Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18199 del 15/02/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18199 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALZARI RENATA N. IL 16/03/1936
CALZARI ANNA N. IL 16/03/1936
avverso l’ordinanza n. 1425/2011 TRIBUNALE di BRESCIA, del
21/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
lette/sorriele conclusioni del PG Dott. Ah cmet

ht 444

Uditi difensor Avv.;

tv’evt4-213

Data Udienza: 15/02/2013

FATTO

E DIRITTO

1. Il Presidente del Tribunale di Brescia, a mezzo di altro magistrato all’uopo
delegato, con provvedimento del 21/6/2012, respinse il ricorso proposto, ai sensi
dell’art. 99, comma 1, d.P.R. n. 115/2002, nell’interesse di Calzari Anna e Calzari
Renata, avverso il provvedimento della Corte di Assise di Brescia del 21/3/2011,
depositato il 23/3/2011, che aveva escluso dall’ammissione al patrocinio a spese
dello Stato le dette persone offese, costituite parti civili nel processo concernente

onorari avanzata il 31/1/2011.

2. Per una adeguata comprensione della vicenda è utile premettere quanto
appresso.
Le ricorrenti, in quanto sorelle di Calzari Trebeschi Clementina, vittima della
strage di cui detto, al giudice dell’udienza preliminare avevano chiesto di essere
ammesse ai benefici previsti dall’art. 10 della L. n. 206/2004; il GUP del
Tribunale di Brescia, con ordinanza del 15/4/2008, dopo aver affermato che
l’invocato diritto non aveva necessità di essere declarato giudizialmente, in
quanto derivante direttamente dalla legge, concludeva non esservi luogo a
provvedere. Esaurita la fase della trattazione in sede d’udienza preliminare,
avanzata rituale istanza da parte del difensore, il GUP, con proprio decreto del
6/2/2010 provvide a liquidare i compensi al difensore. Per tutta la fase
dibattimentale, snodatasi in ben 157 udienze, le ricorrenti avevano
continuativamente goduto dei benefici previsti dalla legge citata (esenzione dai
diritti di copia e cancelleria). Esaurito il giudizio di primo grado era stata
avanzata istanza di liquidazione degli onorari e la Corte d’Assise, con
provvedimento del 21/3/2011, decise di non ammettere le Calzari al patrocinio a
Spese dello Stato. Presentato ricorso, ex art. 99 del d.P.R. n. 115/2002, al
Presidente del Tribunale di Brescia, costui, operata conversione ai sensi del
comma 5 dell’art. 568, cod. proc. pen., dispose trasmissione degli atti in
Cassazione, alla quale si rivolsero direttamente anche le Calzari e altre persone
offese. Con provvedimento del 2/2/2012 la Corte di Cassazione, qualificato il
ricorso delle interessate quale opposizione ex art. 99 cit., ordinò trasmettersi gli
al Presidente del Tribunale di Brescia; al detto provvedimento ne seguì altro
omologo, in data 5/6/2012, così da restituire al legittimo decidente anche gli altri
ricorsi pendenti. Da qui, poi, finalmente, l’emissione del provvedimento in questa
sede impugnato.

la strage di Piazza della Loggia, rigettando, quindi, l’istanza di liquidazione degli

3. Calzari Renata e Calzari Anna proponevano ricorso per cassazione,
denunziando, con i due illustrati motivi, violazione degli artt. 1 e 10 della L. n.
206/2004, in collegamento con il d.P.R. n. 115/2002.

3.1. Il giudice del merito aveva errato nel ritenere che l’art. 10 della L. n.
206/2004 non contemplasse, in virtù della clausola d’esclusiva di cui all’art. 82,
comma 4, della L. n. 388/2000, i fratelli non conviventi, ove non si trattasse di
unico superstite. Al contrario la disposizione di cui alla cit. legge n. 206 non

terrorismo e delle stragi; operando, per converso, espressa enumerazione dei
casi in cui i vari benefici andavano circoscritti solo ad alcune categorie (artt. 2, 3,
5 e 9). Nello stesso senso, peraltro, si era pronunziata la direttiva della
Presidenza del consiglio dei Ministri del 27/7/2007, la quale, oltre
all’autorevolezza della fonte, proveniva dalla stessa P.A., che avrebbe avuto
tutto l’interesse a ridurre l’area della spesa.
Da ciò doveva dedursi che il rinvio operato dalla L. n. 206 alla pregressa
normativa doveva reputarsi non recettizio e avente il solo scopo d’individuare i
soggetti superstiti , «indipendentemente dal criterio di esclusione determinato
dai beneficiari primari».
In definitiva il Presidente del Tribunale bresciano aveva errato «nell’escludere
le ricorrenti dal novero dei beneficiari indicati dall’art. 10, dovendo considerarsi
beneficiari degli art. 6 e dell’art. 10 della Legge 206/2004 tutti i soggetti indicati
dall’art. 6 della Legge n. 466 del 1980, integrato dall’art. 4, comma 2 della Legge
n. 302 del 1990 e, da ultimo, dall’art. 82, comma 4 della Legge n. 388 del 2000,
senza ordine di esclusione.»

3.2. Con il secondo motivo le ricorrenti si dolgono dell’erronea applicazione
dell’art. 112 del d.P.R. n. 115/2002, il quale prevede la revoca del decreto di
ammissione al patrocino a spese dello Stato nel solo caso risulti «provata la
mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76
e 92.», mentre l’art. 10 della L. n. 206/2004 prescinde dalle condizioni
reddituali. Né poteva condividersi la costruzione di una revoca per motivi
sostanziali, siccome ipotizzata dal giudice, che si era rivelata un mero
escamotage, utile a mascherare una vera e propria violazione di legge: «La
natura oggettiva e involontaria del presupposto della

“vittima di strage”

determina che, se vi è stato un provvedimento di ammissione.., non vi possa poi
essere un regresso, perché questo si risolverebbe in una mera rivalutazione, da
parte di altro giudice, dei medesimi elementi presi in considerazione in sede di
ammissione.»

poneva limite di sorta, includendo tutti i familiari superstiti delle vittime di atti di

4. La fondatezza del primo motivo, esonera la Corte dal prendere in esame il

secondo.
Nonostante la disorganicità normativa, che ha portato alla plurima
sovrapposizione di norme, senza che fosse stato tenuto in conto l’esigenza di
curare la tecnica legislativa in maniera tale da escludere in radice l’emersione di
spazi ambigui o controvertibili, il complessivo disegno normativo di fondo è teso
a distinguere la platea di coloro che, in quanto vittime o superstiti di vittime di

elargizioni economiche, prebende e agevolazioni lavorative, da quella, che
vantando il medesimo titolo, abbia il diritto di accedere al patrocinio a spese
dello Stato nei pertinenti procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili
(art. 10 della L. n. 206 del 3/8/2004).
Già in questa prima disamina sommaria non può non evidenziarsi l’ampiezza
della tutela assicurata, non solo nel processo, ma anche nella fase
procedimentale che esso precede, nella sede penale e in quella amministrativa.
Se, per un verso, le leggi 13/8/1980, n. 466; 23/11/1988, n. 407; 20/10/1990,
n. 302; 23/12/2000, n. 388 hanno preso cura di individuare le categorie di
superstiti che, in quanto conviventi e a carico, avevano patito un danno
patrimoniale diretto dalla morte o dallo stato d’invalidità procurato al loro
congiunto, l’art. 10 della legge 3/8/2004, n. 206, come si è anticipato, pone a
carico dello Stato il costo del patrocinio delle vittime e, tout court, dei superstiti.
Di conseguenza, il richiamo operato dalla cit. L. n. 206 alle leggi n. 302 del 1990,
407 del 1998 e 388 del 2000 non può avere alcun significato di rinvio recettizio
all’individuazione delle categorie prese in considerazione dalle dette norme,
peraltro, non sempre omogenee e direttamente collegate al tipo di beneficio
erogato. Bensì di norma di chiusura volta a precludere vuoti normativi della
legge in discorso. Prova di ciò si ricava a piene mani dal fatto che la normativa in
commento ove aveva interesse e motivo di porre preclusioni e limitazioni ha
dettato l’apposita disciplina limitativa (artt. 2, 3, 5 e 9).
Peraltro emerge una palese diversità di ratio tra le due situazioni. L’accesso al
beneficio economico o al vantaggio lavorativo viene logicamente fatto dipendere
da una situazione fattuale (convivenza e dipendenza economica) rimasta
stravolta dal gesto criminale. Per converso, l’accertamento della verità, per lo
meno processuale, su episodi criminali di straordinario impatto sociale, fonti, non
solo di acuta sofferenza per la massa dei soggetti direttamente o indirettamente
lesi, ma anche di rischi per l’intero assetto democratico del Paese, costituisce
una priorità, a raggiungere la quale è apparso opportuno attingere anche alla
difesa degli interessi privati dei soggetti comunque funestati dall’evento. Così,

terrorismo, stragi e criminalità organizzata, hanno il diritto di accedere a

procurando, ad un tempo, che lo sgomento, la rabbia e il giusto desiderio di
giustizia dei parenti delle vittime, trovi corretto sfogo legale e che la stessa
azione pubblica, stimolata dalla presenza garantita dei detti soggetti, non si
risparmi nella spasmodica ricerca della verità. Piuttosto emblematicamente e ad
Implicita conferma del superiore assunto, questa Corte ha di recente escluso che
il patrocinio a spese dello Stato non si applichi ai giudizi che vedono le vittime
soccombenti, dovendosi ritenere che la norma miri a garantire la massima tutela
alle vittime del terrorismo, indipendentemente dal riconoscimento o meno della

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e quella della Corte di Assise di Brescia in data
21.3.2011 resa nei confronti di Calzari Renata e Calzari Anna con rinvio alla
medesima Corte di Assise per la liquidazione degli onorari ai difensori.
Così deciso in Roma il 15/2/2013

Il

fondatezza delle loro ragioni (Cass., Sez. L., n. 17238 del 22/7/2010).

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