Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18146 del 09/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18146 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Miceli Filippo, nato a Agira il 19/06/1955

avverso la sentenza del 26/09/2013 della Corte d’Appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Lucca del 06/07/2011, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di
Filippo Miceli per il reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
commesso quale amministratore unico della Mic Carni s.r.I., dichiarata fallita in
Lucca il 22/03/2005, omettendo la tenuta delle scritture contabili in modo da

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Data Udienza: 09/02/2015

impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della
società. La sentenza di primo grado veniva riformata con la rideterminazione
della pena in anni quattro e mesi sei di reclusione.
L’imputato ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione:
1.

sull’affermazione di

responsabilità;

la

previsione

E

incriminatrice

sanzionerebbe unicamente una condotta attiva, ed il reato non sarebbe pertanto
integrato dalla mera omissione nella tenuta della contabilità; contrariamente a
quanto sostenuto nella sentenza impugnata, la fattispecie contestata

contabile sarebbe non fine a sé stessa, ma funzionale al profitto o al pregiudizio
per i creditori, nella specie insussistente in quanto gli unici debiti della fallita,
come riferito dal curatore, erano verso l’esattoria e la camera di commercio; e
comunque anche il dolo generico sarebbe escluso nel momento in cui il Miceli si
limitava a rilevare le quote della società, e non svolgeva alcuna attività
gestionale nella vana attesa della consegna delle scritture contabili da parte del
precedente amministratore;
2. sul diniego dell’attenuante del danno di speciale tenuità; non sarebbe
stata valutata l’esistenza di detta ipotesi rispetto al danno cagionato ai creditori.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità dell’imputato sono fondati
nei seguenti termini.
Il tenore letterale della fattispecie contestata, ove la stessa incrimina la
tenuta della contabilità in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del
movimento degli affari della fallita, non esclude, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, che la condotta possa essere realizzata nella forma
omissiva della pura e semplice mancata tenuta della contabilità; ipotesi, questa,
che in astratto costituisce una modalità di gestione contabile idonea ad ottenere
il risultato lesivo dell’irricostruibilità dell’andamento dell’impresa.
Tale ipotesi pone tuttavia problematiche particolari con riguardo al suo
inquadramento nella fattispecie della bancarotta documentale fraudolenta
piuttosto che in quella della bancarotta documentale semplice, in considerazione
dell’espressa previsione della condotta di omessa tenuta delle scritture contabili
di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall.; tanto rendendo necessario, ai fini
della riferibilità della condotta alla figura criminosa della bancarotta fraudolenta,
che la stessa assuma connotazioni ulteriori rispetto al comportamento omissivo
in quanto tale.
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richiederebbe il dolo specifico, in quanto l’impossibilità della ricostruzione

In termini generali, il carattere distintivo della fattispecie della bancarotta
documentale fraudolenta da quella della bancarotta documentale semplice è
individuato, dal punto di vista oggettivo, nell’evento costituito dall’irricostruibilità
del patrimonio o dei movimenti finanziari della società (Sez. 5, n. 32051 del
24/06/2014, Corasaniti, Rv. 260774); evento la cui ricorrenza nel caso in esame
era congruamente motivata nella sentenza impugnata, con riferimento
all’impossibilità per la curatela, a seguito della carenza di supporti documentali,
di rinvenire attivo, di accertare le cause del fallimento e di individuare tutti i

Va tuttavia sottolineato che detto evento, nella struttura della fattispecie di
bancarotta documentale fraudolenta qui contestata, è il risultato di una
determinata modalità di condotta, individuata dalla norma nella tenuta della
contabilità in maniera da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del
movimento degli affari dell’impresa.
Orbene, mentre comportamenti attivi di manipolazione contabile di dati
relativi all’attività dell’impresa risultano univocamente significativi quali diretti a
cagionare l’irricostruibilità della gestione, tanto non può dirsi per la condotta
esclusivamente omissiva rispetto agli obblighi di tenuta delle scritture contabili;
la quale è parimenti riferibile alle prospettive di negligenza o trascuratezza che
caratterizzano l’ipotesi della bancarotta semplice (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006,
dep. 2007, Vianello, Rv. 236032; Sez. 5, n. 6769 del 18/10/2005, dep. 2006,
Dalceggio, Rv. 233997).
Il dato distintivo della definizione della condotta in questione come ipotesi di
bancarotta fraudolenta non può a questo punto che essere individuato
nell’atteggiamento psicologico del soggetto agente, che qualifica la condotta nel
senso della direzione della stessa verso l’obiettivo della irricostruibilità
dell’andamento della fallita. Il reato di cui all’art. 216 legge fai!. sarà in altre
parole ravvisabile laddove sia accertata la volontà del soggetto agente,
nell’omettere l’adempimento dell’obbligo di contabilizzazione, di impedire la
ricostruzione dei fatti gestionali, con il conseguente pregiudizio per i creditori
(Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, De Mitri, Rv. 252992; Sez. 5, n. 32173 del
11/06/2009, Drago, Rv. 244494); ai quali non viene in tal modo consentita la
possibilità di controllo documentale della loro garanzia patrimoniale, bene
giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.
Tanto implica che l’elemento psicologico della particolare fattispecie qui
esaminata non si riduce, come per gli altri casi di bancarotta fraudolenta
documentale per tenuta della contabilità con modalità impeditive della
ricostruzione gestionale, al dolo generico integrato dalla mera consapevolezza
che le modalità di contabilizzazione adottate rendano impossibile tale
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creditori, e non è peraltro oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente.

ricostruzione (Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013, dep. 2014, Manfredini, Rv.
258881; Sez. 5, n. 5237 del 22/11/2013, dep. 2014, Comirato, Rv. 258982;
Sez. 5, n. 48523 del 06/10/2011, Barbieri, Rv. 251709; Sez. 5, n. 21872 del
25/03/2010, Laudiero, Rv. 247444); essendo viceversa necessario che il dolo
assuma il più pregnante contenuto descritto in termini di volontà di occultare
accadimenti gestionali al controllo dei creditori.
Ciò posto, le argomentazioni della sentenza impugnata si fondano in misura
determinante sulla necessità di accertare la sussistenza del dolo generico, nella

oggetto del presente procedimento. La sentenza impugnata deve pertanto essere
annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze per un
nuovo esame che tenga conto della diversa prospettiva motivazionale relativa
all’elemento psicologico del reato, correttamente definito; rimanendo assorbiti gli
ulteriori motivi di ricorso.

P. Q. .

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di
Firenze per nuovo esame.
Così deciso il 09/02/2015

forma che si è visto non corrispondere a quella tipica della fattispecie concreta

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