Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18148 del 18/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18148 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PATTI CLARA N. IL 10/04/1957
avverso la sentenza n. 13/2013 TRIBUNALE di PALERMO, del
20/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 18/02/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per la parte civile, l’avv. G.B. Scalia, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
– Udito, per l’imputata, l’avv. Luciano Maria Sarpi, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.

1. Il Giudice di pace di Palermo, con sentenza confermata dal locale Tribunale in
data 20/6/2013, ha ritenuto Patti Clara responsabile di ingiuria in danno di
Barbera Luigi e lo ha condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei
danni in favore della costituita parte civile.
Alla base della resa statuizione vi sono le dichiarazioni della persona offesa,
giudicate coerenti e credibili, nonché del teste Trapani.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Luciano Maria Sarpi, con quattro motivi.
Col primo censura, per violazione di legge e vizio di motivazione,
l’impugnata sentenza, che ha attribuito valore decisivo alla deposizione del teste
Trapani, sebbene lo stesso avesse reso, in istruttoria, dichiarazioni diverse dal
dibattimento e confermato solo in parte le accuse della persona offesa.
Col secondo si duole della mancata applicazione della causa di non
punibilità di cui all’art. 599/2 cod. pen., di cui sussistono, a suo avviso, gli
estremi, per il comportamento contrario a regole giuridiche e morali tenuto dalla
persona offesa, che si sarebbe sottratto agli obblighi inerenti alla qualità di
genitore.
Col terzo contesta la ricorrenza della circostanza aggravante dell’art. 599,
comma 4, cod. pen. (la presenza di più persone).
Col quarto lamenta una violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen.
perché, essendo state concesse all’imputata attenuanti generiche, le stesse
andavano sottoposte a bilanciamento con l’aggravante contestata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
1. Il primo, che impinge l’affermazione di responsabilità, è tale perché si dilunga
nella contestazioni delle deposizioni testimoniali (quelle della persona offesa e
del teste Trapani) sebbene ammetta che costoro abbiano reso dichiarazioni
pressoché coincidenti con quelle dell’imputata, che non ha affatto negato di
2

RITENUTO IN FATTO

essersi recata sul luogo di lavoro del marito – nelle circostanze da questi indicate
– e di averlo ingiuriato nella maniera descritta in imputazione, solo aggiungendo
di averlo apostrofato come “porco di padre” et similia, e non solo come “porco”,
“fango” et similia. Anche se fosse dimostrato (e non lo è) ciò che sostiene il
ricorrente, il réato sarebbe perfetto in tutti i suoi elementi, giacché le espressioni
si equivalgono (anzi, quella ammessa è – secondo ogni logica e secondo il senso
comune – ancora più offensiva) e non è certamente scriminata ex art. 599 cod.

2. Correttamente, dal punto di vista giuridico, e in maniera logica, sotto il profilo
motivazionale, i giudici di merito hanno escluso che la condotta della donna fosse
scriminata dal diniego – opposto dal Barbera – di corrisponderle somme di
denaro, sia perché non è stata accertata la legittimità della pretesa, sia perché le
questioni economiche tra i coniugi vanno risolte – ovviamente – in Tribunale e
non in piazza. Ovvia è la considerazione – sottesa al giudizio del Tribunale – che
nessuna pretesa economica insoddisfatta autorizza o giustifica il comportamento
tenuto dalla Patti nella specie, giacché, in caso contrario, verrebbero stravolti
proprio quei principi di etica e civile convivenza cui si appella il ricorrente.

3. Il fatto che fossero presenti – nel momento in cui venivano profferite le
ingiurie – altre persone è stato dichiarato non solo dalla persona offesa, ma
anche dal teste Trapani Antonio, che ha potuto riferire quanto sopra esposto
proprio perché si trovava in loco. Ben poco rilievo, ha pertanto,

il fatto che

Barbera Giorgia abbia negato la circostanza, posto che, secondo il suo stesso
dire, era rimasta fuori ad aspettare la madre.

4. Inammissibile è anche l’ultimo motivo di ricorso, per la ragione che, essendo
stata applicata la multa nella modesta somma di C 400 e non essendo stata
operate né diminuzioni né aumenti di pena, vuol dire che il giudice ha effettuato
il bilanciamento tra circostanze richiesto dal ricorrente, ritenendole equivalenti.
Il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
a favore della Cassa delle ammende, che, tenuto conto dei motivi dedotti, si
reputo equo quantificare in C 1.000. La stessa va anche condannata alla rifusione
delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende,

3

pen., per i motivi che verranno nel prosieguo esposti.

nonché al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida
in euro 1.500, oltre accessori di legge.

Così deciso il 18/2/2015

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