Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18172 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18172 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Balestra Carmine Manuel, nato a Vimercate, il 12/2/1984;

avverso la sentenza del 15/11/2013 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Umberto
De Augustinis, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione;
udito per l’imputato l’avv. Antonio Dicicco, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello dì Brescia in riforma della pronunzia di
primo grado ha condannato, anche al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte

Data Udienza: 09/03/2015

civile, Balestra Carmine Manuel per il reato di lesioni personali commesso ai danni di
Asan Erdsan nel corso di un litigio tra più persone per motivi di viabilità.
2. Avverso la sentenza ricorre personalmente l’imputato articolando due motivi. Con il
primo deduce errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione,
rilevando come la Corte territoriale, nell’escludere la scriminante della legittima difesa
invece riconosciuta in prime cure, avrebbe erroneamente argomentato in riferimento al

specificità dell’imputazione. Con il secondo motivo analoghi vizi della motivazione
vengono denunciati in merito alla mancata specifica confutazione da parte del giudice
dell’appello dell’apparato giustificativo della sentenza riformata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Nelle due sentenze di merito è stato concordemente evidenziato come il reato in
contestazione sia stato commesso nel corso di una violenta contrapposizione tra due
gruppi di persone generata da un diverbio legato a questioni di viabilità. Ed altrettanto
concordemente i giudici del merito hanno ritenuto che effettivamente le testimonianze
raccolte convergessero nell’individuare nel Balestra l’autore dei colpi che hanno
determinato le lesioni patite da Asan Erdsan.
2.1 Non v’è dubbio che i fatti così come ricostruiti consentissero altresì di essere
sussunti nello schema dalla fattispecie di rissa aggravata – ripetutamente evocata in
entrambe le sentenze, nell’atto d’appello del P.G. di Brescia ed anche nell’odierno
ricorso – ma va subito precisato che tale reato in ogni caso concorre con quello di
lesioni, atteso che il secondo comma dell’art. 588 c.p., nel caso lo scontro semini sul
terreno morti o feriti, punisce più gravemente i corissanti «per il solo fatto della
partecipazione alla rissa», lasciando ad altre previsioni incriminatrici il compito di
sanzionare il responsbaile delle conseguenze lesive per la vita e l’incolumità personale
(ex multis Sez. 1, n. 14346 del 22 gennaio 2008, Oglialoro, Rv. 240134).
2.2 Ciò detto, la sentenza impugnata ha sì articolato – impropriamente – il
ragionamento che l’ha portata ad escludere la scriminante di cui all’art. 52 c.p.
argomentando dai limiti alla sua operatività con riguardo al reato di rissa, ma ha altresì
chiarito (a p. 5 e in precedenza richiamando i motivi d’appello del P.G. versati in tal
senso) come l’imputato avesse liberamente accettato lo scontro, nel corso del quale vi
è stato scambio reciproco di colpi. In tal senso la Corte territoriale ha dimostrato di
aver fondato la propria decisione sul principio per cui non è invocabile la scriminante
della legittima difesa da chi reagisca ad una situazione di pericolo alla cui
determinazione egli stesso abbia concorso (ex multis Sez. 1, n. 18926 del 10 aprile

reato di rissa aggravata, non contestato all’imputato, senza dunque tenere conto della

2013, Paoletti ed altro, Rv. 256016). Principio di cui i giudici d’appello hanno fatto buon
governo in maniera coerente alle risultanze processuali, talchè il primo motivo di
ricorso deve ritenersi manifestamente infondato.
2.3 E eguale valutazione deve essere riservata al secondo motivo. Come già ricordato
la divergenza tra le due sentenze di merito non verte sulla ricostruzione dei fatti ovvero
sulla valutazione delle prove, bensì esclusivamente sulla sussistenza dei presupposti
per il riconoscimento della causa di giustificazione di cui si è detto. In tal senso la

confutazione delle argomentazioni della pronunzia di primo grado deve concentrarsi su
tale profilo. E non è dubbio che sul punto l’obbligo è stato assolto nella misura in cui il
Tribunale, nel riconoscere che l’imputato versasse in stato di legittima difesa, ha
semplicemente omesso di interrogarsi sulla volontaria causazione della situazione di
pericolo che ha determinato la presunta reazione difensiva. Per il resto le censure del
ricorrente si rivelano generiche e meramente assertive, avendo la Corte territoriale,
anche recependo legittimamente la linea argomentativa del primo giudice,
adeguatamente e in maniera coerente al compendio probatorio di riferimento motivato
sull’individuazione del Balestra come l’autore dell’azione violenta che ha cagionato le
lesioni subite dalla persona offesa.

3. Deve ancora rilevarsi che nel frattempo si è compiuto il termine di prescrizione del
reato, maturato al più tardi – anche tenendo conto dei periodi di sospensione per
complessivi giorni 58 – il 23 luglio 2014 e quindi in ogni caso successivamente alla
pronunzia della sentenza impugnata.
3.1 Escluso, dunque, che l’estinzione del reato per prescrizione potesse essere
dichiarata nel giudizio di merito, va rilevato che neppure può essere dichiarata d’ufficio
in questa sede, ostandovi la inammissibilità del ricorso conseguente alla genericità e
manifesta infondatezza dei motivi dedotti.
3.2 La oramai consolidata e qui condivisa giurisprudenza di questa Corte afferma,
infatti, che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di
non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. Un. n. 32 del 22 novembre 2000,
De Luca, rv 217266).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento dell
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

valutazione del rispetto da parte del giudice dell’appello dell’obbligo di specifica

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 9/3/2015

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