Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18195 del 22/01/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18195 Anno 2015
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE FRANCESCHI GIORGIO N. IL 17/01/1959
avverso l’ordinanza n. 57/2014 TRIB. LIBERTA’ di TRENTO, del
10/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO;

Data Udienza: 22/01/2015

,

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. M. Pinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata in data 10/09/2014, il Tribunale di Trento ha
rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di Giorgio De Franceschi
avverso l’ordinanza in data 28/08/2014 con la quale il Giudice delle indagini

cautelare dell’interdizione per due mesi dall’esercizio degli uffici direttivi delle
persone giuridiche e delle imprese per il reato di furto continuato e
pluriaggravato (artt. 625, primo comma, n. 2, 61, primo comma, nn. 5, 7 e 11
cod. pen.).

2. Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale di Trento ha proposto ricorso
per cassazione Giorgio De Franceschi attraverso il difensore avv. S. Trinco,
articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1,
disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia carenza di motivazione in ordine alla qualificazione
giuridica. Con riguardo alla circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo
comma, n. 2, cod. pen. non è dato comprendere il richiamo alla circostanza, in
quanto il mezzo fraudolento sarebbe costituito dall’emissione di uno scontrino,
sempre rintracciabile, successivamente annullato: alla luce della giurisprudenza
di legittimità, nessun mezzo fraudolento è stato utilizzato nel caso di specie.
Quanto al danno patrimoniale di rilevante gravità, non può essere ritenuto tale
un danno quantificabile in circa 30 mila euro a fronte di un fatturato annuo
medio di circa 1.700.000.000 euro e una perdita di esercizio del 2013 pari a cica
72 mila euro. De Franceschi ha respinto l’accusa di furto, avendo sempre
regolarmente pagato quanto prelevato dal supermercato, così come ha respinto
l’accusa di truffa, non potendosi configurare alcun artifizio o raggiro posto che
tutti gli acquisiti risultano anche contabilmente dalla documentazione fiscale
regolarmente registrata.
Il secondo motivo denuncia carenza di motivazione in ordine ai gravi indizi di
colpevolezza. La condotta assunta dall’indagato deve essere valutata alla luce
delle argomentazioni difensive introdotte con l’interrogatorio reso e con la
documentazione allegata. Le immagini video fornite dalle dipendenti della
Famiglia Cooperativa comprovano unicamente la presenza di De Franceschi
all’interno del supermercato, di cui è direttore, mentre gli estratti conto bancari
dimostrano che effettuava la spesa tutti i giorni.

preliminari del Tribunale di Rovereto aveva applicato al De Franceschi la misura

Il terzo motivo denuncia, alla luce della giurisprudenza di legittimità, vizi di
motivazione in ordine alle esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati.
In premessa rileva il Collegio che l’ordinanza applicativa risulta emessa,
oltre che per il reato di furto continuato e pluriaggravato, per il reato di truffa

rigettato il riesame proposto nell’interesse dell’indagato solo in relazione al primo
reato: pertanto, in assenza di indicazioni da parte dell’ordinanza impugnata in
ordine al reato di truffa continuata e pluriaggravata e di rilievi al riguardo del
ricorrente, deve ritenersi che l’applicazione della misura interdittiva sia stata
confermata solo per il reato di furto continuato e pluriaggravato.
Ciò premesso, muovendo, in ordine di priorità logico-giuridica, dall’esame
del secondo motivo, rileva il Collegio che esso non merita accoglimento: a fronte
dei molteplici elementi indiziari valorizzati dai giudici di merito (prima di tutto, la
pluralità di convergenti dichiarazioni di dipendenti), il motivo deduce questioni che il Tribunale del riesame ha giudicato come afferenti ad aspetti di “contorno”,
ossia non centrali rispetto alla prova dei fatti contestati – sostanzialmente di
merito, sollecitando una rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di
legittimità della valutazione del materiale indiziario che il Tribunale del riesame
ha operato, sostenendola con motivazione coerente ai dati probatori richiamati
ed immune da vizi logici.
Il primo motivo è, invece, fondato, nei seguenti termini. Nei motivi di
riesame, l’indagato aveva censurato l’ordinanza applicativa nella parte relativa
alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo
comma, n. 2, cod. pen. richiamando l’orientamento delle Sezioni unite di questa
Corte – secondo cui, nel reato di furto, l’aggravante dell’uso del mezzo
fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa
dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia,
scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a
vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la
disponibilità (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013 – dep. 30/09/2013, Sciuscio, Rv.
255974) – ed evidenziando come l’emissione di uno scontrino, successivamente
annullato, sia sempre rintracciabile: il Tribunale del riesame non ha
compiutamente esaminato la doglianza, limitandosi a ribadire la sussistenza della
circostanza aggravante in relazione all’emissione di scontrini poi annullati.
Sussiste, dunque, il lamentato vizio motivazionale, posto che le argomentazioni

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continuata e pluriaggravata, laddove l’ordinanza del Tribunale del riesame ha

addotte dal giudice del riesame sono prive di completezza in relazione a
specifiche doglianze astrattamente decisive (Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013 dep. 22/01/2014, Dall’Agnola, Rv. 257967).
Analoghi rilievi valgono con riguardo alla circostanza aggravante del danno
patrimoniale di rilevante gravità rispetto alla quale l’ordinanza impugnata si
limita a far riferimento ad un danno non esattamente quantificato, ma
apparentemente stimabile in almeno circa 30 mila euro complessivi,
argomentazione, questa, che non risponde adeguatamente alle doglianze

sussistenza della circostanza de qua), oltre a far riferimento ad una valutazione
“complessiva” e non afferente ai singoli episodi delittuosi.
Pertanto, assorbite le ulteriori doglianze, l’ordinanza impugnata deve essere
annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale
di Trento.
Così deciso il 22/01/2015

introdotte con l’atto di riesame (e incentrate sui criteri in base ai quali valutare la

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