Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18167 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18167 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Mazzola Antonio, nato a Savignano sul Rubicone, il 22/3/1966;

avverso la sentenza del 20/2/2014 della Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Umberto
De Augustinis, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione;
udito per l’imputato l’avv. Dennis Gori, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna ha confermato la condanna
di Mazzola Antonio per i reati di truffa e di contraffazione di titoli di credito commessi ai

Data Udienza: 09/03/2015

danni della F.11i Giorgi s.r.l. pagando alla stessa una fornitura di merce con due assegni
privi di copertura di cui aveva alterato la data di emissione.
2. Avverso la sentenza ricorre personalmente l’imputato articolando due motivi. Con il
primo motivo eccepisce l’intervenuta prescrizione dei reati in epoca antecedente alla
pronunzia della sentenza impugnata e deduce errata applicazione della legge penale,
rilevando come, secondo quanto contestato nell’atto imputativo, gli stessi sarebbero

nel dubbio sull’effettivo momento della loro consumazione la Corte territoriale, in
ossequio al principio del favor rei, avrebbe dovuto ritenere estinti gli illeciti, posto che il
giudizio d’appello è stato celebrato il 20 febbraio 2014. Con il secondo motivo il
ricorrente deduce invece vizi della motivazione non avendo la stessa Corte
argomentato le ragioni per cui debbano ritenersi maggiormente credibile la versione dei
fatti esposta dai testi d’accusa rispetto a quella offerta dall’imputato e suffragata dalle
dichiarazioni della moglie e dall’estratto conto della suocera, da cui si evince come
poche settimane prima del pagamento quest’ultima avesse effettivamente prelevato più
di diecimila euro in contanti. Non di meno i giudici dell’appello non avrebbero
considerato che, se effettivamente il Mazzola avesse pagato la merce ricevuta
attraverso gli assegni oggetto di contestazione (e non in contanti e in nero come da lui
sostenuto) la società creditrice, in osservanza della normativa antiriclaggio vigente
all’epoca, avrebbe dovuto necessariamente registrarlo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Generico e manifestamente infondato è il primo motivo. La Corte territoriale ha
infatti correttamente datato al 21 agosto 2006 il momento consumativo dei reati,
atteso che in tale data è avvenuta la consegna degli assegni alterati.
2.1 Va infatti ricordato che il reato di truffa si consuma nel momento dell’effettivo
conseguimento dell’ingiusto profitto, con correlativo danno della persona offesa.
Principio che applicato alla fattispecie concreta, in cui il danno della persona offesa e il
profitto dell’imputato si sono concretizzati al momento del mancato pagamento del
prezzo e del contestuale rilascio di attestazione di segno contrario (la fattura pro forma
rilasciata all’imputato), comporta la necessità di ritenere che il reato in questione si sia
consumato, per l’appunto, nella data menzionata, giorno in cui effettivamente gli
assegni contraffatti vennero consegnati al venditore e in cui venne emessa la quietanza
di pagamento, circostanza questa che nemmeno il ricorrente contesta. Pertanto al
momento della celebrazione del giudizio di secondo grado il termine di prescrizione,
seppure per un giorno, non si era ancora compiuto.

stati consumati il 21 agosto 2006 ovvero in data immediatamente antecedente, talchè

2.2 E’ invece irrilevante che nel capo d’imputazione il momento consumativo del reato
fosse stato indicato alternativamente nella data summenzionata o in altra
immediatamente precedente, atteso che la sentenza, rimanendo pertanto nel perimetro
della contestazione, ha – come si è visto motivatamente – ritenuto accertato sulla base
delle risultanze processuali come il primo riferimento temporale identifichi
effettivamente il momento di consumazione del reato, anche con riguardo al falso
contestato, non essendovi elementi – né il ricorrente ha saputo evidenziarli – che

momento diversa da quello della loro utilizzazione.

3. Parimenti generico è il secondo motivo, che sostanzialmente ripropone le medesime
censure sottoposte al giudice dell’appello e da quest’ultimo motivatamente confutate.
Ed infatti il ricorrente non si è peritato di svolgere alcuna argomentata critica delle
ragioni per cui la Corte territoriale ha ritenuto non veritiere la versione dei fatti offerta
dall’imputato e le dichiarazioni della moglie del medesimo, ma si è per l’appunto
limitato a ribadire in maniera apodittica la decisività dei rilievi già svolti con il gravame
di merito. Per di più il ricorso omette di confrontarsi in maniera effettiva con alcuni dei
passaggi fondamentali del discorso giustificativo reso in sentenza che ne connotano la
tenuta logica. In particolare i giudici del merito hanno osservato come al prelievo di
contanti effettuato dalla suocera del Mazzola fosse seguito appena due giorni dopo un
versamento di importo superiore, circostanza logicamente idonea a confortare l’assunto
secondo cui sarebbe inverosimile che l’ingente somma prelevata fosse stata custodita
presso l’abitazione per quasi un mese e che il ricorrente ha contestato in maniera
meramente assertiva. Non di meno la sentenza ha evidenziato come colui che aveva
originariamente emesso gli assegni incriminati (il teste Monzali) avesse confermato di
averli consegnati proprio al Mazzola – e non ad altri – in pagamento di un lavoro da
questi effettuato, testimonianza che il ricorso nemmeno menziona, limitandosi a
contestare la presunta illogicità della consegna alla F.11i Giorgi di titoli già contenenti
una girata, trascurando però di considerare la spiegazione in proposito tratta dalla
Corte territoriale dalle dichiarazioni del teste Mordenti, di per sé sufficiente a vanificare
l’obiezione difensiva fondata sugli adempimenti antiriclaggio.

4. Come già accennato, il termine di prescrizione dei reati in contestazione è comunque
maturato il giorno successivo alla pronunzia della sentenza impugnata.
4.1 Escluso, dunque, che l’estinzione dei reati per prescrizione potesse essere
dichiarata nel giudizio di merito, va rilevato che neppure può essere dichiarata
questa sede, ostandovi la inammissibilità del ricorso conseguente alla genericità e
manifesta infondatezza dei motivi dedotti.

consentano anche solo di dubitare che l’alterazione dei titoli sia avvenuta in un

4.2 La oramai consolidata e qui condivisa giurisprudenza di questa Corte afferma,
infatti, che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di
non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. Un. n. 32 del 22 novembre 2000,
De Luca, rv 217266).

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 9/3/2015

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la

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