Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18163 del 05/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18163 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASIERO SILVANO ANTONIO N. IL 17/01/1958
avverso la sentenza n. 763/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/01/2004
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. EIN’t
che ha concluso per ‘,„1 k
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditolifensoravv.

/04 14#4.4-

1-(13)44A14″.°

AAM CC,.9

Data Udienza: 05/03/2015

v

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 22 gennaio 2014, ha
parzialmente confermato, revocando le statuizioni civili a seguito del venir meno

aprile 2010, che aveva condannato Masiero Silvano Antonio per i delitti di
bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale, quale amministratore
unico della s.r.l. Genercontract, dichiarata fallita il 1 luglio 2004.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
a mezzo del proprio difensore, lamentando:
a) una violazione della legge processuale, nascente dal mancato rispetto
del precetto di cui all’articolo 521 cod.proc.pen. in ordine alla correlazione tra
imputazione contestata e sentenza e una omessa o illogica motivazione in merito
alla affermazione della penale responsabilità per la bancarotta fraudolenta per
distrazione;
b) una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla
affermazione della penale responsabilità per la bancarotta fraudolenta
documentale inquadrabile piuttosto nella meno grave fattispecie della bancarotta
semplice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile essendone i motivi manifestamente infondati.
2. Giova premettere, in punto di diritto, come in tema di ricorso per
cassazione, quando ci si trovi dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e cioè a
una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di
condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento possa essere
rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606 cod.proc.pen., comma 1, lett. c),
solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio 2009 n. 20395).

1

della costituzione della parte civile, la sentenza del Tribunale di Milano dell’8

Inoltre, in tema di sentenza di appello, non sussiste mancanza o vizio
della motivazione allorquando i Giudici di secondo grado, in conseguenza della
completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonché della
corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo
Giudice.
Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello,

inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione (v. Cass. Sez. II 15 maggio 2008 n. 19947).
La sentenza di merito non è, poi, tenuta a compiere un’analisi
approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame
dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche
attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in
modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni
fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate,
siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass. Sez. IV 13
maggio 2011 n. 26660).
3. Quanto al primo motivo, si osserva come, alla luce della pacifica e
costante giurisprudenza di questa Corte, non vi sia stata alcuna violazione
dell’articolo 521 cod.proc.pen., posto che la condotta ascritta al ricorrente
(distrazione piuttosto che l’invocata, ammissibilmente o inammissibilmente poco
importa, dissipazione) risulta dalla contestazione di cui alla rubrica, senza che si
sia verificata alcuna difformità tra quanto previsto nel capo d’imputazione e
quanto realmente emerso dall’istruttoria dibattimentale; pieno ossequio,
pertanto, al più recente indirizzo emerso in sede di legittimità al suo massimo
livello, secondo il quale la pretesa violazione dell’articolo 521 del codice di
procedura si verifica solo in ipotesi di trasformazione radicale della contestazione
nei suoi elementi essenziali del fatto (v. Cass. Sez. Un. 15 luglio 2010 n. 36551).
Osserva, infatti, il Collegio come le condotte di distruzione, occultamento,
distrazione, dissipazione e dissimulazione siano alternativamente previste dalla
norma di cui all’articolo 216 L. Fall., così che non integra violazione del principio
di correlazione tra sentenza e contestazione (quando quest’ultima contenga la
descrizione, sia pur sommaria, del comportamento dell’imputato) la decisione del
Giudice di merito che, stabilendo che i fatti addebitati all’imputato non sono
ascrivibili all’una categoria, ne affermi comunque la responsabilità, ritenendo che

2

fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e

essi integrino altra diversa ipotesi fra quelle previste (v. a partire da Cass. Sez. V
6 luglio 2000 n. 9027).
Ed è esigenza fondamentale, a tutela delle facoltà dell’imputato di
apprestare la propria difesa, che permanga immutata l’azione distrattiva ascritta
(v. Cass. Sez. V 19 febbraio 2003 n. 13595 e Sez. V 5 luglio 2010 n. 37920) e
nel caso di specie non v’è dubbio alcuno che oggetto della contestazione e delle

reperimento allorquando il tempo e l’usura ne avevano eliminato quasi
totalmente il valore, v. pagina 7 della impugnata decisione) di alcune
attrezzature e beni societari (indicati nel capo d’imputazione) da parte del
curatore nel corso della ricostruzione dello stato patrimoniale della società
decotta.
Ritiene il Collegio che, in ogni caso, i beni societari siano stati deviati dal
loro fine di garanzia dei creditori con ciò integrando anche sotto l’aspetto
soggettivo, la configurabilità dell’ipotesi della bancarotta fraudolenta che richiede
comunque la prova del dolo tipico della distrazione o della dissipazione, ossia
della consapevolezza dell’imputato di diminuire il patrimonio per scopi del tutto
estranei all’impresa (v. Cass. Sez. V 23 ottobre 2002 n.38835 e Sez. V 19
ottobre 2011 n. 47040).
4. Ugualmente inammissibile è il secondo motivo del ricorso.
Ai fini dell’integrazione dell’ascritto reato non giova affatto distinguere tra
mancata consegna e irregolare tenuta della documentazione contabile, giacché,
ai fini del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’articolo 216 L.
Fall., una volta accertato, in capo all’imprenditore, lo scopo di arrecare
pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento
degli affari la distruzione o l’occultamento ovvero la mancata consegna al
curatore della documentazione e la omessa o irregolare o incompleta tenuta delle
scritture contabili devono ritenersi equivalenti, sicché non rileva che non si sia
accertato quale delle due ipotesi si sia verificata quando sia certa la sussistenza
di una di esse (v. da ultimo, Cass. Sez. V 27 settembre 2013 n. 8369).
L’inesistenza completa della documentazione appare sintomo di dolosa
preordinazione alla violazione delle tutele dei creditori, soprattutto come nella
specie se accompagnata dal mancato reperimento dei beni societari, piuttosto
che in mero atteggiamento colposo idoneo ad integrare, in ipotesi, la fattispecie
della bancarotta semplice.

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decisioni del merito, sia stato il mancato reperimento (rectius: il tardivo

5. Il ricorso deve essere, in conclusione, dichiarato inammissibile e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di
denaro in favore della Cassa delle Ammende.

P.T.M.

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 5 marzo 2015.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al

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