Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1814 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1814 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Fagiolini Loriano

nato il 24.3.1955

avverso l’ordinanza del 5.6.2013
del Tribunale di Pisa
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G., dr. Angelo Di Popolo, che ha
chiesto rigettarsi il ricorso
sentito il difensore, avv.Anna Francini, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso

1

Data Udienza: 21/11/2013

1. Il Tribunale di Pisa, con ordinanza in data 5.6.2013, confermava il decreto di sequestro
preventivo, emesso dal GIP del Tribunale di Pisa, rigettando la richiesta di riesame proposta da
Fagiolini Loriano.
Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in ordine ai poteri del riesame, riteneva il
Tribunale che sussistesse il fumus dei reati ipotizzati, come emergeva dalla documentazione
contabile ed extracontabile sequestrata, dai controlli bancari e postali e dalle dichiarazioni
confessorie rese da Borgherini Sandra e Stucchi Danilo, nonché da quelle di Comparini Mara
(pienamente utilizzabili, trattandosi di persona non indagata né indagabile in quanto mera
esecutrice materiale di direttive provenienti dai vertici delle società coinvolte).
Da tali risultanze emergeva, secondo il Tribunale, un sistema fraudolento finalizzato
all’evasione di imposte, consistente nel rilascio da parte di società o associazioni sportive di
fatture per sponsorizzazioni in tutto o in parte inesistenti. Le doglianze difensive andavano
demandate al giudice della cognizione, non potendo il Tribunale accertare, non avendo poteri
istruttori, l’imponibile e l’imposta evasa.
Sussistevano poi le esigenze cautelari essendo il sequestro finalizzato alla confisca per
equivalente.
2. Ricorre per cassazione Fagiolini Loriano, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo
motivo, la violazione dell’art.324 c.5 c.p.p. in relazione all’art.125 co.3 c.p.p.
Il Tribunale, pur avendo in premessa richiamato il principio, enunciato dalla Suprema Corte, in
ordine ai poteri del riesame, che deve esercitare l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo
conto delle deduzioni difensive, ha poi omesso ogni motivazione in ordine alla riferibilità
all’indagato delle condotte contestate ed alla legittimità del disposto sequestro.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli artt.63, 64, 191 c.p.p. e
110 c.p. Il Tribunale ha utilizzato, quali fonti di prova, le dichiarazioni di Borgherini Sandra,
senza tener conto che l’esame della predetta era stato interrotto ai sensi dell’art.64 c.p.p., con
invito a rendere dichiarazioni in qualità di indagata (ma si era avvalsa della facoltà di non
rispondere). Contrariamente, poi, a quanto ritenuto dal Tribunale, la Comparini non era una
mera esecutrice, tanto che veniva indicata dalla G.d.F. come sodale dell’associazione; era
quindi fin dall’inizio persona indagabile, essendo irrilevante la mancata iscrizione della stessa
nel registro degli indagati. Peraltro il Tribunale ha omesso di verificare se i riferimenti effettuati
dalla predetta fossero pertinenti ed integrassero il fumus dei reati ipotizzati.
Lo Stucchi, infine, sentito a s.i.t. il 30.1.2012, non aveva certo dichiarato quanto riportato
nell’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Va premesso che, a norma dell’art.325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto
soltanto per violazione di legge..
Secondo le sezioni unite di questa Corte (sentenza n.2/2004, Terrazzi), nel concetto di
violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di
motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme
processuali, quali ad esempio l’art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le
ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo
mezzo di annullamento dall’art.606 lett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non
risultante dal testo del provvedimento.
Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse sezioni unite con la sentenza n.25932
del 29.5.2008-Ivanov, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia
gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da
rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o
privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a
rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

2

RITENUTO IN FATTO

3. Quanto ai poteri del Tribunale del riesame, la giurisprudenza di questa Corte (cfr.in
particolare sez.unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc.Bassi) è orientata nel ritenere che nei
procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è
ipotizzabile una “piena cognitio” del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la
competenza a conoscere della legittimità dell’esercizio della funzione processuale attribuita alla
misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali
che sono propri della stessa, con l’assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento
dell’accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione
limitativa della cognizione incidentale risponde all’esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare
surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul “meritum causae”,
così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza dell’accusa il cui
oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell’ambito di un
medesimo procedimento.
L’accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo
della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano
fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno
valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono- in una prospettiva di
ragionevole probabilità- di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del
riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile
ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della
fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che
legittimano il sequestro (ex multis Cass.pen.sez.,3 n.40189 del 2006- ric.Di Luggo).
Il controllo non può quindi limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilità
in astratto del fatto indicato dall’accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto
attraverso la valutazione dell’antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi
conto, nell’accertamento del “fumus commissi delicti”, degli elementi dedotti dall’accusa
risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive.
Secondo anche la già citata sentenza (sez. un. n.23/1997), non sempre correttamente
richiamata, al giudice del riesame spetta quindi il dovere di accertare la sussistenza del
cd.fumus commissi delicti che, pur se ricondotto nel campo dell’astrattezza, va sempre riferito
ad una ipotesi ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella virtuale (principi affermati più volte
da questa sezione 3, 29.11.1996, Carli; Cass.sez.3, 1.7.1996, Chiatellino; 30.11.199, Russo;
2.4.2000, P.M.c.Cavagnoli; n.5145/2006).
In conclusione la verifica da parte del giudice del riesame del “fumus commissi delicti”,
ancorché limitata all’astratta configurabilità del reato ipotizzato dal p.m., importa che lo stesso
giudice, lungi dall’essere tenuto ad accettare comunque la prospettazione dell’accusa, abbia il
potere-dovere di escluderla, quando essa appaia giuridicamente infondata (cfr.Cass.pen.sez.1
n.15914 del 16.2.2007-Borgonovo).
Pur non potendosi, quindi interpretare in modo burocratico i poteri del giudice cautelare in
relazione alla astratta configurabilità del reato ipotizzato, è assolutamente pacifico che egli non
abbia poteri istruttori. Si è quindi condivisibilmente affermato che “l’unica differenza che corre
tra giudice cautelare e giudice di merito è che il primo non ha poteri di istruzione e di
valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma tuttavia
conserva in pieno il potere di valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni hic
et inde dedotte ricorra il reato contestato” (cfr. Cass.pen.sez.3 n.33873 del 7.4.2006-Moroni).
4. Il Tribunale, pur richiamando tali principi, non ne ha fatto, poi, corretta applicazione.
Con motivazione meramente apparente (e quindi riconducibile ex art.125 co.3 c.p.p. alla
violazione di legge di cui all’art.325 c.p.p.) si è sottratto al ruolo di garanzia che gli compete.
Si è limitato, infatti, a richiamare genericamente gli accertamenti della Guardia di Finanza e
le dichiarazioni rese da Borgherini Sandra, Stucchi Danilo e Comparini Mara, senza specificare
da quali elementi emergesse il fumus commissi delicti nei confronti dell’indagato e senza
tener conto dei rilievi difensivi in ordine alla inutilizzabilità delle richiamate dichiarazioni.
L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al Tribunale di Pisa, che argomenterà
adeguatamente in ordine all’esistenza del “fumus” tenendo conto degli elementi offertili(‘
dall’accusa e delle deduzioni della difesa.

3

4L

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Pisa.
Così deciso in Roma il 21.11.2013

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