Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18171 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18171 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Contini Mario, nato a Bosa il 25/05/1958

avverso la sentenza emessa il 20/03/2014 dal Tribunale di Oristano
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata, per intervenuta prescrizione del reato

RITENUTO IN FATTO
Mario Contini ricorre personalmente avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei suoi confronti, in data
10/06/2011, dal Giudice di pace di Bosa. L’imputato risulta essere stato
condannato a pena ritenuta di giustizia per il delitto di ingiuria, in ipotesi
commesso in danno di Giuseppe Pisanu: secondo l’ipotesi accusatoria, il Contini

Data Udienza: 09/03/2015

rivolse espressioni offensive alla persona offesa – parroco del paese di Suni sia all’esterno che all’interno della chiesa, in presenza di più persone.
Il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 599 cod.
pen., nonché carenza di motivazione della sentenza impugnata, osservando che
nella fattispecie concreta avrebbe dovuto ritenersi ravvisabile l’esimente della
provocazione: il Tribunale si sarebbe infatti limitato a segnalare che i fatti
precedenti (una discussione tra il Pisanu e la moglie del Contini, Rita Corda,
presidente della Associazione Cattolica locale) non avevano le caratteristiche

processuali avevano fatto emergere «l’esistenza di un preciso rapporto di
causalità psicologica tra l’offesa ricevuta e la reazione». Ad avviso del Contini,
la sua reazione, «seppure al di fuori di un esatto rapporto di proporzionalità e
contestualità temporale fra l’una e l’altra», risultava pertanto «adeguata
all’offesa ricevuta dal sacerdote».

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile, per manifesta infondatezza del
motivo di doglianza.
Tra il sacerdote e la moglie dell’imputato, poco prima delle indiscutibili
ingiurie che il Contini rivolse al prelato, vi era infatti stato un semplice
“battibecco”, come definito dal giudice di appello, senza neppure che nell’odierno
ricorso venga rappresentato che il parroco avesse in qualche modo offeso la
sensibilità o il decoro della donna, piuttosto che limitarsi a contestarne le
modalità di gestione dell’associazione (dalla lettura della sentenza di primo grado
risulta che il Pisanu aveva invitato la Corda a lasciare l’incarico).

2. Non è pertanto possibile ritenere maturata la prescrizione del reato
addebitato al ricorrente. La causa estintiva, in vero, risulta essersi perfezionata
il 30/07/2014 (dovendosi tenere conto di sessanta giorni di sospensione dei
relativi termini, a seguito di un rinvio disposto nel giudizio di primo grado per
impedimento del difensore), ergo dopo la sentenza di appello; tuttavia, per
consolidata giurisprudenza di questa Corte, un ricorso per cassazione
inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, «non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto,
la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art.
129 cod. proc. pen.» (Cass., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266,
relativa appunto ad una fattispecie in cui la prescrizione del reato era maturata

2

intrinseche per assurgere a “fatto ingiusto”, quando invece le risultanze

successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; v. anche, negli stessi
termini, Cass., Sez. IV, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni).

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Contini al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità,
in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del
13/06/2000) – al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 09/03/2015.

di € 1.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

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