Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18150 del 04/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18150 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PASINI MICHELE N. IL 28/08/1973
avverso la sentenza n. 2493/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
24/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO

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Data Udienza: 04/04/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 49.772/2013 R.G. *

Udienza del 4 aprile 2014

Uditi, altresì, nella pubblica udienza:

—il difensore del ricorrente, avvocato Enrico Mattei, intervenuto per delega dell’avvocato Enzo Bosio, il quale ha concluso
per l’ accoglimento del ricorso.
Rileva

1. — Con sentenza deliberata il 24 settembre 2012 e depositata
1’8 ottobre 2012, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della impugnata sentenza del Tribunale di quella stessa
sede, 2 aprile 2010, ritenuto il concorso della speciale attenuante del fatto di lieve entità, ai sensi dell’articolo 5 della legge 2
ottobre 1967, n. 895, e ridotta la pena, in prime cure inflitta
(da dieci mesi e venti giorni di reclusione ed C 200 di multa) a
cinque mesi di reclusione ed C 80 di multa (ferme le circostanze
attenuanti generiche già riconosciute), ha confermato, nel resto
la condanna inflitta all’appellante Michele Pasini pel delitto di
porto illegale di arma comune da sparo, commesso in località
Vaiale del comune di Lavenone il 26 gennaio 2006, rettificando
la sentenza appellata in relazione alla omessa menzione dei benefici di legge.
I giudici di merito hanno accertato che l’imputato aveva illegalmente portato seco, in occasione di una passeggiata tra i boschi la propria pistola monocanna, marca Serena, calibro 32,
matricola n. 19.826 (regolarmente denunziata e legittimamente
detenuta), senza essere munito del permesso di porto di armi
da sparo a canna corta, in quanto titolare soltanto di licenza di
porto di fucile per uso caccia.
La materialità del porto è assolutamente pacifica: nel corso
della passeggiata il Pasini fu ferito nella zona inguinale da un

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—il Pubblico Ministero, in persona del dott. Roberto Aniello,
sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso e per la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali;

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Ricorso n. 49.772/2013 R.G. *

Udienza del 4 aprile 2014

Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto
serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, sul
punto controverso nella natura del corpo del reato, la Corte
territoriale ha osservato: deve essere disattesa la tesi dell’appellante, secondo il quale l’arma in questione sarebbe da considerarsi un fucile da caccia, sicché il relativo porto sarebbe stato
consentito alla stregua della licenza della quale l’appellante era
munito, pel porto di fucile a scopo venatorio; secondo il responso del consulente tecnico della difesa l’arma è «una pistola
fuciletto», a canna liscia, per munizioni spezzate, la quale è destinata all’impiego venatorio e per l’uso richiede il montaggio
dell’apposito «appoggio da spalla»; ma tali rilievi sono ininfluenti ai fini della sussistenza del reato; né la destinazione, né
la capacità offensiva dell’arma, né la denominazione gergale
corrente «fuciletto», valgono a trasformare in fucile la pistola
dell’appellante, la quale «a cominciare dal suo nome tecnico dichiara di non essere un fucile»; peraltro il regolamento regionale
n. 16/2003 vieta in assoluto l’uso venatorio delle pistole fuciletto.

2. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Enzo Bosio, mediante
atto recante la data del 17 ottobre 2013, col quale ha denunziato ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc.
pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o
di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 4 e 7 della
legge 2 ottobre 1967, n. 895.

Il difensore deduce: l’arma impiega esclusivamente cartucce a
munizione spezzata, «tipiche delle armi da caccia»; il consulente

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colpo dell’arma esploso accidentalmente, dopo che l’imputato
aveva infilato la canna della pistola nella cintola dei pantaloni;
si erano resi necessari i soccorsi a mezzo eliambulanza; e, nella
occasione, il fratello del ferito (Gian Franco) aveva consegnato
l’arma ai Carabinieri i quali procedettero immediatamente al
sequestro.

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R G. *

Udienza del 4 aprile 2014

tecnico della difesa ha dimostrato che si tratta di una «arma da
caccia»; la Corte territoriale, invece, ha sostenuto trattarsi di
pistola, «per il solo fatto che così è indicato nel capo di imputazione»; nessuna evidenza processuale accredita la conclusione
che l’arma è una pistola; la conclusione dei giudici di merito è
illogica e immotivata; l’arma «è molto più unga di una pistola in
quanto per lo sparo necessita di una particolare appendice»; il ricorrente è titolare di licenza di porto di armi per la caccia;
mentre nulla rileva, ai fini del ritenuto reato, il divieto contenuto nel regolamento regionale, dell’uso venatorio delle pistole
fuciletto; la infrazione non comporta l’integrazione del delitto
di porto illegale, ma, semmai, la violazione dell’articolo 30,
comma 1, lettera h), della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per
l’esercizio della caccia con mezzi vietati.

3.— Il ricorso è infondato.
L’assunto difensivo — peraltro condivisibile — circa la destinazione venatoria dell’arma (illegalmente portata dal ricorrente
in luogo pubblico) non è risolutivo della quaestio iuris oggetto
dello scrutinio di questa Corte.
La licenza di cui il ricorrente era munito lo abilitava esclusivamente al «porto di fucile per uso caccia» e non anche — e indiscriminatamente — al porto di qualsiasi arma da sparo, dedicata all’uso venatorio quale la pistola (o, se di vuole, la c.d.
«pistola/fuciletto») detenuta.
Sicché il porto della pistola da caccia integra perfettamente,
non essendo scriminato dalla licenza che concerne il fucile, il
delitto ritenuto di porto illegale di arma comune da sparo.
In proposito la Corte territoriale ha congruamente escluso che
l’arma sia un fucile — non già, come assume il ricorrente, mediante acritica e immotivata riaffermazione della enunciazione
contenuta nel capo di imputazione, bensì — con plausibile richiamo al dato merceologico, affatto pacifico, della denominazione della pistola Serena, calibro 32.

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Ricorso n. 49.772/2013

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Ricorso n. 4 9 .7 7 2/ 2 013 R.G. *

Udienza del 4 aprile 2014

Soccorre in proposito il criterio giuridico, costituito dalla
direttiva del Consiglio della Unione europea 18 giugno 1991,
relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi
(91/477/ CEE) — modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/51/CE — la quale al punto IV dell’allegato I, reca le disposizioni definitorie delle armi corte e di
quelle lunghe, stabilendo che «si intende per: a) ‘arma da
fuoco corta’ una arma da fuoco la cui canna ha una lunghezza
inferiore ai 30 cm., oppure la cui lunghezza totale non supera i 60
cm.; b) ‘arma da fuoco lunga ‘qualsiasi arma da fuoco diversa dalle anni da fuoco corte» (v. art. 78, comma 3, della Convenzione, 27 novembre 1990, di applicazione dell’accordo di
Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione Economica Benelux, della Repubblica Federale di Germania e della Repubblica Francese, relativo alla eliminazione
graduale dei controlli alle frontiere comuni — Annesso H della
relativa legge di ratifica ed esecuzione 9 settembre 1993, n.
338).
Consegue che — affatto indifferentemente e disgiuntamente — l’
una o l’altra delle due caratteristiche (lunghezza della canna
inferiore a cm. 30 ovvero lunghezza complessiva dell’ arma inferiore o pari a cm. 60) è sufficiente, da sola, a qualificare
l’arma come corta e, conseguentemente, ad escludere la classificazione (residuale) di arma lunga.
Orbene, nella specie, il ricorrente non ha contestato che — secondo quanto risulta dalla sentenza di primo grado, a p. 1 — la
lunghezza della canna della arma sia di cm. 27 e, pertanto, inferiore al limite di cm. 30.
Sicché, trattandosi di arma da fuoco corta, resta esclusa la
possibilità di considerare il corpo del reato quale fucile.
Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

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La questione del discrimen tra pistole e fucili, cioè tra armi
corte (o a canna corta) e armi lunghe (a canna lunga), non è
peraltro meramente fattuale.

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Ricorso n. 49.772/2013 R.G. *

Udienza del 4 aprile 2014

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Così deciso, il 4 aprile 2014.

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