Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18166 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18166 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Santoro Luca Vito, nato a Biella, il 27/5/1986;

avverso la sentenza del 8/10/2013 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Umberto
De Augustinis, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione;
udito per l’imputato l’avv. Francesca Palma, che ha concluso chiedendo.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la .Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna
di Santoro l

Vito per il reato gi lesioni personali commesso ai danni di Lanciani

Marco, colpi

all’imputato con un pugno al volto. In parziale riforma della pronunzia
dall’imputato

Data Udienza: 09/03/2015

di primo grado la Corte territoriale sostituiva invece la pena detentiva applicata al
Santoro con quella pecuniaria e concedeva al medesimo il beneficio della non
menzione.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando
cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo eccepisce l’omessa notifica all’imputato del decreto di citazione

dell’istruttoria dibattimentale, nonostante le numerose contraddizioni delle
testimonianze a carico assunte in primo grado rilevate con il gravame di merito, e la
violazione del principio devolutivo in ordine alla valutazione della falsità di quelle a
discarico.
2.2 Con il terzo motivo deduce violazione di legge e correlati vizi della motivazione, tra
cui quello di travisamento, in merito alla valutazione del compendio probatorio e
all’attendibilità della persona offesa. Con il quarto motivo eccepisce la prescrizione del
reato già prima della pronunzia della sentenza impugnata, rilevando come non possa
tenersi conto dei rinvii intervenuti nel corso del processo non avendo il giudice
provveduto nell’occasione a dichiarare la sospensione dei termini di prescrizione. Con il
quinto motivo denuncia infine ulteriori vizi della motivazione ed errata applicazione
della legge penale in ordine alla commisurazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Manifestamente infondato e generico è il primo motivo, risultando dagli atti che il
decreto di citazione per il giudizio d’appello è stato notificato all’imputato presso il
domicilio dichiarato a mani della madre convivente il 22 maggio 2013 e che, avendo la
difesa eccepito all’udienza dell’Il giugno 2013 il mancato rispetto del termine a
comparire, la Corte territoriale ha disposto la rinnovazione della citazione dell’imputato
per l’8 ottobre 2013, la quale veniva nuovamente notificata al domicilio dichiarato a
mani della madre convivente. Alla luce di quanto illustrato non è dato comprendere
quale sia l’effettivo oggetto della doglianza, atteso che il ricorso, per l’appunto in
maniera generica, evoca la violazione delle norme dettate per la notifica a mezzo del
servizio postale senza precisare in cosa sarebbe consistita.
3. Generico è invece il secondo motivo, atteso che il ricorrente non precisa quali
sarebbero le prove che avrebbero dovuto costituire oggetto di rinnovazione, né la loro
decisività. Quanto poi alla violazione dell’art. 597 comma 1 c.p.p., la censura è
manifestamente infondata, giacchè, indipendentemente dal perimetro di devoluzione, il

per il giudizio d’appello, mentre con il secondo lamenta la mancata rinnovazione

giudice d’appello ha il dovere di trasmettere gli atti al pubblico ministero qualora rilevi
negli stessi notizia di un possibile reato commesso dal testimone, mentre la verifica
della veridicità delle testimonianze a discarico è adempimento che è stato
implicitamente rimesso alla cognizione della Corte territoriale attraverso il gravame di
merito costituendo presupposto della rivalutazione del compendio probatorio sollecitato
dall’appellante.

Corte territoriale ha infatti tratto la prova della responsabilità dell’imputato dalle
dichiarazioni della persona offesa e da quelle dei numerosi testimoni oculari
dell’accaduto, mentre i rilievi del ricorrente sul punto si rivelano meramente assertivi
ovvero si traducono nella prospettazione di una lettura soggettivamente orientata del
materiale probatorio alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di
merito nel tentativo di sollecitare quello di legittimità ad una rivisitazione degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione o all’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei medesimi, che invece gli sono precluse ai
sensi della lett. e) dell’art. 606 c.p.p.. Quanto poi ai presunti travisamenti di alcune
delle prove è appena il caso di evidenziare come il ricorso non ne precisi la decisività e
come, in ogni caso, gli stessi siano stati denunciati attraverso la mera evocazione di
stralci di dichiarazioni testimoniali. In proposito deve allora ricordarsi come, secondo il
costante insegnamento di questa Corte in merito alle condizioni per cui può ritenersi
assolto l’onere di indicazione posto dalla lett. e) dell’art. 606 c.p.p.„ qualora la prova
omessa o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente abbia l’onere di riportarne
integralmente il contenuto, non limitandosi ad estrapolarne alcuni brani, giacchè così
facendo viene impedito al giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il
significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio
dedotto (Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, Buzi, rv 241023; Sez. F., n. 32362 del
19 agosto 2010, Scuto ed altri, Rv. 248141).

5. Parimenti inammissibile è il quinto motivo, atteso che la Corte territoriale ha reso
motivazione adeguata e logica sulle ragioni della conferma della commisurazione della
pena operata in prime cure, la quale deve pertanto ritenersi insindacabile in questa
sede, tanto più che i vizi denunciati ancora una volto si risolvono nel tentativo di
ottenere una rivalutazione del merito di tale decisione.

6. Venendo al quarto motivo, deve rilevarsi che il termine di prescrizione si è compiuto
al più presto 11 dicembre 2013 e cioè successivamente alla pronunzia della sentenza
impugnata.

4. Generiche e versate in fatto sono altresì le doglianze avanzate con il terzo motivo. La

6.1 Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – la cui eccezione deve dunque
ritenersi manifestamente infondata – deve infatti tenersi conto dei periodi di
sospensione maturati nel corso del dibattimento di primo grado per i plurimi rinvii
richiesti dal difensore, giacchè, secondo il costante insegnamento di questa Corte, il
rinvio del dibattimento disposto per impedimento dell’imputato o del difensore o
comunque su loro richiesta non necessita di un formale provvedimento di sospensione
della prescrizione; infatti, la sospensione del corso della prescrizione è normativamente

rinvio, con la conseguenza che essa è produttiva di effetti per tutti coloro che hanno
commesso il reato, ex art. 161, comma primo, c.p.p., non necessita di un formale
provvedimento di sospensione e comprende tutto il periodo ovvero quello
normativamente determinato durante il quale il dibattimento è rinviato per
impedimento o su richiesta dell’imputato o del difensore (ex multis Sez. 5, n. 12453 del
23 febbraio 2005, Princiotta ed altri, Rv. 231694).
6.2 Escluso, dunque, che l’estinzione del reato per prescrizione potesse essere
dichiarata nel giudizio di merito, va rilevato che neppure può essere dichiarata in
questa sede, ostandovi la inammissibilità del ricorso conseguente alla genericità e
manifesta infondatezza dei motivi dedotti.
6.3 La oramai consolidata e qui condivisa giurisprudenza di questa Corte afferma,
infatti, che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza o genericità dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause
di non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. Un. n. 32 del 22 novembre
2000, De Luca, rv 217266).

7. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 9/3/2015

ancorata all’ipotesi di sospensione del procedimento penale, equiparabile, a tal fine, al

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