo ai fatti anteriori al 15/05/2011, verrebbero ricavati da acquisizioni
istruttorie irrilevanti, tra cui alcune conversazioni intercettate di dubbia
interpretazione. Il Tribunale, inoltre, non avrebbe considerato gli elementi
evidenziati dalla difesa sin dall’interrogatorio di garanzia, ribaditi mediante una
consulenza tecnica di parte, a proposito della circostanza che il valore attribuito
dal Panarello al ramo di azienda sopra ricordato non considerava l’entità dei
crediti esistenti presso enti appaltanti per oltre 2 milioni di euro, perché non
ricompresi nella cessione (come invece erroneamente ritenuto dalla curatela).
Con un secondo motivo di ricorso, i difensori dell’indagato censurano
l’ordinanza impugnata deducendo analoghi vizi della motivazione anche in ordine
alla ritenuta ravvisabilità di esigenze cautelari, senza una adeguata
considerazione della personalità del Panarello e del tempo trascorso dalla data
del reato in ipotesi commesso.
Con atto depositato il 06/02/2015, il ricorrente ha formalizzato dichiarazione
di rinuncia all’impugnazione, segnalando che la misura degli arresti donniciliari
disposta a suo carico è stata nel frattempo revocata con provvedimento del
30/01/2015. Ad una ulteriore nota pervenuta il 24/02/2015, con la quale la
difesa ribadisce la volontà del Panarello di rinunciare al ricorso, risulta allegata
copia di quest’ultimo provvedimento.

2

gravi indizi di colpevolezza a carico del Panarello. Si fa presente, in particolare,

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve ritenersi inammissibile, per effetto della già evidenziata
rinuncia.
La motivazione dell’ordinanza di revoca della misura cautelare disposta nei
confronti del ricorrente rende manifesta la sopravvenuta carenza di interesse di

accogliere da parte del giudice procedente le tesi qui sostenute. Il Gip ha infatti
espressamente rilevato che «può ritenersi sensibilmente modificato il quadro
accusatorio prospettato nei confronti del Panarello», dando atto che, all’esito di
accertamento peritale curato nelle forme dell’incidente probatorio, le conclusioni
ivi raggiunte appaiono «in linea con le valutazioni effettuate dal Panarello nella
perizia giurata L.] (presentando un margine di scostamento notevolmente
inferiore a quello indicato dal consulente del P.M. e mutuato dalla consulenza
contabile della curatela), sebbene siano state rappresentate alcune incongruenze
– di modesto rilievo – suscettibili di ulteriori approfondimenti in fase di merito».
La dichiarazione di inammissibilità non può comportare nella fattispecie la
condanna dell’indagato al pagamento delle spese processuali o di una somma in
favore della Cassa delle Ammende, dipendendo da causa sopravvenuta, non
direttamente riconducibile alla volontà del ricorrente ma attraverso il
riconoscimento della fondatezza delle sue doglianze ad opera del giudice di
merito.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 26/02/2015.

quest’ultimo a coltivare l’impugnazione, avendo egli visto sostanzialmente

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