Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18153 del 23/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18153 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VARANESE ROBERTO N. IL 28/06/1960
avverso la sentenza n. 4540/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
05/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. aeJ2324_ey –che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. A.,” c

Data Udienza: 23/02/2015

Fatto e diritto

In particolare, la Corte d’appello, accogliendo l’impugnazione del Pubblico ministero contro la
predetta assoluzione, ha ritenuto l’odierno ricorrente colpevole in qualità di extraneus,
concorrente con l’amministratore di fatto (Deideri) e con l’amministratore di diritto (Porchietto)
della menzionata società Les Pochettes.
Era, cioè, pacifico ed incontestato, secondo il giudice dell’appello, che la società appena citata
fosse stata utilizzata con dolo nell’ambito del fenomeno cosiddetto delle “truffe carosello”
ideate per frodare l’Erario di elevate somme dovute a titolo di Iva.
In sostanza, la società Les Pochettes, operante nel commercio all’ingrosso di autoveicoli, era
stata individuata ed utilizzata quale soggetto fittiziamente interposto tra i fornitori
intracomunitari delle autovetture e l’unico loro effettivo cliente nazionale, ossia la società di cui
era titolare, anche formale, l’odierno ricorrente ed amministratore di fatto il Deideri (World
wide car sas) ; tale fittizia interposizione era finalizzata alla frode dell’IVA intracomunitaria e
cioè a far si che la società “cartiera” (Les Pochettes) ponesse in essere sistematiche operazioni
di acquisto di veicoli sotto-fatturate con successiva rivendita degli automezzi al detto unico
cliente (World wide car sas) ed emissione di fatture che , dunque, prevedevano l’Iva calcolata
su un importo imponibile addirittura inferiore al prezzo di acquisto dei fornitori esteri: Iva che
peraltro non veniva neppure dichiarata e tantomeno versata.
La conseguenza era stata che la società Les Pochettes aveva visto realizzati, da un lato, una
gestione in progressiva e certa perdita di esercizio e, parallelamente, l’accumulo di un debito
nei confronti dell’erario per circa 1 milione e mezzo di euro, fino alla dichiarazione di
fallimento. Il tutto per favorire la unica e vera beneficiaria dell’intera operazione, ossia la
World wide car sas, amministrata dall’odierno ricorrente, con danno patrimoniale di rilevante
gravità per il principale creditore della fallita, ossia l’Erario, danno che ha comportato
l’addebito della correlativa aggravante speciale.
L’imputato, ritenuto dal primo giudice non coinvolto nei suddetti fatti certi, per difetto
dell’elemento psicologico, è stato invece reputato colpevole dal giudice dell’appello.
Deduce
1) il vizio della motivazione e la violazione di legge in relazione alla sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato addebitato.
In particolare lamenta che il giudice dell’appello avrebbe commesso errori di
macroscopica evidenza rispetto alle argomentazioni che avevano portato il primo
giudice alla assoluzione.
In particolare il difensore sottolinea che il giudice dell’appello avrebbe apoditticamente e
illogicamente desunto la consapevolezza, in capo al ricorrente, e il contributo dello
stesso alla condotta delittuosa posta in essere dal Deideri, da circostanze di fatto che il
giudice di primo grado aveva ritenuto del tutto insufficienti e non dimostrative.
Invero, non poteva superarsi il dato che la società World wide car sas, ossia lo
strumento societario utilizzato per concretizzare le operazioni dolose in danno della
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Propone ricorso per cassazione Varanese Roberto, avverso la sentenza della Corte d’appello di
Torino in data 5 dicembre 2013 con la quale, per quanto qui d’interesse, è stata ribaltata
quella di primo grado, che era stata di assoluzione, per non aver commesso il fatto, in ordine
alla imputazione di cui ai capi H) – H3) ossia, secondo quanto si legge sentenza, di assoluzione
dal reato di
bancarotta impropria, realizzata mediante il concorso nella commissione di
operazioni dolose che hanno determinato il fallimento della società Les Pochettes snc.
Tale fallimento è stato dichiarato con sentenza del 13 dicembre 2005.

operazioni poste in essere da altro soggetto implicato nella gestione della fallita .
Invece la condotta addebitata al ricorrente non integra in alcun modo tale contributo
all’azione del correo, essendo rimasto accertato, dal primo giudice, che gli era stato una
semplice “testa di legno” prestatosi all’iniziativa del Deideri in ragione dei rapporti di
amicizia che li legavano. Anche il commercialista Ruotolo aveva affermato che
l’imputato non operava all’interno della società beneficiaria;
2) la violazione dell’articolo 192 comma 2 c.p. p.
Gli indizi a carico dell’imputato erano risultati, nella motivazione della corte d’appello,
non gravi e precisi o concordanti.
In data 17 febbraio 2015 è pervenuta, per la odierna udienza del 23 febbraio, una memoria
contenente motivi aggiunti, nei quali si è ripreso il tema della assenza di prova in ordine
all’elemento psicologico del reato.
Nel corso della discussione alla odierna udienza, il difensore del ricorrente ha depositato copia
della sentenza della Cassazione n. 6817\15 in tema di condanna pronunciata per la prima
volta in appello, riportandosi ai principi in essa contenuti.
Il ricorso è infondato deve essere rigettato.
Deve darsi atto preliminarmente della tardività della memoria difensiva sopra menzionata,
depositata tardivamente e cioè senza il rispetto del termine di 15 giorni liberi previsto dalla
legge.
Il termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall’art. 611,
cod.proc. pen. relativamente al procedimento in camera di consiglio, è infatti applicabile anche
ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di Cassazione
dall’obbligo di prendere in esame le stesse (Sez. 1, Sentenza n. 19925 del 04/04/2014 Ud.
(dep. 14/05/2014 ) Rv. 259618); Conformi: N. 853 del 1996 Rv. 203500, N. 17308 del 2004
Rv. 228646, N. 18453 del 2012 Rv. 252711).
Passando al merito del ricorso, occorre muovere dalla generale premessa, essendosi il
difensore doluto specificamente al riguardo, che è condiviso il principio più volte ribadito dalla
giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di motivazione della sentenza, il giudice di
appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee
portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più
rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della
relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento
2

fallita, era amministrata dall’imputato soltanto formalmente ma non anche di fatto, non
fosse altro che per la ragione che solo il Deideri era profondo conoscitore del settore del
commercio automobilistico e dei riferimenti sul mercato tedesco. Era stato lo stesso
Deideri a porre in essere tutte le attività bancarie e ad emettere la documentazione che
muoveva dalla soc. World wide car sas. Inoltre erano state acquisite numerose
testimonianze, compresa quella del curatore, che aveva sostenuto la tesi del non avere,
l’imputato, in alcun modo operato nella società poi fallita.
Incontrovertibile era il dato che l’amministratore formale di questa non avesse mai
parlato con l’odierno ricorrente del meccanismo truffaldino realizzato.
Tutti gli elementi fin qui ricordati valevano a sostenere l’operatività del principio
giurisprudenziale affermato dalla sentenza n. 7556 del 2013, secondo cui l’extraneus
non può essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta in virtù del
meccanismo di cui all’articolo 40 capoverso c.p., ossia semplicemente per non aver
impedito la commissione di un reato posto in essere da altro soggetto.
Ed è invece vero che tale extraneus, per rispondere del reato di bancarotta. deve essere
raggiunto da prove in ordine all’essere stato quantomeno istigatore e beneficiario delle

impugnato le (Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005 Ud. (dep. 20/09/2005 ) Rv.
231679).

Non si discosta da tale linea interpretativa, ed anzi è del tutto assonante con essa, la sentenza
della III Sezione di questa Corte, citata dalla difesa nella discussione orale: sentenza che ha,
si, annullato con rinvio la decisione di affermazione della responsabilità, adottata dal giudice
dell’appello per la prima volta, ma lo ha fatto non certo sostenendo la illegittimità di tale
ribaltamento di verdetto, bensì in applicazione del principio secondo il quale non è ammessa la
condanna, dopo l’assoluzione in primo grado, quando la prima si basi soltanto su una diversa
ricostruzione della vicenda, fatta scaturire da una alternativa rilettura del materiale probatorio
già giudicato inidoneo dal primo giudice ed in particolare di quello rappresentato dalle
dichiarazioni della persona offesa. E ciò, senza confutazione alcuna degli elementi oggettivi
valutati dal primo giudice e senza neppure evidenziare la insostenibilità logica del
ragionamento di quest’ultimo.
Non è infatti inibito, al giudice dell’appello, sostenere una decisione opposta a quella del primo
giudice quando tale conclusione scaturisca non solo da elementi nuovi o anche soltanto
ingiustificatamente pretermessi dal giudice di primo grado – e di ciò si dia adeguata
dimostrazione- ma anche quando ad essa si possa pervenire evidenziando manifeste illogicità
degli argomenti che hanno sorretto la decisione assolutoria, tali da consentire il ribaltamento di
questa senza incorrere nella violazione del principio per cui la condanna è ammessa solo oltre
ogni ragionevole dubbio
Ciò posto, è da escludere che il giudice dell’appello sia in corso nel lamentato vizio della
motivazione e nella corrispondente violazione di legge.
Infatti gli elementi valorizzati dal giudice di secondo grado sostengono una motivazione che
comprende -per dimostrarne motivatamente la inadeguatezza- anche quella del giudice di
primo grado.
In particolare la Corte d’appello motiva la sostanziale e fondamentale presa di distanza dalla
conclusione del primo giudice, secondo cui gli elementi raccolti avrebbero dimostrato
positivamente la assenza di consapevolezza in capo al ricorrente in ordine alla effettiva natura
dell’intera operazione carosello messa in essere dal Deideri attraverso l’attivazione e la
gestione diretta di due società, la prima delle quali destinata al fallimento e la seconda,
effettiva beneficiaria.
I giudici di secondo grado hanno cioè valorizzato elementi che il primo giudice aveva
ingiustificatamente tralasciato o sottovalutato ed in particolare il fatto che l’imputato aveva
accolto la richiesta dell’amico Deideri di divenire – in cambio di un lauto compenso – socio
accomandatario ed amministratore della World wide, una società che il primo intendeva
amministrare di fatto e non poteva dirigere formalmente a causa di una precedente
dichiarazione di fallimento; una società inoltre destinata, in base alla precise indicazione in tal
senso fornita dal Deideri all’odierno ricorrente, a ricevere veicoli provenienti da importazione
intracomunitaria, però non direttamente ma tramite altra società, quella poi destinata al
fallimento.
E la esplicitazione di tale progetto è stata motivatamente desunta dalla Corte d’appello alla
luce del fatto, ugualmente accertato e non contestato dalla difesa, che fu l’imputato, su
richiesta del Deideri, a reperire la seconda società, destinata a fungere da cartiera e ad essere
3

Infatti, specularmente, va osservato – in ciò condividendo altro correlato indirizzo
giurisprudenziale- che disattendere il detto principio comporterebbe l’illegittimità della
sentenza d’appello perché questa, ove si limitasse a condannare l’imputato sulla base di una
alternativa, e non maggiormente persuasiva, interpretazione del medesimo compendio
probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio, risulterebbe inidonea a far cadere ogni
ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato (Sez. 6, Sentenza n. 4996 del 26/10/2011
Ud. (dep. 09/02/2012 ) Rv. 251782).

sacrificata al fallimento. Si trattava di una società che, all’epoca, era inattiva e che era
amministrata da tale Porchietto, co-imputato, amico personale del Varanese.

di informazioni sulla effettiva finalità perseguita dall’amico, lo stesso imputato è risultato, in
base alle sue stesse dichiarazioni, citate in sentenza, mosso proprio dalla consapevolezza del
progetto del coimputato, ed altresì autore di comportamenti che si sono risolti in un effettivo e
positivo contributo alla realizzazione del piano. In particolare l’imputato è stato l’autore del
decisivo passaggio rappresentato dalla individuazione di altro imprenditore, il Porchietto, che si
prestasse, con la propria società, alla fatturazione degli acquisti di auto, in realtà importate
dalla società del ricorrente.
E la Corte territoriale si sofferma anzhe sulla accettazione, da parte dell’imputato, del ruolo di
prestanome per
come proprio tale scelta – peraltro oggetto della chiamata di
correità di Deideri- fosse stata sintomo più che eloquente della precisa volontà di non apparire
formalmente coinvolto in un’attività illecita di cui conosceva i termini e la caratura.
In aggiunta, la Corte d’appello, ha desunto tale conclusione sulla consapevolezza dell’imputato,
dalle dichiarazioni del rag. Ruotolo il quale ha deposto proprio sulle rimostranze rivolte anche
al ricorrente in ordine alla inaccettabilità della sotto-fatturazione delle autovetture come
emergente dalle fatture che egli doveva registrare.
Tale consapevolezza, cioè, è stata desunta dal fatto che l’imputato replicava con la stessa
incongruente giustificazione fornita anche dal Deideri, e cioè quella per cui essi erano in grado
di lavorare anche su autovetture rivendute sottocosto.
Può pertanto concludersi nel senso che la motivata consapevolezza del ricorrente e l’attiva
iniziativa dallo stesso posta in essere per consentire al Deideri -in cambio di un compenso o
anche soltanto di amicizia- il suo illecito progetto, sono sufficienti ad integrare i presupposti di
fatto per l’addebito del reato contestato.
Basti considerare che la costante giurisprudenza – citata nello stesso ricorso – assegna
rilevanza penale, nell’ambito della cornice normativa qui considerata, anche alla figura
dell’istigatore beneficiario, osservando che in tema di bancarotta fraudolenta impropria,
nell’ipotesi del fallimento cagionato per effetto di operazioni dolose, il concorso dell'”extraneus”
istigatore e beneficiario delle operazioni è configurabile qualora questi risulti consapevole del
rischio che le suddette operazioni determinano per le ragioni dei creditori della società, non
essendo invece necessario che egli abbia voluto causare un danno ai creditori medesimi (Sez.
5, Sentenza n. 11624 del 08/02/2012 Ud. (dep. 26/03/2012 ) Rv. 252315; conforme Sez. 5,
Sentenza n. 41055 del 04/07/2014 Ud. (dep. 02/10/2014 ) Rv. 260932 ).
A maggior ragione il principio vale nei confronti di chi abbia assunto non solo il ruolo appena
descritto ma, in aggiunta, abbia fornito un contributo materiale e con il proprio comportamento
abbia anche rafforzato la volontà criminosa del complice.
Alla luce di tali considerazioni, risulta del tutto destituita di fondamento l’obiezione della difesa
secondo cui il materiale valutato a carico dell’imputato sarebbe semplicemente di natura
indiziaria, non grave e neppure concordante.
PQM
rigetta il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2015
il residej
il Consigliere estensore

Sulla base di tali elementi la Corte territoriale ha esaustivamente argomentato la propria
convinzione in ordine al fatto che l’imputato fu colui che costituì il primo, essenziale, motore di
tutta l’attività della società poi fallita, indissolubilmente legata e collegata alla società del
ricorrente.
La Corte d’appello, in altri termini, non dubita del fatto che l’imputato si sia prestato
essenzialmente a fungere da prestanome del Deideri nella amministrazione della società
beneficiaria della intera operazione ai danni della fallita ma, in ragione del complesso bagaglio

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