Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18171 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18171 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da

Narcisi Ennio, nato il 01/06/1961 a Cermignano

avverso la sentenza del 18/11/2015 della Corte di Appello di L’Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Gaetano De Amicis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Perla
Lori, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avvocato Mariano Cataldo, che ha concluso per l’accoglimento
dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 25/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 novembre 2015 la Corte di appello di L’Aquila ha
parzialmente riformato la decisione di condanna assunta all’esito del giudizio di
primo grado, appellata da Narcisi Ennio, escludendo l’incidenza della contestata
recidiva e rideterminando in anni due di reclusione la pena irrogatagli per il
delitto di calunnia aggravata nei confronti dei carabinieri della stazione di
Castelnuovo Vomano, con la conferma nel resto della pronuncia impugnata.

(Cozzolino Domenico e Lanzi Gianni) e dal gestore (Pompa Vincenzo) del locale
all’interno del quale si verificò una discussione fra l’imputato e i predetti
carabinieri, i giudici di merito hanno ritenuto il Narcisi responsabile del reato di
calunnia aggravata, per averli indebitamente accusati – con dichiarazioni rese
nell’ambito del procedimento penale celebrato nei suoi confronti per il delitto di
resistenza a pubblico ufficiale commesso in occasione dell’arresto avvenuto in
data 17 gennaio 2011 – di aver abusato dei loro poteri commettendo reati di
lesioni personali e violenza privata in suo danno, e in particolare di avergli
impedito di andare in bagno, di averlo preso con forza e trascinato all’interno del
locale e sino all’atrio d’ingresso, di averlo quindi colpito senza motivo con calci e
pugni e, una volta condotto in caserma, di avergli impedito di chiamare il suo
difensore.

2. Nell’interesse del Narcisi ha proposto ricorso per cassazione il difensore,
deducendo vizi della motivazione e violazioni di legge in punto di accertamento
della penale responsabilità e di mancata concessione delle invocate attenuanti
generiche.
2.1. Si evidenziano, al riguardo, sia la presenza di talune contraddizioni nelle
dichiarazioni rese dalle persone offese (Cozzolino Domenico e Lanzi Gianni) – in
quanto sfornite, entrambe, di adeguati elementi di riscontro probatorio – sia
l’assenza di prova delle lesioni subite dai militari, unitamente alla mancata
considerazione della documentazione medica (certificazione e cartella clinica)
prodotta dalla difesa circa le lesioni subite dal Narcisi la sera del suo arresto:
lesioni sulle cui cause la Corte d’appello ha illogicamente motivato,
erroneamente individuando nel contenuto delle dichiarazioni rese dal teste
Pompa, gestore del locale ove si sono svolti i fatti, un elemento di riscontro alle
dichiarazioni delle persone offese e, al contempo, una smentita alle accuse
mosse dal Narcisi.
2.2. Ulteriori vizi della motivazione sono posti in rilievo sia con riferimento al
fatto che nella contestazione del reato di calunnia le due ipotesi di reato
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1.1. Sulla base delle dichiarazioni testimoniali rese dai militari operanti

falsamente ascrivibili ai militari operanti (ossia le lesioni, per le quali mancava la
relativa condizione di procedibilità, e la violenza privata) non consentivano
l’apertura di un procedimento penale a loro carico, sia riguardo all’erroneo
diniego delle su indicate attenuanti, tenuto conto della oggettiva assenza

di

gravità del fatto, dagli stessi Giudici di merito ritenuto solo occasionale ed
episodico.

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2. La decisione impugnata presenta una ricostruzione incompleta ed incerta
delle modalità di accadimento dei fatti oggetto del tema d’accusa nei passaggi
motivazionali ove – senza darne adeguatamente conto – ritiene assertivamente
collimanti le dichiarazioni rese dai testi Cozzolino e Lanzi con quelle del gestore
del locale all’interno del quale si verificò la discussione fra l’imputato ed i
carabinieri, aggiungendo, senza spiegarne con precisione le ragioni sul piano
della valutazione di attendibilità, che alle dichiarazioni rese dalla teste Nadia Di
Bonaventura – secondo la quale il Pompa avrebbe reso, in sua presenza,
dichiarazioni alla moglie dell’imputato che erano sostanzialmente conformi a
quanto dichiarato dal Narcisi circa lo svolgimento dei fatti all’interno del locale non potrebbe attribuirsi decisivo rilievo, anche in relazione alla rilevante
circostanza di fatto, pur essa riferita dalla teste, che il Pompa avrebbe detto di
aver udito delle grida provenienti dall’imputato.
Non sono state oggetto di adeguata valutazione le risultanze emergenti dalla
documentazione sanitaria prodotta dalla difesa, avendo la Corte d’appello
illogicamente affermato, senza chiarirne la genesi, la tipologia e la reale entità,
che le lesioni diagnosticate in quello stesso giorno all’imputato potrebbero
trovare la loro causa, alternativamente, o in atti di autolesionismo (dei quali,
peraltro, non sembra esservi traccia documentale o comunque un valido
elemento di riscontro probatorio) o nella colluttazione sviluppatasi a seguito
dell’aggressione perpetrata dal Narcisi ai danni dei predetti carabinieri: in tale
ultima evenienza fattuale, però, avrebbero dovuto costituire oggetto di attenta e
puntuale verifica la compatibilità delle lesioni riportate dall’imputato con le – non
compiutamente accertate – modalità di colluttazione con i pubblici ufficiali
operanti.
Infondato, di contro, deve ritenersi il profilo di doglianza che investe la
configurabilità stessa del reato per la mancata presentazione della querela
relativamente ai reati oggetto della contestata falsa incolpazione, poiché fra
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CONSIDERATO IN DIRITTO

questi, come chiarito dalla stessa Corte d’appello, vi è anche il reato di violenza
privata, che è procedibile ex officio e non a querela di parte.
Logicamente assorbita, inoltre, deve ritenersi, allo stato, l’ulteriore censura
dalla difesa dedotta relativamente al diniego delle invocate attenuanti generiche.

3. S’impone, conclusivamente, l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata, per un nuovo giudizio sui punti critici sopra evidenziati, che nella
piena libertà del correlativo apprezzamento di merito dovrà colmare le indicate

Suprema Corte.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte
d’appello di Perugia.
Così deciso il 25 gennaio 2018

lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii stabiliti da questa

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