Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18164 del 05/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18164 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUGLIELMO ENRICO N. IL 09/05/1946
avverso la sentenza n. 6408/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
24/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore G9nerale in pe,r§ona del Dott. L1444 Di
che ha concluso per Li
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 24 marzo 2010 su
impugnazione sia della parte civile che del Procuratore Generale, in riforma della
sentenza del Tribunale di Roma del 21 aprile 2010, ha dichiarato non doversi
procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di Guglielmo Enrico per il

civili, ha condannato l’imputato alla rifusione dei danni in favore della costituita
parte civile, da liquidarsi in separata sede nonché alle spese del giudizio di
appello.
Il fatto era costituito, secondo il capo d’imputazione, dall’invio di una
missiva “riservata” a Calcara Claudio e Rossi Libero, esponenti sindacali, e a
Rocca Carmelo e Cecchi Roberto, dirigenti del Ministero per i Beni Architettonici e
le Attività Culturali, nella quale si affermava che il Gullo era il presunto autore di
lettere anonime, aveva commesso gravi irregolarità amministrative (omissioni,
abusi e contraffazione di documenti) e godeva di ampie e sospette protezioni
esterne alla Sopraintendenza dei Beni Architettonici di Napoli.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
attraverso il proprio difensore, il quale lamenta:
a) una violazione di legge in punto di sussistenza dell’ascritto reato;
b) una violazione della legge processuale per non aver la Corte di Appello
dichiarato inammissibili gli appelli;
c) una mancanza o illogicità della motivazione circa l’affermazione della
responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.
3. Risulta, infine, pervenuta memoria, redatta nell’interesse dell’imputato,
con la quale si dichiara di proporre motivi nuovi che, nella realtà, si sostanziano
nell’ulteriore illustrazione del motivo di carenza di motivazione inserito nel
ricorso principale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento .
2. In riferimento al requisito della comunicazione con più persone atto ad
integrare il delitto di diffamazione, questa Corte ha affermato che la destinazione
alla divulgazione può trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volontà
1

delitto di diffamazione aggravata in danno di Gullo Guido anche se, ai soli effetti

del mittente-autore anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto
propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo,
disciplinare) che deve essere ex lege portato a conoscenza di altre persone,
diverse dall’immediato destinatario, sempre che l’autore della missiva
prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso
noto a terzi (v. Cass. Sez. V 6 aprile 2011 n. 23222 e Sez. V 18 marzo 2014 n.

Nella specie, assorbente ai fini della sussistenza dell’ascritto reato è che le
missive fossero più di una e destinate a quattro diverse persone per cui la
conoscenza delle frasi oggettivamente diffamatorie e non soltanto di mera
doglianza poste, quantomeno, le accuse di gravi irregolarità amministrative con
ipotetici profili penali (contraffazioni di documenti, omissioni, abusi), s’intendeva
portata ad una platea di soggetti già come destinatari finali e senza tener neppur
conto degli ulteriori soggetti incaricati di protocollare e indirizzare al destinatario
la contestata missiva.
3. Il secondo motivo è del tutto pretestuoso in quanto la mancata
declaratoria d’inammissibilità degli appelli evidenzia come la Corte territoriale, di
converso, abbia ritenuto del tutto corrispondenti ai precetti di cui agli articoli 581
e 591 cod.proc.pen. le doglianze proposte sia dalla parte civile che dal
Procuratore Generale avverso l’impugnata decisione di primo grado.
4. Infine, la motivazione adottata dalla Corte di merito è sicuramente
rispettosa dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte che, con la
sentenza delle Sezioni Unite n. 33748 del 2005, già aveva affermato che per la
riforma di una sentenza assolutoria è necessario dimostrare in modo rigoroso
l’incompletezza o l’incoerenza della prima e che più di recente ha ribadito che
sarebbe illegittima una pronuncia riformatrice dell’assoluzione che, in assenza di
elementi sopravvenuti, si limiti ad una mera e diversa valutazione del materiale
probatorio già acquisito ritenuto inidoneo in primo grado a giustificare una
pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore
plausibilità rispetto a quella operata dal primo Giudice, occorrendo, invece, una
forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio (v.
Cass. Sez. H 8 novembre 2012 n. 11883 e Sez. VI 22 ottobre 2013 n. 45203).
In sostanza, occorre una “forza persuasiva superiore, tale da far cadere
“ogni ragionevole dubbio”, in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di
contrasto.

2

29203).

”La condanna, invero, presuppone la certezza della colpevolezza, mentre
l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza ma la mera non certezza
della colpevolezza…”.
Per quel che concerne, poi, il significato da attribuire alla locuzione “oltre
ogni ragionevole dubbio”, già adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte
Suprema (v. per tutte, Cass. Sez. Un. 10 luglio 2002 n. 30328) e

quale parametro cui conformare la valutazione inerente all’affermazione di
responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica
espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il
principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e la cultura della
prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale; si
è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione
meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il
“ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava pur sempre
il proscioglimento a norma dell’articolo 530 cod.proc.pen., comma 2, sicché non
si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova
rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito
il principio, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario,
secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza
processuale assoluta della responsabilità dell’imputato (v. da ultimo, Cass. Sez.
9 novembre 2012 n. 7035); certezza che i Giudici a quo hanno logicamente
espresso, sottraendo la loro motivazione, pertanto, al lamentato vizio di
legittimità.
5. Il ricorso va, in conclusione, rigettato e il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali.
P.T.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Così deciso il 5 marzo 2015.

successivamente recepita nel testo novellato dell’articolo 533 cod.proc.pen.

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