Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18200 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18200 Anno 2018
Presidente: VILLONI ORLANDO
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STIFANI STEFANIA nata il 27/05/1975 a CASARANO
PANICO LUCA MARCO nato il 23/05/1971 a CASARANO
avverso la sentenza del 02/03/2017 del TRIBUNALE di LECCE

sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA TRONCI;
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore M. FRANCESCA LOY, che ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Il comune difensore di fiducia di Stefania STIFANI e Luca Marco PANICO

ricorre per cassazione, in forza di un unico atto, avverso la sentenza indicata in
epigrafe, con cui il giudice monocratico del Tribunale di Lecce, ex art. 444 cod.
proc. pen., ha applicato ai suoi assititi la pena, rispettivamente, di giorni trenta
di reclusione ed C 15,00 di multa e di mesi due di reclusione ed C 30,00 di multa,
con riferimento alla contestata violazione dell’art. 388 co. 3 e 4 cod. pen., loro in
concorso ascritta.

Data Udienza: 21/03/2018

2.

Due sono le doglianze formalizzate dal legale ricorrente: la prima, ai sensi

dell’art. 606 co. 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125 e 129
dello stesso codice, per non aver adeguatamente valutato l’assenza di elementi
tali da imporre l’adozione di una sentenza di proscioglimento, non potendosi
ritenere sufficiente a tal fine il ricorso a mere formule di stile, che non soddisfano
“i requisiti minimi” che la motivazione sul punto deve rivestire; la seconda, ex
art. 606 co. 1 lett. b), c) e d) cod. proc. pen., in relazione all’inammissibile
decisione del giudice di negare al PANICO di rendere dichiarazioni spontanee,

coimputata STIFANI”, in palese violazione del diritto di difesa.
3.

Il P.G. in sede ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto

dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi, per un verso, in ragione della piena
rispondenza del provvedimento impugnato ai limitati obblighi motivazionali
imposti dalla peculiare tipologia di sentenza di cui all’art. 444 cod. proc. pen. e,
per altro verso, alla luce della genericità della censura svolta.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

I ricorsi unitariamente proposti vanno in effetti dichiarati inammissibili, alla

stregua delle considerazioni che seguono, donde le conseguenti statuizioni di cui
all’art. 616 del codice di rito, nella misura di giustizia indicata in dispositivo.
2.

E’ principio assolutamente consolidato, nel vigore della pregressa disciplina

in materia cui va qui fatto riferimento, che, in sede di applicazione della pena su
richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto
esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce
l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una
succinta descrizione del fatto (anche deducibile dal capo d’imputazione), con
l’affermazione della correttezza della sua qualificazione giuridica e la verifica
della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.,
nonché – per quanto qui in particolare interessa – con il richiamo all’art. 129
c.p.p. (sufficiente a dar conto dell’avvenuta pertinente delibazione, onde
escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste).
A detti criteri il giudice del Tribunale di Lecce si è puntualmente attenuto,
avendo anzi esplicitato gli elementi ostativi all’adozione di una pronuncia
liberatoria a favore dell’imputato: ne discende che non può qui che richiamarsi il
consolidato insegnamento giurisprudenziale, per cui

“È inammissibile

il ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza di patteggiamento
e diretto a far valere assenti vizi a fferenti a questioni incompatibili con la

che ben “avrebbero potuto portare alla sua assoluzione e/o a quella della

richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la
relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, poiché l’accusa,
come giuridicamente formulata, non può essere rimessa in discussione, in
quanto l’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere
qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla
richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato. (Conforme, sez. II,
14 gennaio 2009, n. 5240, non massimata).” (così Cass. Sez. 5, sent. n. 21287

3.

Quanto alla censura ulteriore – peraltro afferente alla sola posizione del

PANICO – premesso che la richiesta di rendere dichiarazioni spontanee era stata
avanzata nel corso dell’udienza deputata alla delibazione della già formalizzata
istanza concorde di applicazione della pena, non è stato in alcun modo dedotto
quali sarebbero stati gli elementi che il prevenuto avrebbe offerto – tenuto
conto, in proposito, che l’imputato non può che soffermarsi su circostanze
fattuali, avendo lo stesso già espresso la propria volontà, rilevante ai fini dell’art.
444 cod. proc. pen. – né, per l’effetto, la loro non ben comprensibile incidenza,
onde detta censura è comunque inficiata da radicale genericità.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di C 2.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2018
Il Consigli r e”—-est.

Il Preg\id 11,e

del 25.03.2010, Rv. 247539).

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